La vegetazione

Onde di foglie su mari di verde percorrono il Ticino

Oltre la metà del territorio cantonale è coperta da bosco e il 12,3% da superfici agricole. Diamo uno sguardo al giardino più grande che c’è: la natura.
Nuclei arroccati su strette e verdeggianti cenge. In foto: Centovalli, Moneto.
Martina Ravioli
23.06.2022 17:25

Dai numeri non si scappa e le cifre dell’Ufficio di statistica del Canton Ticino parlano chiaro: dagli anni ‘80 ad oggi la superficie boschiva è aumentata di 13.410 ettari (+10%) mentre quella agricola è diminuita di 8.775 ettari (-20%). Ma allora perché si ha la sensazione che siano solo l’inurbamento e la cementificazione ad avanzare a passi da gigante? Il problema non è il quanto, ma il come e soprattutto il dove. Il Bosco si riprende i versanti delle montagne, gli alpeggi abbandonati, i terreni ormai incolti e non è sempre un bene poiché questo porta alla drastica diminuzione di habitat naturali propri di molte specie sia vegetali che animali a discapito dell’intero ecosistema e della biodiversità. La variabilità, tuttavia, non manca in un territorio che passa dai 3.402 metri di altitudine dell’Adula ai 199 di Locarno, dalle Alpi alle porte della pianura, dai ghiacciai alle palme dei lungolaghi.

Il suolo è un mosaico

Dei 281.230 ettari del Ticino, il 44,4% sono ricoperti da boschi d’alto fusto, 4,7% da boschi arbustivi e il 2,8% da boschetti. I frutteti, insieme a orti e vigneti, occupano lo 0,7% dello spazio a disposizione, i prati il 3,1% e gli alpeggi l’8,5%. Il totale delle superfici di insediamento è il 5,9%, i terreni senza vegetazione l’11,7% e i ghiacciai o i nevai il 0,3%. A titolo di confronto le superfici boscate in Ticino sono il 52% mentre in Svizzera il 31,8% e quelle agricole il 12,3% rispetto al 35,2%. Il cantone italofono risulta così quello con la maggiore quota di bosco a livello nazionale, ma al contempo il secondo con la quota più bassa di superficie agricola dopo Basilea Città (11,6%). Nel 2020 l’Ustat ha pubblicato i dati dell’«Inchiesta tematica Omnibus» svolta nel 2019, da cui emerge l’accresciuta sensibilità verso la tematica ambientale della popolazione. Nel 2015 il 47,5% degli intervistati in Ticino percepiva come fattore dannoso la perdita di specie animali e vegetali, percentuale salita al 64,1% nel 2019 (la media svizzera si attesta al 53,8%). Risultati confermati anche dal «Rapporto WaMos», un’indagine socio-culturale sul bosco svolta dall’Ufficio federale dell’ambiente UFAM che ha coinvolto anche il Ticino, per la prima volta, ad inizio 2020. Il 90% dei ticinesi ritiene che la funzione più importante del bosco sia quella di ambiente di vita per animali e piante e l’88% considera importante la sua funzione di protezione contro i pericoli naturali - caduta massi, smottamenti, frane, valanghe. Il 65% degli intervistati è a favore dell’istituzione di riserve forestali, che ad oggi coprono già 100 km2 di territorio. Il 72,2% ritiene che la salute del bosco sia peggiorata e il 95% considera giustificato il sostegno economico pubblico alla sua gestione. Le piante, insomma, interessano. Ma quali sono e che sfide devono affrontare le specie vegetali autoctone?

Pericoli e opportunità

Siccità, cambiamenti climatici, incendi, organismi patogeni, neofite invasive e chi più ne ha più ne metta. Dal 1947 la Sezione forestale del Dipartimento del territorio aggiorna il catasto degli incendi boschivi, mentre l’«Ordinanza sull’emissione deliberata nell’ambiente OEDA» emanata nel 2008 dal Consiglio federale riporta le specie vegetali alloctone invasive vietate tra cui l’Ambrosia a foglie di Artemisia, il Panace di Mantegazzi, le Verghe d’oro americane. Anche gli animali possono causare problemi. È il caso della Cimice marmorizzata, originaria dell’Asia, che causa ingenti danni a frutticoltura e orticultura. E poi c’è il genere umano che, talvolta se non addirittura spesso, ci mette del suo. Incuria, inquinamento, vandalismi. Fortunatamente l’Homo sapiens è anche, spesso o forse solo talvolta, sapiente e senziente e sa correre ai ripari. Il 19 dicembre 2007 è stato adottato il Piano Forestale Cantonale, correlato al Piano direttore cantonale, che definisce obiettivi, strategie e priorità di gestione del bosco ticinese sull’arco di 20 anni ed è vincolante per le autorità. Interessante è la prefazione, a firma anche dell’allora direttore del Dipartimento del Territorio Marco Borradori, che ben sintetizza temi e obiettivi del progetto: «Il bosco è il patrimonio naturale più esteso del nostro Cantone, ricoperto per la metà della sua superficie da alberi e arbusti di svariate essenze. Un bene collettivo dal valore inestimabile che in parte si rigenera in modo autonomo, ma che essendo chiamato a soddisfare le esigenze dell’uomo, deve essere gestito con cura e secondo il principio dello sviluppo sostenibile». Già, la gestione: argomento d’ampia portata dal momento che l’economia forestale garantisce oltre 5.500 posti di lavoro che richiedono competenze e qualifiche dall’apprendistato alla laurea. I compiti sono i più disparati. Si va dalla gestione dei 3.000 ettari delle foreste demaniali all’educazione ambientale, dalla ricerca alla valorizzazione dei boschi di produzione, dai progetti di riqualifica a quelli legati all’energia del legno e ai prodotti da esso derivati.

Le specie

Oltre 2.500 piante spontanee germogliano in Ticino e di queste, una novantina sono presenti solo in questa parte del territorio nazionale. Una biodiversità sorprendente, che copre oltre il 70% della flora svizzera, caratterizza la Svizzera italiana, grazie anche alla posizione a cavallo di numerosi areali di distribuzione di differenti specie vegetali che qui possono coesistere. L’art. 18 della «Legge cantonale sulla protezione della natura (Lcn)» cita: «L’estinzione di specie vegetali, fungine e animali indigene va prevenuta mediante la conservazione di spazi vitali sufficienti e altri provvedimenti adeguati». Oltre alla protezione degli habitat, la salvaguardia si esplica sulle singole specie vietandone la raccolta e la distruzione. L’elenco delle specie protette è contenuto nell’«Ordinanza federale sulla protezione della natura e del paesaggio» e nel Regolamento della Lcn. Scorrendo l’elenco si apprende che è vietato raccogliere, dissotterrare, sradicare e distruggere, tra le altre, il Rododendro irsuto (Rhododendron hirsutum), la felce palustre (Thelypteris palustris), il narciso selvatico (Narcissus poëticus), il Pero selvatico (Pyrus pyraster) e l’Aquilegia comune (Aquilegia vulgaris).

Adattabilità

Se i giardini fioriti sono una gioia per gli occhi e le foreste maestose offrono frescura e fanno da sfondo a piacevoli passeggiate o momenti di meditazione alla ricerca del benessere psico-fisico (va tanto di moda il «forest bathing»), ecco che vi è un gruppo di vegetali snobbato dai più, ma di vitale importanza per l’ecosistema. Si tratta delle specie che compongono il sottobosco. Fonti di nutrimento e rifugio per moltissimi animali, artefici di sorprendenti simbiosi, perfetti esempi di adattabilità, questi vegetali si sono dovuti adattare ad una nicchia ecologica ricca di nutrienti, ma povera di luce ed è per questo che vengono definiti sciafili, cioè «amanti dell’ombra». Queste piante si caratterizzano per le foglie grandi - in relazione alla massa totale - e ricche in grossi cloroplasti articolati «a palizzata» cioè gli uni accanto agli altri , sviluppatesi per l’esigenza di catturare più luce possibile. All’estremo opposto troviamo le specie di alta quota che devono avere la capacità sia di proteggersi dal gelo che di non risentire della radiazione solare diretta che, in montagna, è davvero impietosa. L’esempio più noto è la Stella alpina. Protetto su tutto il territorio nazionale, il Leontopodium alpinum è ricoperto da una peluria bianca che, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non serve a proteggere la pianta dal freddo, ma dalla disidratazione eccessiva.

Cultura

Se è chiaro a chiunque che una terra senza piante sarebbe un pianeta senza vita, forse non è così lampante, proprio perché troppo scontato, il ruolo che hanno nella cultura del mondo. Quale obbrobrio sarebbe un panorama ticinese con i monti pelati come delle zucche invece che ricoperti di verde capigliatura? E quale sentimento avrebbe attanagliato Dante se invece che ritrovarsi per una «selva oscura» fosse stato catapultato su una desertica landa? Cosa abbozzare al posto delle cupe foreste di abeti rossi di Zanna Bianca? Forse boschi di grattacieli? Il risultato finale ne risentirebbe. E se a volte c’è una siepe «che da tanta parte dell’ultimo orizzonte il guardo esclude», pazienza. Sarà l’occasione per osservare più da vicino foglie, frutti, fusti, steli, cortecce e fiori. Non serve avere il pollice verde. Basta scavare nei ricordi. Ogni personale memoria è popolata di case sugli alberi, fiori regalati o ricevuti, orti coltivati, more colte di passaggio, prati di corsa e verdi speranze. Provare per credere. 

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