Storia

Rinnovarsi nella tradizione

Andiamo alla scoperta della fenomenologia delle fiere nella Svizzera italiana in un viaggio tra passato e presente
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Mattia Darni
10.03.2023 06:00

Nell’aria si ode la musica delle giostre sovrastata dalle risate dei bimbi, mentre nel labirinto delle bancarelle e degli stand affollati si percepisce un misto di odori di prodotti del territorio – salumi, formaggi, tortelli, pesciolini secchi e molto altro – ai quali si aggiungono quelli di altre leccornie tipiche di queste manifestazioni quali caramelle e zucchero filato. Quello appena descritto è il tipico scenario delle fiere che, a cadenza regolare, animano il nostro territorio per la gioia di grandi e piccini. Il Ticino, del resto, è una regione ricca di feste e tradizioni a carattere religioso, storico, sociale e, in tempi più recenti, commerciale. In base a un censimento realizzato nei primi anni Novanta dall’Ufficio dei musei etnografici, nel cantone si contavano oltre 2.000 eventi civili e religiosi, tra cui 490 feste popolari.

In passato, tuttavia, le feste erano più numerose, poi, a partire dalla seconda metà del Novecento, esse hanno cominciato a diminuire. «Fino al 1900 – spiega Giovanna Ceccarelli sul sito della Confederazione dedicato alle tradizioni viventi – tra le fiere più importanti del cantone figuravano quelle di San Giobbe a Giubiasco (6 maggio), di Sant’Ambrogio a Dangio (7 dicembre) [e] di Sant’Andrea a Faido (1. dicembre)».

Il trascorrere del tempo non ha solo mutato il calendario delle fiere ticinesi, ma anche la natura e il modo di vivere quelle che sono rimaste. Prima degli anni Cinquanta, i luoghi di festa si raggiungevano a piedi, solitamente assieme ai propri familiari o ai propri amici. Altra trasformazione riguarda gli articoli che si trovano sulle bancarelle. Come osserva il maestro Giovanni Piffaretti nel libro curato da Giuseppe Zois e Stefania Briccola Mendrisiotto è qui la festa – Sagre e tradizioni popolari di un anno (Fontana, 2004), «una volta [gli stand] erano interamente dedicati alle sementi mentre [ora] sono entrati di prepotenza nelle sagre moderne articoli di salumeria e panetteria, per non parlare della presenza di vestiti e scarpe».

Un misto di religioso e profano

All’origine di buona parte delle fiere che animavano e animano la Svizzera italiana c’è una doppia componente: una profana legata all’agricoltura e l’altra religiosa. «L’uso di abbinare le fiere alle feste religiose risale al Basso Medioevo, quando i commerci cominciano ad espandersi e di nuovo c’è una ripresa dell’economia», spiega il docente di storia e filosofia al liceo cantonale di Mendrisio Franco Zambelloni all’interno del volume Mendrisiotto è qui la festa. «In tali occasioni – evidenzia Stefania Briccola nella stessa pubblicazione – il sacro e il profano venivano accostati e spesso si mescolavano: il buffone, il giullare, l’animale esotico o l’albero della cuccagna fornivano alla festa l’aspetto del divertimento, anche se la finalità principale era la compravendita del bestiame e la ricorrenza del Santo patrono era la giustificazione sacra della festa». Sovente, poi, il sacro passava quasi del tutto in secondo piano a scapito del profano. Riferendosi alla fiera di San Provino, per esempio, l’autore, regista e poeta Fernando Grignola racconta nel libro Radici di terra e di lago: il paese memorabile racconti e… (MB Promotion SA, 2005) che «per noi bambini in tempo di guerra, la festa di San Provino, a parte il sacro della Messa in collegiata, significava più che altro il profano : l’attrazione di giostre e giochi, baraonda tra bancarelle dei bumbonàtt, tiri a segno e bric à brac, in una grande confusione di gente che affollava il prato dei divertimenti e i ristoranti».

L’influenza sulla lingua

Profondamente ancorate agli usi e ai costumi della civiltà contadina, fiere e feste hanno influenzato il nostro modo di parlare arricchendo il nostro vocabolario di termini ed espressioni. In questo senso l’esempio più curioso è portato da Jonas Marti all’interno del libro Lugano la bella sconosciuta (Fontana, 2021) in cui racconta come il vocabolo «mucca» sarebbe nato a Lugano. La parola, che in italiano indica la vacca da latte, sarebbe stata pronunciata per la prima volta «in piazza Indipendenza, durante le annuali fiere del bestiame che univano due mondi: i bovari della Svizzera primitiva e i mercanti italiani della Pianura Padana. La parola deriva infatti dallo svizzero tedesco “Mugg” (“bestia bovina giovane”) ed è entrata nella lingua italiana solo a metà Settecento, attraverso la Toscana, per indicare una varietà precisa di bovino: appunto proprio la “vacca di Lugano”, che poteva essere acquistata esclusivamente solo alla “fiera grossa” di Lugano».

Parimenti numerosi sono detti e proverbi adottati dalla nostra lingua. Tra gli esempi citati da Stefania Briccola in Mendrisiotto è qui la festa c’è «Sant’Antoni di bùn bùn, riferito alla ricorrenza festeggiata a Genestrerio, il 17 gennaio, utile per acquistare il fatidico dono ai genitori della ragazza scelta alla festa di Santa Lucia a Stabio. Poi, ci sono Sant’Agata, a Tremona, al pari di “Sant’Apulonia”, a Coldrerio, detta “di lagrimùn”, che faceva scendere lacrime di nostalgia per la partenza dell’amato (che emigrava all’estero per lavorare, ndr.) e “San Giùsepp di sùspett”, poiché il fidanzato in procinto di partire non poteva stare tranquillo lontano dalla sua amata».

Durante la fiera di San Martino a Mendrisio, spiega Giovanna Ceccarelli sul sito che la Confederazione dedica alle tradizioni viventi, venivano «rinnovati i contratti di affitto dei terreni che i singoli contadini lavoravano: ancora nei primi decenni del Novecento, nel Mendrisiotto molti massari dovevano lasciare le fattorie nelle quali avevano lavorato per uno o più anni. Tracce di quest’uso si ritrovano anche a livello linguistico: l’espressione dialettale “fá san Martín” (fare San Martino), che significa “traslocare”, è ancora conosciuta nella regione, specialmente nelle generazioni più anziane».

Due punti di riferimento

Come si diceva in apertura di articolo, a partire dalla seconda metà del Novecento molte fiere sono sparite e oggi gli appuntamenti di riferimento per la popolazione della Svizzera italiana sono due: la fiera di San Provino e quella di San Martino, entrambe inserite dalla Confederazione nella sua lista di tradizioni viventi. La prima si svolge ad Agno nei pressi della Collegiata dei Santi Giovanni Battista e Provino durante il fine settimana più prossimo all’8 marzo e si conclude il lunedì. Come spiega Giovanna Ceccarelli, le prime attestazioni che segnalano l’esistenza della fiera di San Provino risalgono al XV secolo e «sembrano essere legate ad un’emergenza di tipo sanitario: in quel tempo, il celebre mercato di Lugano era stato ufficialmente sospeso a causa dei recenti contagi legati alla diffusione della peste e di altre malattie che potevano essere veicolate dal bestiame; le autorità locali, mosse da preoccupazioni di ordine igienico, decisero quindi di trasferire la manifestazione lontano dal centro abitato». «Fin verso la metà del Novecento – indica sempre Giovanna Ceccarelli – la festa si distingueva soprattutto per l’esposizione e il commercio di animali da fattoria e la vendita di sementi, in vista dell’imminente ripresa dei lavori nei pascoli, nei campi e negli orti. Per gli allevatori, che giungevano anche dalla Svizzera interna, questo era un appuntamento di primaria importanza poiché potevano commerciare parte del proprio bestiame. Un tempo la fiera di Agno costituiva per gli emigranti della regione l’ultima occasione di svago prima dell’inizio della stagione lavorativa Oltralpe o all’estero; a loro volta i padroni reclutavano la manovalanza (muratori, pittori, ecc.), fissando le condizioni di impiego».

Come i tempi, anche la fiera di San Provino è mutata con il passare degli anni e oggi i suoi punti forti sono le zone di ristoro e l’esposizione di trattori d’epoca.

La fiera di San Martino, invece, si tiene il giorno della festa del Santo (11 novembre) e comprende il fine settimana che precede o che segue questa data. La manifestazione ha luogo nei prati che circondano la chiesa dei Santi Martino e Rocco, situata alla periferia a nord di Mendrisio. «La ricorrenza era un tempo caratterizzata essenzialmente dal commercio di bestiame», spiega Ceccarelli. «Gli affari avvenivano alla presenza di un uomo chiamato, nel dialetto locale, “marussée” e si concludevano sempre con una stretta di mano».

Analogamente a San Provino, altresì la fiera di San Martino è mutata e negli ultimi cinquant’anni la componente agricola è andata affievolendosi, mentre una parte sempre maggiore l’hanno conquistata i prodotti alimentari locali nonché abiti e accessori confezionati a mano. «Gli spazi adiacenti ospitano una piccola fiera del bestiame e l’esposizione di numerosi veicoli e macchinari agricoli; altre zone sono invece riservate al divertimento, in particolare agli autoscontri e alle giostre, e ad alcune attività didattiche organizzate dall’Associazione Gioventù Rurale del Mendrisiotto in collaborazione con altre società attive sul territorio cantonale», precisa Giovanna Ceccarelli alla voce dedicata alla manifestazione dal sito delle tradizioni viventi svizzere.

Tra colori e sapori a San Provino sboccia la primavera

Collocata all’inizio del ciclo vegetativo e quindi dell’anno agricolo, anche quest’anno ad Agno torna, da sabato 11 a lunedì 13 marzo, la fiera di San Provino. Ad inaugurare la manifestazione, sabato 11 a partire dalle 9.30, sarà l’apertura delle bancarelle e delle giostre nonché un’esposizione di animali (tutte attrazioni che rimarranno fruibili al pubblico fino alle 18.00). Alle 17.45 nella chiesa collegiata è invece prevista la Santa Messa solenne seguita dalla processione con il busto di San Provino. Conclude la prima giornata di festeggiamenti, alle 19.00 nel capannone della Gioventù rurale, una serata gastronomica seguita da una festa danzante che si protrarrà fino alla 1.00. La giornata di domenica comincia alle 9.30 con l’apertura delle bancarelle e delle giostre, un’esposizione di animali e un’altra di trattori d’epoca. Alle 10.00 è quindi prevista la Santa Messa, mentre dalle 11.15 alle 11.45 la Filarmonica di Agno terrà un concerto sul piazzale San Provino. Anche lunedì 13 marzo, ultimo giorno della fiera, si inizierà alle 9.30 con l’apertura di bancarelle e giostre e le esposizioni di animali e trattori d’epoca per poi continuare, alle 10.00, con la Santa Messa nella chiesa collegiata. Maggiori informazioni riguardo alla manifestazione si possono trovare sul sito internet www.agno.ch.