Il personaggio

«A 73 anni non ho intenzione di mollare»

Angelo Delea racconta la sua passione per il vino, nella cantina di Losone che porta il suo nome dal 1983
Nella foto il produttore di Vini Angelo Delea nella sua cantina di Losone con lo spumante Delea Charme. © Ti-Press / Alessandro Crinari
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
08.10.2023 06:00

«Settimana prossima iniziamo a distillare». Angelo Delea, 73 anni e un’azienda che dal 1983 porta il suo nome, mostra un impianto di ultima generazione che trasforma le vinacce in grappa . Ma più dell’impianto ultra moderno e dell’enorme cantina ricavata 8 metri sotto terra, dove in poco meno di 2mila di botti barrique prendono anima e corpo le 600mila bottiglie che ogni anno escono dalla sede dell’azienda a Losone, a colpire sono gli occhi pieni di entusiasmo del suo fondatore. Che a 73 anni non ha alcuna intenzione di smettere «anche se l’attività andrà avanti grazie ai miei figli che dovranno impegnarsi molto», sottolinea con un po’ di esortazione come tutti i papà sanno fare.

Se fosse per lui non cambierebbe insomma mai quello che fa da 40 anni a questa parte. Neppure domani. Perché oggi «lavoro ancora quasi a tempo pieno», spiega mentre cammina davanti a decine di ceste di uva appassita dai ventilatori destinate a trasformarsi in quel bouquet di sapori e odori del Diamante, un vino pluripremiato che nasce dall’assemblaggio di vitigni Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon e Petit Verdot. Assemblato dopo che le sue uve sono state appassite, «un po’ come l’Amarone», precisa Delea che si ferma un attimo a guardare le casse che a poco a poco si svuotano lasciando l’uva a una grande macchina, «una modernissima diraspatrice», che separa i raspi dai grappoli, li schiaccia delicatamente e poi invia il prezioso nettare a una delle tante Cuves in inox che una di fianco all’altra fanno parte del cuore pulsante di un’azienda «che oggi dà lavoro a una cinquantina di persone», sottolinea fiero il suo fondatore.

«Una buona vendemmia»

Collaboratori a cui Delea rivolge sempre un saluto, mentre stanno guidando un muletto o svuotando una cassa, oppure seguendo le operazioni di una macchina o ancora stanno facendo visitare la cantina a una scolaresca. «Sei tornato come va?», chiede a uno di loro che ha avuto problemi di mal di schiena. Perché il lavoro in cantina è passione, entusiasmo, ma anche sudore e fatica. Soprattutto in queste settimane di vendemmia. Che grandinate sul Locarnese a parte, «sarà buona», anticipa. Prima di precisare. «Non possiamo lamentarci. Presenta delle gradazioni interessanti. Insomma l’abbiamo salvata». Anche perché le avversità non sono state di poco conto. Oltre alla grandine i viticoltori quest’anno hanno dovuto fare i conti anche con una peronospora abbastanza aggressiva.  Senza calcolare le piogge che stanno diventando sempre più torrenziali. E la siccità. Più marcata.

Il 60% oltre Gottardo

Un mezzo sospiro di sollievo quindi. Sapendo che da qui «passa circa il 10% di tutta l’uva ticinese». Perché oltre ad avere terreni propri, per esempio a Gudo e a Tremona, Delea lavora grappoli che arrivano da Cavigliano, Losone, Minusio, Tenero, Gordola, Quartino, Gambarogno e tante altre località del Locarnese, del Luganese e del Mendrisiotto. Bottiglie che poi «per il 60% vanno oltre Gottardo e per il 40% restano in Ticino», chiarisce Delea, mentre passa davanti al grande camino della cantina sotterranea, in cui trova posto anche un piccolo museo di oggetti antichi. Che hanno a che fare con il vino e la sua produzione.

Tra antichità e modernità

Antichità ma anche modernità. Perché sul tetto dell’azienda funzioneranno presto 1.700 pannelli solari che alimenteranno anche una batteria di stoccaggio. E permetteranno all’edificio di essere sostenibile e, per usare un termine oggi in voga, anche resiliente. Come del resto funzionale è anche il grande magazzino automatizzato, dove sono stipate decine e decine di casse di vino, pronte per essere vendute e spedite. Un ritrovato di tecnologia che ci si aspetta di vedere in un’industria, non in un’azienda vitivinicola come invece succede qui a Losone.

E pensare... e pensare che Angelo Delea non ha iniziato con il vino, ma «con la ristorazione. Avevo tre locali e siccome ero affamato di conoscenza mi sono buttato a capofitto anche nel vino, fino a innamorarmene completamente». Più si interessa al vino, più se ne appassiona. Così inizia a studiare, a frequentare corsi, a visitare cantine, soprattutto nel bordolese. «Fino a quando nel 1983 ho prodotto le mie prime 1.500 bottiglie con un concetto di vinificazione bordolese», ricorda Delea. Un anno dopo, nel 1984, porta in Ticino le prime barrique, sempre dalla regione di Bordeaux. «La prima vinificazione l’ho fatta nella cantinetta di mio padre, poi siamo passati in una cantina di un ristorante di Losone grande circa 400 metri quadrati che ci ha permesso di arrivare a 90mila bottiglie. Il passo successivo è stato nel 1992 quando abbiamo costruito la prima cantina nostra, qui a Losone, con sottoterra, un’enorme barricaia».

Delea ricorda. Si guarda indietro e ammette. «All’inizio è stato come scalare una montagna. Però ci siamo riusciti», aggiunge con fierezza, prima di precisare che nel 2002 c’è stata la realizzazione di una seconda cantina, sempre qui a Losone. Una crescita esponenziale. Che si è riflessa anche nella gamma di prodotti. Perché oltre alla grappa, che invecchia in cantina in grandi damigiane di vetro e nelle numerose barriques di Rovere per le riserve, all’aceto balsamico e a tutta una serie di distillati, dal limoncello al nocino, all’amaro, qui si dà anima e corpo soprattutto al vino. Rossi, bianchi, rosati, spumanti, spumanti rosé... Ce n’è davvero per tutti i palati. Se però Angelo Delea dovesse sceglierne uno... «direi sicuramente il Carato e il Carato Riserva», vino che ha vinto al Berliner Wine Trophy 2023, al Decanter World Wines Award 2023, al grand Prix Vin Suisse 2023 , al mondial du Merlot 2023 e al concorso la Selection 2023.

La prima mondiale

Nonostante gli allori e la vasta produzione Delea non intende comunque fermarsi. Perché a breve, anzi a brevissimo, presenterà una prima mondiale. Un vino bianco di Merlot a bacca bianca frutto di un lavoro iniziato 10 anni fa partendo da alcune piantine trovate in Francia e poi riprodotte. «Serviva un po’ di coraggio, perché è un’uva un po’ particolare, ma siamo fieri del risultato che abbiamo ottenuto e non vediamo l’ora di presentarlo», confessa, fermandosi davanti al pergolato di uva americana che fa ombra ai posteggi esterni dell’azienda.

Gira e rigira negli occhi di questo appassionato viticoltore c’è sempre uva. Che ispira. E produce nuove idee. «Dopo che nel 1995 siamo stati i primi in Ticino a fare uno spumante con il Metodo Charmat lungo (fermentazione in autoclave), lo Charme ed il Noir, prima di noi non lo faceva nessuno - puntualizza - a breve presenteremo un nuovo spumante fatto invece secondo il metodo classico». Un’altra primizia, l’ennesima a uscire da questa cantina frizzante, ma anche riflessiva, capace di abbinare modernità a tradizione, innovazione e produzione attenta all’ambiente, al territorio e alle nuove sfide del bicchiere.

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