Il personaggio

«A volte esagero ma sono fatta così, prendere o lasciare»

Dal Grande Fratello a Radio3i, Margherita Zanatta racconta il suo rapporto con il pubblico, l'altezza e gli alti e bassi della vita
Prisca Dindo
19.10.2025 06:00

Per tutti, è «la Marghe», un vulcano di energia che da settembre rallegra le mattine degli ascoltatori di Radio 3i insieme a Maxi B. Difficile resistere alla sua simpatia: lei è la ragazza della porta accanto, l’amica alla quale ci si confida. La sua forza è direttamente proporzionale alla sua semplicità. Di fronte al microfono, lei è una di noi, pur avendo le sembianze di una pin up. Marghe non è soltanto la voce roca che piace tanto al pubblico ticinese, ma pure una bellissima ragazza. I suoi centoottantatré centimetri di altezza li ha ereditati da papà Marino, famoso cestista negli anni ’70, e da mamma Millie, la bellezza mediterranea. Nata a Varese nel 1982, Marghe è approdata definitivamente in Ticino dopo un importante carriera televisiva in Italia. È stata inviata, opinionista, ha scritto per diverse testate giornalistiche e ha pure recitato in alcuni film. Tuttavia, a garantirle la celebrità è stata la partecipazione all’undicesima edizione del «Grande Fratello».

Chi era Margherita Zanatta prima della fama in Italia?
«Sono nata e cresciuta a Varese, dove ho frequentato le scuole dell’obbligo. Per migliorare il mio l’inglese, ho effettuato il quarto anno di liceo vicino a Los Angeles, in America. Avevo però un’idea ben precisa nella mia mente: diventare attrice. Quando lo comunicai ai miei genitori, mio padre, che è una persona molto concreta, mi disse: «Finisci l’ultimo anno di liceo qui in Italia poi, se vuoi davvero seguire la recitazione, cerchiamo una scuola seria». Scelse la più difficile: l’Accademia dei Filodrammatici a Milano. Ai provini si erano presentati quasi mille candidati e tutti sapevano che avrebbero scelto soltanto undici persone. Io arrivai dodicesima. Ero già pronta a tornare a Varese quando mi comunicarono che qualcuno aveva rinunciato. Era fatta! Nel frattempo mio padre ebbe un primo grosso problema di salute e io mi resi conto che forse avevo imboccato una strada che non mi garantiva grandi certezze. Lasciai l’accademia e optai per gli studi universitari a Milano, nell’ambito delle relazioni pubbliche. Tra una lezione e l’altra, pian piano la tv sostituì il cinema nei miei sogni».

Ed ecco arrivare l’occasione della vita: il Grande Fratello. Come è andata?
«Si, per me è stata un’opportunità per dimostrare chi fossi, volevo far capire che avevo qualcosa da dire. A differenza degli altri partecipanti, che potevano già contare sui loro agenti, mi presentai ai provini seguendo la classica trafila. Niente corsie preferenziali, insomma. A quei tempi, lavoravo già come speaker a Radio Ticino a Locarno e sapevo che la strada del reality sarebbe stata in salita, soprattutto per una con il mio fisico imponente. Invece mi presero e rimasi all’interno della casa per sei mesi».

Che ricordi hai di quegli anni?
Devo fare una premessa: sono figlia di una persona che è diventata famosa grazie ai suoi meriti sportivi. Mio padre è stato un grande giocatore di basket. Ha fatto due Olimpiadi e negli anni ’70 è stato capitano della Nazionale italiana per quattro anni di fila. Lui veniva fermato per strada per il suo talento, mentre io mi sentivo come se avessi vissuto un lungo periodo di vacanza grazie alla permanenza nella famosa casa del programma televisivo italiano. Quando mi fermavano per farmi i complimenti, mi vergognavo. «Perché si complimentano? Non ho fatto niente di particolare!» Poi, quando ho percepito che, grazie a questo genere di apparizioni, ero riuscita a veicolare emozioni positive tra la gente, ho capito di aver fatto qualcosa di buono pure io. La mia empatia, il mio essere una persona «normale», con tutti gli alti e bassi della vita, aveva conquistato il pubblico.

Come è stato lavorare per le tv italiane?
«Ero contenta perché ero arrivata dove volevo arrivare. Tuttavia mi resi conto che avrei potuto dare di più. Volevo andare oltre al Grande Fratello. Da una parte il reality mi aveva garantito la fama che cercavo, dall’altra mi aveva bloccato diverse strade. Nel mondo del cinema, ad esempio, esser passata dal Grande Fratello non è una grande atout, anzi. Lo capii sulla mia stessa pelle. Sapevo che ero piaciuta molto ad un regista che mi voleva nel suo film accanto a Alessandro Siani, ma quando scoprì che ero passata dal format televisivo cancellò la mia opzione. Attorno a chi partecipa nei reality ci sono tanti pregiudizi».

Alta, bella. Margherita Zanatta come ha convissuto con il suo corpo?
«Da piccola, non è stato facile convivere con le mie misure. Non mi sono mai considerata bella, ma non potevo negare di essere davvero alta. Svettavo non solo sopra i miei compagni, ma pure sopra i miei insegnanti, che mi prendevano sempre di mira. Vivevo la mia altezza come un handicap. Non camminavo mai dritta, preferivo ingobbirmi per sembrare più piccola, ma ciò non cambiava molto le cose. MI sentivo diversa, inappropriata».

Non è facile vivere situazioni del genere….
«Sì, soprattutto quando si è insicuri come lo ero io da piccola. Mi sentivo come una nuvola grigia in un cielo terso. Per conquistare l’attenzione della gente, puntavo tutto sulla simpatia e sull’auto ironia. Una sorta di corazza difensiva. Inoltre, avevo problemi alimentari non indifferenti; in certi periodi della mia vita sono ingrassata a dismisura. Le mie forme generose e la mia altezza incutevano timore negli uomini, anche da adulta. Ora amo questa mia fisicità e non la cambierei per nessun motivo al mondo, anche perché il mio corpo non è più quello di un tempo. Avendo trovato il mio equilibrio interiore, non mangio più in modo compulsivo come una volta. Oggi se qualcuno mi accusa di essere una donna fuori dall’ordinario, lo considero un complimento».

Come hai fatto a relativizzare lo sguardo altrui?
«Tutto dipende da come ci si vede con i propri occhi. Per tanti anni mi sono sentita un extraterrestre, una diversa. Poi invece di guardare soltanto a ciò che non ero riuscita a fare, cominciai a concentrarmi sulle mie vittorie professionali. Facendo radio, mi sono resa conto che tante persone convivono con queste situazioni. Non mi sono sentita più sola».

È nella radio che hai trovato la tua dimensione giusta, vero?
«La radio è la mia via di fuga. Il luogo dove posso andare oltre al mio fisico e comunicare con la gente. Abbiamo vissuto momenti drammatici in famiglia quando mio padre fu colpito da una forma acuta di leucemia. Ricordo che mi chiamarono dall’ospedale dicendomi di passare a salutarlo perché non sarebbe sopravvissuto a lungo. Dopo aver trascorso la notte al suo capezzale, il giorno dopo lavorai fu come se nulla fosse successo: il microfono era l’antidoto contro tutto quel dolore. Era come se fossi entrata in un mondo parallelo. Mio padre si riprese e io capii che quella era davvero la mia vita».

Una radio per amica, insomma….
«Sì. Quando sono in diretta radio è come se mi bevessi un caffè con gli ascoltatori. Sono libera di raccontare loro tutto ciò che voglio: gioie e pene della mia vita un po’ pazzerella comprese. A volte esagero, lo so, ma la Marghe è così: prendere o lasciare»!

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