La domenica

Addio pandemia, è ora di bilanci

Dopo due anni terribili, in cui la maggior parte di noi ha obbedito ad ogni ordine delle autorità, non è ancora possibile stilare un bilancio dell’efficacia di ogni singola misura volta a contrastare il coronavirus
Andrea Stern
Andrea SternePatrizia Guenzi
06.02.2022 06:00

Ad oggi un manuale di gestione per il coronavirus non c’è. Dopo due anni terribili, in cui la maggior parte di noi ha obbedito ad ogni ordine delle autorità, non è ancora possibile stilare un bilancio dell’efficacia di ogni singola misura volta a contrastare la pandemia. Tuttavia, già oggi si può dire che alcune restrizioni, forse, chissà... Se non inutili non hanno dato il risultato sperato.

Lo ha riconosciuto anche un autorevole esperto, l’epidemiologo Donato Greco, consulente dell’Organizzazione mondiale della salute, che ha bocciato senza appello, ad esempio, le sanificazioni, uomini bardati come marziani ‘armati’ di idro-fucili nebulizzatori, l’uso di disinfettanti chimici, spesso nocivi per la salute. Così come i guanti di lattice e - sì perché anche a questo ci siamo sottoposti - l’imbustamento, imposto ad alcune professioni, di borse o effetti personali del cliente. Per Greco, le uniche misure efficaci sono, e restano, tre: distanziamento sociale, mascherine e lavaggio delle mani.

Quarantene «controproducenti»

Tra le misure sicuramente da bocciare, secondo ‘Mister Corona’, alias Daniel Koch, ex capo della Divisione malattie trasmissibili dell’Ufficio federale della sanità pubblica, c’è l’obbligo di quarantena. «È stata una misura controproducente - sostiene Koch -. A causa di quest’obbligo molte persone con sintomi hanno rinunciato a farsi testare, per paura che tutta la cerchia familiare e professionale finisse in quarantena».

Se non ci fosse stato l’obbligo di quarantena, forse queste persone si sarebbe sottoposte al tampone, avrebbero scoperto di essere positive e avrebbero interrotto la catena di trasmissione del virus. «L’isolamento delle persone infettate è una misura logica - riprende Koch -, mentre la quarantena è più una reazione istintiva che una misura utile. Sarebbe stato meglio insistere di più sui test».

Mascherine «come pro memoria»

A inizio pandemia Koch aveva fatto discutere sostenendo che le mascherine non fossero una protezione efficace. Oggi non smentisce quanto detto allora. «Tuttavia riconosco che le mascherine hanno almeno il grande vantaggio - afferma - di ricordare alla popolazione che bisogna continuare a fare attenzione».

Perché sarebbe illusorio pensare che la pandemia sia finita, sostiene Koch. «Penso che avremo un’estate piuttosto facile e tranquilla - dice -. Ma poi tornerà l’inverno. E il virus non sarà scomparso. Ci saranno sempre persone vulnerabili e non si può pretendere che si proteggano da sole. Tutti dovremo continuare a fare degli sforzi per questa fetta di popolazione».

Il certificato «resterà»

È inoltre prematuro, secondo Koch, annunciare la fine del certificato COVID. «Probabilmente verrà dismesso per l’utilizzo interno – spiega - ma continuerà a essere necessario per i viaggi internazionali. In Danimarca ad esempio sono state abolite tutte le misure, ma il certificato è stato mantenuto. Anche noi svizzeri dovremo vedere come integrare il certificato nel sistema europeo».

Mister Corona, infine, era e resta scettico sull’obbligo di vaccinazione. «Altri Paesi hanno deciso in tal senso - osserva - ma in Svizzera abbiamo piuttosto una cultura del convincimento. Io credo che sia opportuno andare avanti su questa strada. Anche in vista del prossimo inverno, quando avremo a che fare sia con il coronavirus, sia con l’influenza».

Penalizzare i Paesi

Poco utili sono state anche le misure draconiane contro certi singoli paesi. Ad esempio quelle introdotte contro il Sud Africa nella speranza di impedire la propagazione di Omicron. Ne è convinto Julien Riou, epidemiologo all’Istituto di Medicina preventiva di Berna: «La serie di misure messe in atto durante l’emergere di Omicron in Sud Africa, volte a prevenire l’arrivo della variante in Europa o almeno a ritardarla, non hanno aiutato. Al contrario, hanno penalizzato un Paese la cui ‘colpa’ è stata solo la trasparenza».

Quanto al resto, a tutte le altre restrizioni messe in campo, per Riou non è facile discernere le ‘giuste’ e le ‘sbagliate’. «È complicato valutare con precisione l’efficacia delle misure perché bisogna considerare molti elementi, penso alla temperatura, al monitoraggio delle regole, agli scambi con altri Paesi, alle nuove varianti, ai vaccini...). Inoltre, spesso sono state attuate più misure contemporaneamente, difficile quindi valutarne gli effetti singolarmente. Penso che impiegheremo anni per fare una stima accurata della reale efficacia di ogni singolo provvedimento».

Sanificare le strade

Ricordate quando si sanificavano le strade, gli ambienti e tutto ciò che capitava a tiro? Addirittura c’è chi suggeriva di disinfettare le suole delle scarpe. Immagini inquietanti per veicolare, probabilmente inconsapevolmente, un messaggio forte in modo tale che le persone prendessero coscienza della drammatica situazione. Per non dire della confusione, soprattutto durante la prima ondata, sui tempi di permanenza del virus su questo o quel materiale. Vero è che con senno del poi...

«Per valutare le misure - osserva Christian Garzoni, infettivologo e direttore sanitario della Clinica Luganese Moncucco - bisogna sempre rimettersi nella prospettiva del momento. Adesso siamo in una fase di allentamenti e aperture, ma se possiamo farlo è grazie a un tasso di vaccinazione che tra le persone a rischio raggiunge il 90 per cento. Quando la popolazione non era ancora protetta dai vaccini, invece, le misure messe in atto erano l’unico mezzo per cercare di contenere la corsa della pandemia».

L’app «in teoria era una buona idea»

Poi è vero che alcuni tentativi non si sono rivelati all’altezza delle aspettative. «Ho creduto molto nell’app Swiss Covid - ricorda Garzoni -, dal punto di vista teorico era un’ottima idea. Poi nella pratica non ha funzionato._Ma anche in questo caso bisogna considerare le dinamiche di allora. Eravamo tutti chiusi in casa, non c’erano ancora i vaccini. Il tracciamento informatizzato e rapido dei contatti poteva sembrare una via d’uscita da quella situazione».

È quindi impossibile, anche secondo il dottor Garzoni, determinare quali misure andrebbero salvate in un’ottica futura e quali abbandonate. «Di sicuro salverei le mascherine, la disinfezione della mani e tutto ciò che ha permesso di ridurre i contatti e con essi la diffusione del virus - afferma -. Per il resto bisogna ricordare che ci sono sempre state più misure contemporaneamente. A seconda della gravità della situazione la politica aggiungeva o toglieva misure. Di sicuro, nel complesso hanno aiutato. Ma è impossibile determinare il contributo specifico di ogni singola misura».

Il lockdown

Molto probabilmente è stato l’insieme dei provvedimenti a fare la differenza. Come osserva l’epidemiologo Alessandro Diana: «Qual era il gesto giusto all’epoca? Prendiamo il lockdown, sembrava, al momento, una buona decisione. Ma continuare non avrebbe avuto senso. Inoltre, la coscienza del cambiamento ce la sta dando Omicron. Ora ci stiamo chiedendo il senso di tutte queste decisioni, se è giusto mantenerle o no». E Diana invita anche a non guardare sempre ‘in casa d’altri’. «Ogni Paese ha una propria epidemiologia e agisce di conseguenza, inasprendo o allentando. Non c’è un’unica soluzione vincente».

Le misure che resteranno

Ci sono ad ogni modo misure che hanno dimostrato di essere valide e che potrebbero essere mantenute, almeno in parte, anche una volta conclusa la pandemia._«In Asia le persone con problemi respiratori indossavano la mascherina già prima della pandemia - osserva Enos_Bernasconi, responsabile del Servizio malattie infettive dell’EOC -. Ora, non sto dicendo che dovremo indossare la mascherina vita natural durante._Ma in certe situazioni potrà sempre essere utile».

Altri comportamenti adottati in questi due anni potranno rivelarsi utili anche una volta conclusa la pandemia, per esempio una regolare igiene delle mani. «Inoltre ci siamo tutti resi conto - aggiunge Bernasconi - che già solo mantenendo una distanza di un metro e mezzo quando di parla con un’altra persona si può limitare la trasmissione dei virus respiratori».

Insomma, da questa pandemia potremo tutti trarre delle lezioni «Abbiamo imparato molto dalla pandemia di SARS-CoV-2, che per altro non è ancora terminata - conclude Bernasconi -. Se e quando arriverà il SARS-CoV-3, avremo in mano gli strumenti per agire più rapidamente e più efficacemente».

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