Politica

Alcuni veterani storcono il naso

Nel PPD si avvicina il giorno del cambiamento di nome
Andrea Stern
Andrea Stern
12.06.2022 11:00

Senza memoria, c’è la morte». Attilio Grandi scuote la testa. A 85 anni di età, il già direttore di «Popolo e libertà», già presidente del Gran Consiglio e per oltre vent’anni sindaco di Lamone si dice contrariato da quanto avverrà il prossimo 25 giugno nella vicina Cadempino, dove molto probabilmente i delegati PPDseppelliranno il nome del partito per lasciare spazio all’Alleanza delCentro, o anche solo alCentro.

«La parola centro non significa nulla - argomenta Grandi -. Io la considero l’anticamer adi quel populismo che sta distruggendo la cultura politica, come anche la storia dei partiti ticinesi, quei tre partiti storici che dialogando tra loro in modo costruttivo hanno creato il cantone in cui viviamo oggi».

Attilio Grandi non è solo. Tra la vecchia guardia del Partito popolare democratico il cambiamento di nome proposto dal presidente nazionale Gerhard Pfister fatica a fare breccia.

Quei valori attrattivi

«Una pianta non può vivere senza radici, noi ne vediamo la chioma ma sono le radici a tenerla in vita - osserva Chiara Simoneschi Cortesi, già presidente del Gran Consiglio e del Consiglio nazionale -. Capisco che il clima politico sia cambiato tantissimo, ma io resto attaccata a quei valori che, da giovane donna, seppero attrarmi e invogliarmi a entrare in questo partito».

Chiara Simoneschi Cortesi ritiene che il PPD abbia una storia e un orientamento diversi rispetto al partito nazionale. «Noi siamo molto legati al popolarismo di don Luigi Sturzo - spiega -, siamo sempre stati molto sensibili alla politica familiare. Quando andai a Berna scoprii con orrore quanto i democristiani svizzero tedeschi fossero invece allineati su posizioni più vicine all’UDC. Noi abbiamo altre origini, un altro bagaglio, di cui possiamo andare fieri». Se i suoi problemi di salute dovessero permetterle di partecipare al congresso del 25 giugno, Simoneschi Cortesi voterebbe quindi no. «Per me è bellissimo essere popolari democratici - ribadisce -, mentre questo centro mi sembra un posizionamento quasi pregiudiziale. Non mi convince. Non è questione di essere al centro, un po’ a sinistra o un po’ a destra. Il nostro partito fa la differenza costruendo soluzioni che siano migliori per tutti, non solo per una parte della popolazione o una lobby».

I popolari sono ancora popolari

D’altra parte sarebbe sbagliato associare la perdita di consensi al nome del partito. «A livello europeo i partiti popolari sono in buona salute - afferma Carlo Donadini, anch’egli già primo cittadino del cantone, oltre che sindaco di Camorino -. La denominazione centro mi sembra banale, non mi piace. Ho la sensazione che possa essere visto come un partito che rinuncia a combattere in campo aperto.Un partito che guarda una volta a sinistra, l’altra a destra e ogni volta perde un po’ di voti».

Se fosse per Donadini, al PPD basterebbe perdere una D. «Capisco che a livello nazionale sia voluto andare nella direzione di una laicizzazione del partito, sebbene io creda più nel distinguersi attraverso l’azione politica che nelle etichette - spiega -. Ma a livello ticinese il discorso è diverso. La laicizzazione è già stata fatta tempo fa. Io lo chiamerei solo partito popolare, senza democratico, perché un partito popolare è già di per sé democratico».

Qualche dubbio sul nuovo nome potrebbe averlo anche Luigi Pedrazzini. Tuttavia l’ex presidente del partito ed ex consigliere di Stato il prossimo 25 giugno voterà sì. «Al punto in cui ci troviamo credo sia opportuno che anche la sezione ticinese scelga questa strada - afferma Pedrazzini -. Sarebbe quasi incomprensibile se fossimo l’unica sezione a non confluire nella nuova denominazione. L’importante però è che il rinnovamento del partito non si limiti al cambiamento di nome. Deve essere l’occasione per una riflessione di fondo sui valori, sull’impostazione di fondo del partito, sul progetto politico che si vuole portare avanti».

Guardare avanti

Uno sguardo al futuro, con un occhio al passato. «Voltare pagina - aggiunge Pedrazzini - non significa ripudiare il passato ma andare avanti facendo tesoro di ciò che è stato».

Senza quindi scostarsi da quei valori cristiani che caratterizzano l’azione politica del PPD. «La politica è realizzare le cose, non affermare i principi - interviene Renzo Respini, ex consigliere di Stato e consigliere agliStati -. Penso che il partito svizzero abbia intrapreso un cammino che passa dalla proclamazione dei valori cristiani nel nome a una fase di più matura applicazione dei principi. Per una questione di chiarezza, credo sia giusto che anche la sezione ticinese si adegui al nuovo nome».

Senza considerarlo un punto di arrivo. Poi si tratterà di dare sostanza a questo nome - prosegue Respini -. Il partito non è qualcosa di statico, deve rispondere alle sfide e alle esigenze del momento»

Un aspetto positivo, conclude Respini, è che col nuovo nome verrà finalmente a cadere «l’osceno appellativo di pipidino». Più duro a morire sarà invece il termine uregiatt. «Ma io dico sempre - si intromette Pedrazzini - che se tutti gli uregiatt di questo cantone votassero per il nostro partito, saremmo abbondantemente sopra il 50%».