Politica

«Anche Massagno e Paradiso faranno parte della Grande Lugano»

A tu per tu con l'ex sindaco Giorgio Giudici sulle aggregazioni ma anche sul PLR cittadino e su Michele Bertini
Andrea Stern
Andrea Stern
21.08.2022 10:06

Ha molta considerazione di PaoloMorel. Accoglie con favore l’arrivo a Lugano di Natalia Ferrara. E chiude la porta a un possibile ritorno di Michele Bertini. «Se tornasse in politica nonsarebbe a Lugano», dice Giorgio Giudici, l’uomo che per 29 anni ha retto le redini della Città.

Signor Giudici, segue ancora la politica?

«Come osservatore sì, sicuramente».

Come giudica la situazione del suo PLRT?

«Purtroppo oggi nei partiti c’è molto individualismo, manca una linea coordinata.In tutti i partiti, non solo nel PLRT. Però ho molta fiducia nel nuovo presidente».

Intende Alessandro Speziali?

«No, intendo il presidente sezionale Paolo Morel.Stimo molto Speziali, sia chiaro. Ma la mia attenzione è rivolta più suLugano. E qui sono felice che il partito sia oggi in mano a una persona ponderata, realista e pragmatica».

Alle prossime elezioni il PLRT potrà puntare a riprendersi il sindacato?

«Io credo che Michele Foletti stia facendo un grande lavoro. Lo rispetto molto perché si è buttato anima e corpo nell’attività di municipio. Ma si capisce che lui è finito casualmente a occupare questa carica. Non è nella sua indole. Essere sindaco significa essere veramente il comandante della nave e fare in modo che tutti quelli che sono a bordo lavorino per far funzionare le macchine. Ci vuole un leader».

Lei lo era.

«Ho anche avuto la fortuna di avere dei colleghi straordinari con i quali abbiamo formato una vera squadra.C’è sempre stata adesione ai progetti e anche inConsiglio comunale abbiamo incontrato pochi ostacoli».

Badaracco o Valenzano Rossi? Dico solo vinca il migliore

Qualcuno dice che lei ha lasciato la Città sull’orlo del fallimento.

«Ma non è affatto vero. Infatti tanto tuonò che non piovve. Perché un conto è fare debiti per pagare la gestione corrente, quello è un dramma. Ma fare debiti per investimenti condivisi a favore della collettività significa creare valore aggiunto. Oggi la Città vale quasi due miliardi, tra proprietà immobiliari e società finanziarie. È un patrimonio unico».

Torniamo al discorso del leader. Foletti non lo è.

«È però positivo che in municipio ci sia Filippo Lombardi, una spalla forte per Foletti, perché conosce i meccanismi della politica e può contare su una vasta rete di contatti. Lo vediamo ad esempio questo weekend con il congresso degli svizzeri all’estero».

Nel PLRT vede meglio Roberto Badaracco o Karin Valenzano Rossi?

«Dico solo vinca il migliore. Si parla già troppo e basta una scintilla per far bruciare il fienile».

Natalia Ferrara porterà valore aggiunto alla sezione di Lugano o rischia di seminare scompiglio?

«Natalia Ferrara è una persona molto intelligente, che ha personalità. E si sa che spesso le personalità fanno paura. Come poteva essere anche il mio caso, solo che io venivo da un lungo corso e tornavo utile al partito. Io credo che Natalia Ferrara sia una di quelle personalità con cui creare un progetto insieme».

E Michele Bertini, tornerà in politica?

«Bertini secondo me è una forza della natura, però ha gettato la spugna troppo presto. Ora non penso proprio che tornerà in politica a Lugano, visto che si trasferisce nel Sopraceneri».

Potrebbe tornare a livello cantonale?

«Potrebbe benissimo. Però dipende anche dai sentimenti e dalle delusioni che uno ha accumulato durante la propria esperienza politica».

Intende dire che Bertini è rimasto scottato?

«Questo è un chiaro esempio di un giovane che non si sentiva a proprio agio, perché mancava una regia. Dopo un po’ uno si chiede cosa sta a fare in politica e se ne va».

Bertini non è l’unico ad aver lasciato in giovane età.

«Il problema è che oggi mancano punti di riferimento, cultura politica, unità nei partiti. È comprensibile che qualcuno perda la motivazione».

Una volta era diverso?

«Io quando entrai in politica, nel 1972, arrivai terzultimo sulla lista per il Consiglio comunale. Dodici anni dopo divenni sindaco. Perché ero motivato, ma anche perché avevo intorno a me un partito con la P maiuscola. Oggi invece c’è un insieme di persone che invece di aggregarsi si sgretolano».

La città non è solo piazza Riforma, bisogna fare in modo che tutti i quartieri si leghino insieme

Lei rimpiange di aver fatto politica solo a Lugano senza mai tentare la scalata a Berna?

«Io sono nato al vecchio ospedale Civico, che è a 100 metri da casa mia. Ho vissuto in piazzale Milano per venticinque anni, poi mi sono sposato 100 metri più in su. Anche se sono patrizio di Giornico ho Lugano nel DNA, non potrei vivere altrove».

Non sarebbe stata interessante un’esperienza nel Parlamento federale?

«Una volta il partito mi propose di candidarmi per ilConsiglio degli Stati ma io rifiutai. Ho avuto la fortuna di fare quello che ho fatto a Lugano e sono rimasto qui, altrimenti si diventa un funzionario della politica».

Lei ha fatto la Grande Lugano. Guardandola con gli occhi di oggi, l’aggregazione è stata un successo?

«Sì, è un successo, che però non è ancora stato pienamente compreso, perché si è rimasti troppo luganocentrici. La città non è solo piazza Riforma, bisogna fare in modo che tutti i quartieri si leghino insieme».

Anche Paradiso e Massagno entreranno un giorno a far parte della Città di Lugano?

«Nel 1982 partecipai a un dibattito e dissi che secondo me nel 2050 il distretto di Lugano sarebbe stato un solo Comune. Lo penso ancora».

Quindi è solo questione di tempo?

«Ettore Vismara, sindaco di Paradiso, è un mio carissimo amico. Finché c’è lui al comando è inutile andare a insistere. Ma è chiaro che un giorno o l’altro anche Paradiso entrerà obtorto collo a far parte di Lugano».

Idem per Massagno?

«Lì oltre alla personalità del sindaco GiovanniBruschetti c’è il tema del colore politico. Ma il territorio non ha colore. Il territorio è un valore che va gestito amalgamandolo, per renderlo più razionale».

Lei è stato tra i fautori dell’apertura di Lugano alla Russia. Come valuta gli attuali accadimenti?

«Sono stato più volte in Russia, ma sono stato anche ospite del sindaco di Odessa e abbiamo fatto delle collaborazioni con Kiev. Io credo molto nelle relazioni internazionali, Lugano non deve ingessarsi su se stessa. La situazione attuale mi rattrista ma non mi sento di esprimere un giudizio, non conoscendo gli antefatti né i veri interessi in gioco.Prendere posizione mi sembrerebbe quasi presuntuoso».

La Svizzera ha preso posizione.

«Io vedo due facce della medaglia. La Svizzera ha sempre avuto un ruolo di collante nei momenti di crisi. Secondo me la Svizzera dovrebbe essere una medaglia che non cade né da una parte né dall’altra, ma resta in piedi».

Lei ha già comprato criptovalute?

«No, non sono la persona adatta a fare questo tipo di operazioni».

Lugano fa bene a puntare sulle criptovalute?

«È un’opportunità. C’è sicuramente una componente di rischio, come sempre quando si tratta di finanza.Ma io sono favorevole a tutto ciò che può portare novità, fermento e non immobilismo».

C’è qualche progetto che le sta ancora a cuore?

«Sì. Ho scoperto che il 46.esimo parallelo passa proprio in mezzo al portone di entrata della chiesa degli Angioli ed è parallelo alla funicolare. Mi piacerebbe che si intavolassero relazioni con tutte le altre città situate lungo il 46.esimo parallelo, che si creino così nuovi collegamenti con il mondo».

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