«Ancora oggi tanta vergogna quando si parla di prostituzione»

Tappezzerie rosse in raso, poltroncine in pelle dello stesso colore. Dalla porta principale del Calipso 2 appare una donna minuta, elegante, occhi azzurri e un tailleur blu notte. La chiameremo Anna, un nome di fantasia, è la gerente. Una delle poche, pochissime donne in Ticino a gestire un locale a luci rosse da ben 60 anni. «Una vita…» racconta subito. E in 60 anni di volti, talvolta noti, ne ha visti così tanti da poter scrivere un libro. Un viaggio tra le storie di ragazze che arrivano da tutto il mondo, i clienti, necessità e vicissitudini di un lavoro non scontato, perchè per restare a galla per così tanti anni «ci vuole mestiere - spiega Anna, che ha le idee molto chiare su cosa bisogna e non bisogna fare -. Il gerente di un bar come il mio non dovrebbe far altro che occuparsi del bar e poi affittare le camere. Purtroppo sempre più spesso vengo a sapere da colleghi che alcuni gerenti pretendono una percentuale sulle prestazioni sessuali delle ragazze che affittano le camere, lo trovo assurdo, oltre che contro la legge…». Il locale apre alle 14 e chiude all’1, c’è chi arriva con un gruppo di amici e beve solo qualcosa il venerdì o il sabato sera, e poi, «durante la settimana, arrivano da soli, e allora ecco che salgono nelle camere perché non li vede nessuno». E poi ci sono i clienti fissi, quelli che vengono da una vita, «ma se mi capita di incontrarli al ristorante o in giro per il paese, faccio finta di non conoscerli, perché la discrezione viene prima di tutto».
Il virus e il cambio di rotta
E se in 60 anni di acqua sotto i ponti ne è passata, «il vero spartiacque è stata la pandemia: le abitudini sono veramente cambiate. Non posso più programmare quanta gente avrò al bar nel weekend, e quanta la sera in settimana, a volte il locale è più affollato il lunedì sera… Non solo… sino a prima della pandemia avevo tutte e 15 le camere affittate. Ora non più di 4-5…». E poi, visto che la pandemia è diventata anche sinonimo di precarietà, «le persone ora hanno meno soldi, lei non può immaginare quante donne offrono prestazioni sessuali in appartamento qui vicino, a Ponte Tresa o a Luino, ovviamente senza dichiarare nulla… l’altra mattina una conoscente che ha appena divorziato mi ha chiesto se conoscevo qualche uomo in cerca di compagnia, visto che con il reddito di cittadinanza (aiuto statale per chi non lavora ed è nullatenente in Italia) non riusciva ad arrivare alla fine del mese - un sospiro, e poi continua la gerente -. Capisce che in questo modo, quando l’offerta cresce a dismisura, le professioniste iniziano ad incontrare delle difficoltà». Anche perché, ogni ragazza che arriva al Calipso viene notificata, «e paga normalmente le tasse - spiega Anna -, 25 chf al giorno secondo la legge entrata in vigore nel 2018, inoltre entrano subito in contatto con Primis, un servizio di Zonaprotetta, che si rivolge alle professioniste e ai professionisti del sesso che lavorano in Canton Ticino, promuovendo la salute sessuale e i diritti correlati delle persone che si prostituiscono».
Non è tutto oro quello che luccica
Dunque una copertura su più fronti che tende a tutelare la categoria. Visto che non è certo tutto oro quello che luccica… «C’è stato un periodo in cui ho lavorato anche in un altro locale del luganese, mi ricordo ancora di una ragazza lituana che nonostante avesse la sua camera in affitto, andava spesso a casa dei suoi clienti, oppure in hotel. Io le avevo consigliato di non farlo perché poteva essere pericoloso. Ma per lei significava un guadagno maggiore… Una volta è tornata, faceva fatica a camminare, sul suo corpo non penso ci fosse centimetro non tumefatto». La ragazza non denunciò l’accaduto alle forze dell’ordine, «mi disse che non aveva intenzione di farsi umiliare da uomini in divisa che l’avrebbero trattata come una puttana, l’ho compreso, c’è ancora molta vergogna quado si parla di questa professione».
La legge non è uguale per tutti
E passando il confine, una situazione totalmente diversa. Non è inusuale incontrare, a qualsiasi ora del giorno e della notte, in direzione Como, o Varese, ragazze di ogni nazionalità, seminude a bordo strada. «Certamente dietro quelle attività gravita tutto un giro di delinquenza e sfruttamento, la realtà nei locali a luci rosse ticinesi è un po’ diversa, per lo meno nel mio. Non bisogna fare di tutta l’erba un fascio, qui le ragazze scelgono a chi dare prestazioni sessuali e a chi non darle». Come quando… «come quando arrivò questa coppia di coniugi sulla quarantina, il marito pretendeva di avere rapporti con una ragazza e la moglie doveva assistere «per imparare come si fa», la donna era sotto shock, piangeva, e così dopo due volte nessuna delle ragazze che avevo qui in quel periodo hanno più voluto andare con quell’uomo». Sì perché al Calipso il via vai di professioniste del sesso è costante. Le ragazze arrivano da tutto il mondo, «a patto che abbiano però dei documenti di identità europei», spiega la gerente. Qualche anno fa c’è stato il boom degli arrivi dall’est Europa, poi le sud americane sino alle rumene in questi ultimi anni. «Si fermano uno o due mesi, poi cambiano città». Tuttavia non mancano i casi in cui «dopo che mi sono adoperata per farle ottenere un permesso di lavoro, mi mollano la camera sfitta senza alcun preavviso e si prendono un appartamento in affitto, e lì poi inizia il loro periodo di gloria…», afferma sarcastica Anna. Secondo la gerente, visto che non esiste un modo per controllare se effettivamente pagano le tasse per tutti i clienti che hanno, «le più furbe, trovano facilmente il modo per aggirare la legge, e i gerenti dei locali - onesti - ci rimettono».