Società

«Avevo il mondo ai piedi ma insieme ai miei figli ho voluto cambiar vita»

A tu per tu con Thomas G.Bata, fondatore Triple B ed ex CEO Bata Shoe Company
Thomas G.Bata insieme ai suoi figli Tom e Charlotte Bata-Howl.
Prisca Dindo
05.05.2024 06:00

Nel 2020 ha detto addio all’impero finanziario di famiglia e ha fondato insieme ai suoi due figli Triple B, un gruppo di investimento internazionale impegnato a promuovere l’innovazione e l’imprenditorialità. Lui è Thomas G. Bata, ex amministratore delegato e presidente della Bata Shoe Company, l’azienda calzaturiera globale con oltre cinquemila negozi in settanta Paesi. L’abbiamo incontrato al Lifestyle Innovation Day.

Un cognome che non passa inosservato, il suo…
«Eppure è un cognome così piccolo, vero? B A T A. Molta gente si sorprende quando scopre che dietro a questo nome ci sia una persona in carne ed ossa. Per tutti Bata significa scarpa. Era sempre divertente per me, quando andavo a visitare i nostri negozi. «Piacere, sono il signor Bata», dicevo io. Mi accorgevo che i miei interlocutori iniziavano a parlarmi come fossi un loro confidente. Avevano fiducia in me perché legavano il mio nome al negozio dove si erano recati per acquistare un paio di scarpe. È lì che ho capito che il successo di un brand è legato a doppio filo con le figure che interagiscono con i clienti».

La sua è una famiglia di pionieri della scarpa. Lei e i suoi due figli avete alle vostre spalle generazioni di calzolai. Tuttavia, è stato suo nonno Thomas a iniziare a vedere in grande: invece di aggiustare scarpe, cominciò a produrle. Cosa scattò in lui?
«Con un pugno di soldi aprì a Zlìn una piccola fabbrica. All’inizio del XX secolo, lasciò il paesino dell’attuale repubblica Ceca e attraversò l’Oceano perché capì quanto fosse necessario raccogliere nuove idee, imparare tecniche di produzione diverse».

Con cosa è tornato da quel viaggio negli USA?
«Il nonno, che era un vero visionario nelle sue intuizioni, si recò in America perché sapeva che a quei tempi era lì che tutto succedeva! Negli Stati Uniti fece la conoscenza di tre figure che segnarono il suo destino. Il primo era George F. Johnson della Endicott-Johnson, la più grande azienda d’America nel settore calzaturiero famosa per avere i migliori salari e condizioni di lavoro; fu Johnson il primo ad introdurre la giornata lavorativa di otto ore e la settimana da quaranta; inoltre creò ospedali biblioteche e altre strutture ricreative pensate per fornire servizi di alta qualità ai suoi dipendenti gratuitamente o a basso costo. Un capitalismo del welfare, insomma…»

Il secondo?
«Il secondo fu B. F. Goodrich, l’inventore della gomma vulcanizzata utilizzata per i pneumatici ma anche nelle guarnizioni dei motori a vapore e nelle suole delle scarpe di atleti e vacanzieri di quell’epoca. Una novità che mio nonno trovò interessantissima»!

Il terzo fu Henry Ford…
«Esatto, Henry Ford. Da lui imparò che incorporando nuove tecnologie nelle fabbriche, si poteva migliorare considerevolmente la produttività, invece di aumentare il numero di lavoratori. Il nonno rientrò così a Zlìn con innovazioni mai viste prima nel Vecchio Continente. Con quanto aveva appreso in America, capì che avrebbe potuto offrire un nuovo prodotto davvero concorrenziale: scarpe diverse ed economiche. Un mix esplosivo! Sviluppò nella cittadina della Moravia orientale un modello produttivo ispirato a quello che aveva visto in America, un modello in equilibrio tra profitto e solidarietà sociale. Nel giro di pochi anni Bata diventò la prima azienda calzaturiera in Europa. Il nonno mise in piedi un impero finanziario non solo con le scarpe, ma anche con la gomma, edilizia, il trasporto ferroviario e aereo».

Perché ha deciso di dire addio a Bata e di lanciarsi in triple B?
«C’era un dato statistico legato a storiche aziende di famiglia come la nostra che mi faceva pensare: soltanto il 4% di queste riescono ad oltrepassare la terza generazione. Io non volevo che succedesse ai miei figli. Loro rappresentano la quarta generazione Bata. Le strade erano due: o continuare a cercare di consolidare l’azienda di famiglia oppure provare a fare qualcosa di completamente diverso. Io e i miei figli abbiamo scelto di percorrere la seconda. Triple B incarna un’eredità di innovazione e imprenditorialità. Il nostro obiettivo primario è di trasferire questa eredità per favorire la crescita del business. Supportiamo attivamente progetti e imprenditori in linea con i nostri valori di innovazione, imprenditorialità, visione globale, capitalismo responsabile e autenticità. Di recente abbiamo acquisito OMNi Centre Edinburgh, una delle destinazioni scozzesi per il tempo libero e l’intrattenimento più iconiche che vanta quattro milioni di visitatori all’anno».

Cercate insomma, dei nuovi Thomas Bata…
«Trovare le persone giuste è importante, anzi la chimica tra le persone è importante. Per esempio, mio figlio Thomas G. che ha 36 anni e mia figlia Charlotte che ne ha 34 devono stare bene insieme; loro sono gli azionisti, questo fa parte del loro contratto, e dato che i fondi arrivano dal business di famiglia, devono guadagnare e devono far lavorare questi fondi, vuol dire che insieme devono costruire qualche cosa».

Per finire, cosa pensa del Ticino?
«Siete tra Milano e Zurigo. Avete il modo di fare italiano e la disciplina svizzera. Il mix giusto, insomma. Trovo che «Lifestyle innovation day» sia una iniziativa interessante. La comunicazione è basilare al giorno d’oggi».

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