Ticino

Baby dipendenti da schermi e web

Gli esperti concordano: «Troppi bambini sotto i tre anni con i tablet, l’esperienza ci mostra segnali d’allarme»
Per i bambini stare a lungo davanti a uno schermo crea rischi per la salute. © CdT/Archivio
Prisca Dindo
14.04.2024 12:00

Alzi la mano chi non ha mai visto mamme e papà chiacchierare allegramente al ristorante mentre il loro pargolo è incollato all’iPad. Oppure bimbi appollaiati sui carrelli tenendo il telefonino a due centimetri dal naso, mentre i genitori fanno scorta di alimenti al supermercato. Le tecnologie digitali sono parte integrante della vita dei più piccoli, a partire dalla più tenera età.

Suoni, colori, reazioni: tutto è stato pensato per tenerli incollati agli schermi. Con un solo dito, accedono ad una realtà fatta di immagini che li ammalia. Del resto sono «nativi digitali», bambini immersi dalla nascita in un mondo in cui la tecnologia è parte integrante.

L’utilizzo dei dispositivi elettronici (ormai c’è un vastissimo assortimento) può stimolare l’esperienza di un bambino. Tuttavia quando tablet e telefonino pian piano sostituiscono la realtà, allora sì che diventano un problema per gli adulti di domani.

Diversi bambini presentano difficoltà

Non si tratta di pitturare il diavolo sui muri, ma di rendere attenti sui pericoli quando si oltrepassa il limite di guardia. Secondo gli esperti, stare online per più di venti ore la settimana è considerato un comportamento problematico e a partire da trenta ore settimanali si è a rischio di dipendenza. Sebbene l’Oms, l’organizzazione mondiale della sanità, consigli di evitare gli schermi digitali fino ai tre anni di età, sempre più piccoli tra gli zero e i quattro anni hanno accesso ai telefonini di mamma e papà.

Il fenomeno preoccupa molto gli addetti ai lavori, anche in Ticino. Come Paola Morini, caposervizio Sottoceneri del SEPS, il servizio dell’educazione precoce speciale del Dipartimento dell’educazione, della cultura e dello sport, e la sua squadra. Il loro è un servizio che si rivolge principalmente ai bambini dai zero ai sei anni con altre tipologie di disturbi «tuttavia ci accorgiamo sempre di più di quanto i piccoli e le piccole che seguiamo presentino anche problemi causati dall’uso massiccio dei tablet», annota la Caposervizio. In Ticino non esistono ancora statistiche sul fenomeno, «ma l’esperienza ci mostra segnali di allarme».

Contano in inglese, ma faticano con l’italiano

«Spesso - racconta Paola Morini- ho l’impressione di non aver più davanti bambini e bambine che relazionano, ma soggetti che ripetono in maniera «addestrata» parole e numeri. Faccio un esempio: ci sono alcuni dei nostri utenti che contano in inglese già a due anni. One, two, three. Poi però, quando li interpelliamo in italiano, che è la loro lingua madre, presentano grandissime difficoltà. Questi bambini e queste bambine hanno un’infarinatura di lingue straniere grazie alle app scaricate dai genitori ma poi non sanno né parlare né relazionarsi in maniera spontanea con le persone e ciò è preoccupante».

L’importanza dei «no» nella vita reale

Secondo l’Associazione italiana Dipendenze Tecnologiche e Cyberbullismo, lo smartphone è diventato una componente sempre più invasiva nella relazione tra genitori e figli. Mamma e papà, pensando di fare del bene, puntano sulle app invece di fornire gli strumenti per affrontare la vita attraverso esperienze concrete.

«La gran parte dei genitori che incontriamo fatica a concepire la pericolosità dei tablet utilizzati troppo a lungo. Quando glielo facciamo notare, relativizzano. Essendo pure loro nativi digitali, credono che sia l’iPad a dover insegnare la vita ai loro figli, che loro non abbiano più nulla da dire. Invece i bambini hanno bisogno come il pane dei «no» costruttivi dei genitori, hanno bisogno di confrontarsi con l’adulto per trovare strategie e compromessi nelle regole da seguire. Così quando si ritrovano di fronte alle difficoltà reali sanno affrontarle, senza attacchi di panico o esplosioni di aggressività».

Non saper più elaborare piani B

Giocare è sperimentare, sbagliare è necessario e utile per scoprire nuove soluzioni e variazioni delle attività. Invece se un bambino si diverte soltanto con lo smartphone, non sperimenta esperienze vere.

«Soltanto sbagliando e sperimentando nella vita reale si sviluppa la capacità di attenzione e perseveranza nel bambino, specie se lo sguardo del genitore lo sostiene con curiosità e pazienza» - spiega Paola Morini. «Invece quando le cose non funzionano subito, molti dei nostri piccoli utenti hanno reazioni di grande insofferenza; se ad esempio il pezzo del puzzle non si incastra, loro rispondono con la rabbia e lo lanciano per terra», annotano la logopedista Michela Simona e la pedagogista Susanna Genasci, ambedue parte della squadra del SEPS Sottoceneri. L’impressione delle due terapiste è che i bambini manchino di strategia «e che non siano più in grado di pensare ad un piano B in caso di difficoltà. Per loro tutto deve essere immediato e alla prima difficoltà vanno in tilt. Senza parlare del loro rapporto con i sensi come il tatto e l’olfatto, che è molto limitato».

L’esempio viene dall’alto

Come sempre, è una questione di dosi. Spetta ai genitori resistere alla tentazione di puntare sui dispositivi per tenere tranquilli i loro pargoli. Una ricerca inglese ha osservato che un bambino esposto nei primi ventiquattro mesi ad un’ora e mezzo di schermo avrà il trenta per cento di rischio in più di sviluppare a cinque anni difficoltà di socializzazione e venti volte in più degli altri di sviluppare a dieci anni un disturbo dell’attenzione e dell’apprendimento.

Le alternative ai giochi virtuali ci sono - dicono concludendo le nostre interlocutrici - lego, macchinine, bambole, matite colorate, giochi di manipolazione come la plastilina, giochi di società, palline... Insomma, i classici giochi delle generazioni passate. Inoltre non va dimenticato che l’esempio viene dall’alto: se papà e mamma passano il loro tempo guardando gli schermi dei dispositivi, i figli non possono fare altro che seguire il loro esempio».

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