Scritto per noi

Ci servirà un'orchestra perfetta per far ballare il cantone

L'allenatore del Lugano Mattia Croci-Torti ha vestito i panni dell'editorialista prima della finale
Mattia Croci-Torti
15.05.2022 06:00

C’è un momento della semifinale che tutti hanno negli occhi, la mia corsa verso un punto non preciso dopo l’ultimo rigore, quello di Celar. Una corsa istintiva, un momento di follia figlio di una partita dalle mille emozioni. Quello che invece ho io, nei miei occhi e nel mio cuore, sono i mille abbracci che si sono scatenati qualche secondo più tardi.

Dopo anni di privazioni, restrizioni e mascherine, finalmente rivedere la gente festeggiare senza «paura» è stata una sensazione piacevole, quasi nuova, un ritorno totale alla nostra normalità. E proprio questa emozione, la paura, a non esserci stata sul nostro campo da gioco, al termine della partita. È l’emozione che oggi non possiamo permetterci di avere. Dobbiamo avere il coraggio che deriva dall’enorme affetto e dal sostegno che abbiamo ricevuto nei giorni passati e da quello incredibile che la nostra gente ci darà oggi.

«Crus abbiamo venduto 5.000 mila biglietti, non male per essere il primo giorno…». «Mister, ne abbiamo già venduti quasi 7.000 mila, più dell’ultima finale». «Se battete l’YB arriviamo a 9.000…». «Wow abbiamo venduto quasi tutto il settore D, sarà un muro Bianco Nero… INCREDIBILE».

Questi sono alcuni dei messaggi che ho ricevuto dal mio amico Stefano, il quale si occupa dei biglietti nell’ufficio sopra al mio. Messaggi che, a leggerli con attenzione, mi creano brividi. L’entusiasmo che percepiamo è incredibile. Crea un ponte tra le generazioni, costruito con l’affetto del popolo bianconero. Si passa dai «selfie» che appartengono alle nuove generazioni di bambini e ragazzi, alle lettere che abbiamo ricevuto, testimonianza di un passato che torna di strettissima attualità.

Due, in particolare, quelle che a me e al Cao una lacrima l’hanno fatta scappare: sono entrambe legate alla prodezza del 1968, la Coppa vinta 2-1 al Wankdorf contro il Winterthur. La vedova del mitico Remo Pullica con la quale ho tante volte parlato di calcio, in una lettera corredata da una bellissima foto del marito ci ha trasmesso il suo sostegno, si è detta orgogliosa di noi e ci ha invitato a riportare il trofeo in Ticino. Di leggenda in leggenda, da Pullica ad Adriano Coduri. Il mitico capitano sarà rappresentato a Berna dal nipote, con addosso la maglia che il nonno indossò in quel memorabile 15 aprile 1968. Che bel gesto, altamente simbolico.

Un bellissimo messaggio anche il suo, un incitamento a riportare la Coppa a Lugano. «Per l’onore, per la maglia, per il Lugano». Firmato: il capitano. Eccole, le emozioni che desidero condividere con voi. La voglia di non deludere nessuno ci ha spinto a lavorare sempre di più, a non lasciare niente al caso. Non possiamo avere rimpianti e rimorsi.

In questo spazio di giornale che mi è stato concesso non ho voglia di scrivere cose scontate, cose banali, cose già scritte. Tutti sanno cosa bisogna dare e fare per giocare una partita come questa, non c’è bisogno che lo ripeta. Dobbiamo essere un’orchestra perfetta, ogni giocatore deve essere in grado di suonare il proprio strumento al meglio. Per ricavarne una sinfonia che incanta, spetta poi a me e al mio staff farli suonare insieme, ognuno con le proprie caratteristiche, ognuno con i propri valori. Solo così potremo fare ballare tutti…

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