In positivo

Con gonna e ramponi si arriva in alto

Nelle Ande boliviane un gruppo di indigene ayamara ha dimostrato come la determinazione può superare i pregiudizi di genere - E le vette da 6mila metri
Prisca Dindo
19.10.2025 06:00

Nelle Ande boliviane vivono alcune donne che hanno dimostrato come si possa arrivare in alto con una gonna. Sono le Cholitas Escaladoras, un gruppo di indigene ayamara che abita nei sobborghi di La Paz, a quattromila metri di altitudine. Per anni hanno accompagnato gli alpinisti stranieri fino ai campi base delle spedizioni andine. Alcune con il ruolo di cuoche, altre come semplici portatrici. 

Sempre indossando le «polleras», le tradizionali gonne larghe e variopinte, e una bombetta nera in testa. «Quando vedevamo i turisti tornare al campo base, stanchi ma felici, sognavamo di capire cosa si provasse lassù», raccontano Teodora e sua figlia Ana Lia, due trecce grosse sotto l’inconfondibile bombetta, intervistate in occasione di un festival di alpinismo in Polonia. Quel sogno, qualche anno fa, è diventato una realtà: «ne parlavamo tra noi, eravamo piene di curiosità per quelle vette che sembravano irraggiungibili. Abbiamo detto agli uomini, le guide che accompagnavano i turisti: «Vogliamo salire fin lassù anche noi». Ma loro ci hanno risposto: «Cosa volete fare con quelle gonne? Per arrivare in cima non basta una corda!». Abbiamo insistito. Ci siamo dette: perché non provarci?»

Così Teodora, Ana Lia e un manipolo di altre Cholitas Escaladoras hanno iniziato a scalare. Più che un prodezza sportiva, la loro fu una rivincita storica. Fino a pochi anni fa, le donne aymara vivevano nella discriminazione: non potevano bersi un caffè al bar oppure pranzare al ristorante. Non potevano neppure farsi un giro a Plaza Murillo, perché il cuore della capitale boliviana era loro vietata. I loro abiti tradivano umili origini, e bastavano a renderle bersaglio di angherie razziste. Ecco perché iniziarono a guardare in alto. Orgogliose della loro radici, con pollera, bombetta e ramponi, affrontarono lo Huayna Potosí, un colosso di seimila metri. «Sotto i nostri vestiti tradizionali indossavamo le tute tecniche, ma le gonne ci proteggevano dal vento» spiegano Teodora e Ana Lia. Tra mille difficoltà, raggiunsero la cima. E nulla, da allora, fu più come prima. Queste coraggiose donne erano riuscite a trasformare ciò che un tempo era simbolo di marginalità in un vessillo di libertà. «La prima scalata - raccontano le due donne - è stata un’esperienza unica. Ricordo che eravamo in undici; raggiungere la vetta è stato difficile ma affrontare la discesa è stato ancor più terribile. Terminata l’impresa, molte di noi volevano gettare la spugna ma poi ci hanno incoraggiato a scalare un’altra montagna, poi un’ altra ancora…». E così hanno fatto. Alla fine, sei «Cholidas Escaladoras» riuscirono addirittura a conquistare l’Aconcagua, la vetta più alta delle Americhe. Un’impresa senza precedenti.

«Ci hanno detto che siamo state le prime donne indigene a scalarla», ha dichiarato una di loro. «E lo abbiamo fatto vestendo la pollera, simbolo delle nostre radici culturali di cui siamo orgogliose». Ora guardano ancora più in alto: sognano l’Everest, la montagna più alta del mondo. È una sfida immensa. Ma mentre lanciano campagne di raccolta fondi e ricevono sostegno da organizzazioni internazionali, le Cholitas Escaladoras continuano ad allenarsi, determinate. Chissà che un giorno non vedremo anche lassù, sul tetto del mondo, le loro gonne colorate danzare nel vento in nome della libertà.

In questo articolo: