Attualità

Docenti (loro malgrado) a scuola di burocrazia

Nella scuola dell'obbligo si lamentano per le troppe ore impiegate a completare moduli e schede
© CdT / Chiara Zocchetti
Giorgia Cimma Sommaruga
05.03.2023 09:14

Negli ultimi anni - sempre più - docenti e direttori della scuola dell’obbligo sono confrontati con un aumento degli oneri burocratici. Questi, se da un lato possono considerarsi una necessità per lo svolgimento del proprio lavoro e per uniformare le pratiche sul territorio, spesso vengono avvertiti, soprattutto per la scuola dell’infanzia, un malessere diffuso, una complicazione. Quante ore - fuori dall’orario di lavoro - vengono impiegate dai docenti per compilare le schede dopo aver sostenuto i colloqui con i genitori? Quante, invece, per preparare il materiale didattico? E quante, ancora, per compilare i dossier di ogni alunno?

Report per qualsiasi cosa

«I rapporti che dobbiamo redigere sono molto dettagliati - spiega P.T., docente attiva da più di 20 anni nella scuola dell’infanzia -, molto spesso durante la settimana, terminato il lavoro, quindi dopo le ore 16, ci fermiamo per i colloqui con i genitori: questi durano anche fino alle 19, e poi dobbiamo mettere a punto i resoconti di tutto quello di cui si è discusso. Tutto tempo che viene sottratto alla preparazione delle attività per i bambini». Per una docente che lavora a tempo pieno, quindi, l’ impegno burocratico porta via mediamente 4-5 ore a settimana, «in più bisogna sommare le riunioni di sede, quelle con i colleghi, e quelle con i genitori - continua la docente che precisa con un velo di malinconia - , io «fortunatamente» non ho figli da crescere, quindi posso dedicarmi a tempo pieno al lavoro, ma so benissimo le problematiche che riscontrano le mie colleghe che hanno una famiglia».

Ma è una funzione importante

Però sebbene l’impegno di un docente non debba esprimersi solo alle ore pedagogiche in classe, tutti questi compiti aggiuntivi «non fanno altro che ridurre tempo prezioso a compiti fondamentali di questa professione - spiega ancora P.T. -, la riflessione e la preparazione didattico pedagogica». Tuttavia, secondo Raoul Ghisletta, segretario cantonale del sindacato VPOD, «quantificare il lavoro fuori dall’aula non è possibile, è una caratteristica di questa professione». Tant’è che precisa: «Le scuole dell’infanzia sono scuole dell’obbligo a tutti gli effetti, dunque compilare dossier e verbali è importantissimo. Ogni docente può organizzarsi come meglio crede nel gestire questo impegno, quella del regolarizzare questo tempo, o quantificarlo non è una richiesta sindacale, tuttavia siamo sempre disponibili qualora le associazioni degli insegnanti ce lo chiedessero, a confrontarci con il Dipartimento e con i direttori scolastici».

Impossibile il 100 per cento con figli

Inevitabilmente, «da quando sono diventata mamma ho dovuto abbassare la mia percentuale lavorativa al 50% - racconta A.R. docente e madre -, la settimana di lavoro si divide tra me e una collega, anch’essa al 50%. Noi siamo fortunate e andiamo molto d’accordo, ci dividiamo, come è giusto che sia, tutti i compiti: dalle riunioni, alla pianificazione delle attività, che spesso avviene la sera quando i bimbi dormono. Ci vuole molta organizzazione perché non è per nulla facile riuscire a conciliare tutti gli impegni». Ma questi moduli non rischiano di diventare un po’ asettici? «Io penso che - spiega P.T. - un docente che fa bene il suo lavoro sa benissimo cosa i propri allievi sono in grado o non sono in grado di fare, le loro attitudini e i loro interessi. Sicuramente è importante tenere traccia di ciò che avviene durante il loro percorso, ma snellire un po’ questi aspetti permetterebbe ai docenti di concentrarsi maggiormente sulla progettazione pedagogica».

Quanto tempo a settimana

«Inizio e fine dell’anno sono due periodi piuttosto onerosi», spiegano le docenti. E cronometro alla mano, contando classi di una ventina di bambini, una durata di circa 40 minuti a colloquio, più 20 minuti per la redazione del dossier, calcoliamo (solo a inizio e fine anno) 1 ora a bambino, 20 ore in totale.

Come in ogni professione, tuttavia, esiste infatti una parte di impegno lavorativo «grigio», dunque, non definibile. «Il lavoro dei docente è molto impegnativo checchè ne pensi la gente - spiega Ghisletta -, però è conteggiato durante 40 settimane all’anno di cui 36 in aula, e non 48 settimane come gli altri impiegati. Dunque in quel lasso di tempo, si accumulano impegni, bisogna sicuramente fare in modo che ogni docente si riesca ad organizzare nel migliore dei modi per riuscire a svolgerli senza affanno».

La mozione

Oggigiorno «il tema della conciliabilità tra lavoro e famiglia è di grande attualità e taluni chiedono una maggiore flessibilità negli orari di apertura delle scuole dell’infanzia», osserva Roberta Soldati, avvocata e deputata UDC, nella mozione cofirmata da Edo Pellegrini (UDF), Daniele Pinoja (UDC), Sergio Morisoli (UDC) e Tiziano Galeazzi (UDC) depositata questo venerdì. Soldati torna sul tema già trattato da Aron Piezzi (PLR) nel 2019, ma sceglie di concentrarsi sulle scuole dell’infanzia.

La richiesta menzionata dalla deputata, non terr ebbe conto «della grande mole di lavoro che le/i docenti delle scuole pubbliche obbligatorie dell’infanzia sono chiamati a svolgere».Infatti, precisa Roberta Soldati, «oltre al ruolo educativo e pedagogico, i docenti della scuola dell’infanzia sono confrontati con un’intensificazione delle relazioni con le famiglie degli allievi (tramite colloqui), al fine di rispondere alle crescenti esigenze di supporto in situazioni delicate che al giorno d’oggi si presentano sempre più frequentemente». Inoltre, più nello specifico la deputata fa riferimento «ad esempio l’implementazione del sistema GAGI (gestione allievi e istituti), compilazione di una modulistica infinita per ogni allievo, formulari per richieste varie, schede per ogni singolo colloquio, rapporto finale quadriennio FC (formazione continua), questionari di fine frequenza corsi FC». Poi, visto e considerato che queste attività vengono svolte dai docenti «fuori dall’orario lavorativo» precisa la deputata UDC, e se si aggiunge a ciò «il fatto che spesso arrivano delle informazioni e ordini mutevoli (dal DECS), che creano confusione a chi si trova in prima linea. Questo sovraccarico emotivo e lavorativo crea dunque ai docenti grandi frustrazioni» che invece «devono poter conoscere i loro allievi tramite il contatto umano e non attraverso aride schede o tabelle elettroniche».

La deputata, allarmata, coglie un rischio in queste imposizioni: «Il nostro Cantone rischia di trovarsi con una penuria di questi professionisti e anche questo settore sarà costretto a fare capo ai frontalieri». Così la richiesta è chiara: «Si chiede al Consiglio di Stato di eliminare e/o snellire la burocrazia a carico dei docenti della scuola dell’infanzia, al fine di rimettere al centro il loro ruolo educativo e pedagogico».

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