Ex Macello: gli SMS segreti sulle ruspe

Foto, messaggi, telefonate e SMS. Mai usciti prima. Che contribuiscono, o forse il contrario, alimentano i dubbi e le situazioni ancora poche chiare attorno ai fatti dell’ex Macello. Del resto a sottolineare come attorno alla demolizione del centro sociale di Lugano avvenuta la notte tra il 29 e il 30 maggio 2021 vi siano ancora delle carenze è stata, lo scorso mercoledì, la stessa Corte dei reclami penali, accogliendo il ricorso inoltrato dall’avvocato Costantino Castelli, patrocinatore dell’associazione Addio Lugano Bella CSOA Il Molino, contro il decreto d’abbandono pronunciato il 9 dicembre 2021 dal procuratore generale Andrea Pagani.
Abbandonare il procedimento penale è prematuro. Questo è il giudizio per certi versi inaspettato della Corte che mette una in fila alle altre tutta una serie di lacune emerse fino a oggi dall’inchiesta che hanno portato alla demolizione del dormitorio degli autogestiti. Demolizione di cui nessuno tra Municipio e Polizia si assume la responsabilità. E che, secondo Pagani, è avvenuta soltanto a causa di un claudicante passaggio di informazioni durante la concitazione degli eventi.
Ma è davvero così o la demolizione dell’intero edificio, e non soltanto del tetto e di una imprecisata parete come hanno sempre ripetuto Polizia e Municipio, era stata pianificata in anticipo? E da chi? Secondo la Corte dei reclami penali dovrà essere Pagani a scoprirlo. Perché, sempre secondo la Corte, sono ancora tanti i tasselli da ricomporre prima di mettere la parola fine all’inchiesta.
Le foto prima della demolizione
Come mai, ad esempio, l’11 maggio 2021, quindi quasi 20 giorni prima della demolizione del dormitorio, come si legge nelle carte del Tribunale, un ufficiale della Polizia comunale di Lugano, che faceva parte, assieme ad altri colleghi della Polizia cantonale, dello Stato maggiore costituito l’11 marzo 2021 per pianificare e rendere effettivo lo sgombero del centro sociale - decisione poi revocata dal Municipio di Lugano il 18 marzo 2021 - manda due foto con WhatsApp alla municipale e capo Dicastero sicurezza di Lugano, Karin Valenzano Rossi scattate con ogni probabilità lo stesso giorno in cui si vedono due persone sul tetto di un edificio dell’ex Macello? Chi ha scattato quelle foto, perché e su ordine di chi, si chiede il Tribunale, ricordando come la manifestazione del 29 maggio 2021 degli autogestiti, che porterà all’occupazione provvisoria dello stabile ex Vanoni, non era stata ancora annunciata e la decisione di sgombero era stata congelata e rinviata su consiglio della stessa Polizia in autunno. Perché c’era una sorveglianza della Polizia sull’area del centro sociale? Chi l’ha ordinata? E con quali obiettivi?, si domanda sempre le Corte.
«Vorrei guardare Hutter negli occhi»
Come mai tutte queste attenzioni a un tetto, 20 giorni prima della demolizione, quando né l’ex sindaco Marco Borradori, né Valenzano Rossi prima della notte del 29 maggio, stando a quanto hanno dichiarato loro stessi agli inquirenti, mettendosi contro il vicecomandante della Polizia cantonale, Lorenzo Hutter, che invece sostiene il contrario, avevano mai sentito parlare di ruspe o di tetti da abbattere? Eppure, sostiene Hutter, la demolizione era stata fin da subito ipotizzata perché lo sgombero sarebbe stato potenzialmente violento con l’ipotesi di persone ferite o addirittura decedute. Ipotizzata non solo dallo Stato maggiore ma anche «a livello di Dicastero immobili della Città di Lugano già il 12 marzo 2021», precisa Hutter agli inquirenti. Ipotizzata e condivisa pure con gli stessi Borradori e Valenzano Rossi in occasione di un incontro il 6 maggio 2021, sostiene sempre il vicecomandante. No, quell’informazione, quell’informazione sull’abbattimento, ribattono i due rappresentanti del Municipio non ci è mai stata data. «Vorrei guardare in faccia Hutter mentre mi dice questa cosa», sottolineava l’ex sindaco a verbale.
Gli SMS la notte delle ruspe
Quindi ci fu o non ci fu improvvisazione la notte del 29 maggio? La Corte vorrebbe saperlo anche perché fa fatica a credere che un’operazione di polizia messa in piedi in marzo e poi ripresa pochi giorni prima della manifestazione del 29 maggio non sia stata pianificata nei dettagli. Anche perché quella notte, sono le 01.14, l’ufficiale della Polizia comunale di Lugano che l’11 maggio aveva mandato il messaggio WhatsApp a Valenzano Rossi riprende in mano il telefono. Destinataria è sempre Valenzano Rossi. Questa volta è un SMS. «Tetto andato, metà», le scrive. Lei risponde con una domanda: «Quello sopra dove erano loro?», intendendo il tetto del dormitorio. Lui è veloce: «Esatto, l’unico che può essere demolito». Valenzano Rossi aggiunge: «Il resto potrebbero occuparlo». Lui però la rassicura: «Viene murato, fatto aprire Edilgruppo per materiale. Già tutto sul posto».
Liscio come l’olio. Oppure no. Perché, secondo la narrazione dominante degli eventi, il Municipio avrebbe autorizzato la Polizia a sgomberare l’ex Macello solo se la manifestazione del 29 fosse degenerata. E mai e poi mai avrebbe preso in considerazione l’idea di demolire. Il cambio di rotta, il via libera all’abbattimento del tetto e di un’imprecisata parete del dormitorio da parte della maggioranza del Municipio, sempre secondo la narrazione della vicenda ricostruita dal procuratore generale, sarebbe avvenuto solo la notte stessa su indicazione della Polizia. Per evitare una potenziale situazione di pericolo per i ri-occupanti e per gli stessi agenti.
La telefonata
Ma c’era davvero questo pericolo? A domandarselo è sempre la Corte dei reclami penali. Che parla di «carente accertamento dei fatti» per giungere a questa conclusione. Anche perché le dichiarazioni rese dagli ufficiali dello Stato maggiore divergono. Il vicecomandante Hutter dice che all’ex Vanoni verso le 23.30 circa 150/170 persone avrebbero tentato di sfondare il cordone di Polizia, mentre altre persone si trovavano già all’ex Macello. L’ufficiale della Polizia comunale, quello dei messaggi a Valenzano, riferisce che almeno 80 occupanti una volta lasciato l’ex Vanoni sarebbero tornati all’ex Macello «con spirito particolarmente battagliero teso alla rioccupazione». Salvo poi ridimensionare la sua stessa versione una volta al telefono con Valenzano Rossi alle 00.22 del 30 maggio 2021: «Gli autogestiti presso l’ex Vanoni erano una quarantina (…) un po’ agitati, ma sotto controllo».