L'intervista

«Forse Berset dovrebbe farsi da parte»

Ventiquattro anni in Consiglio nazionale, Werner Carobbio è stato tra i politici ticinesi più longevi
Andrea Stern
Andrea Stern
17.07.2022 06:00

È stato tra i politici ticinesi più longevi. Werner Carobbio ha trascorso 24 anni in Consiglio nazionale, tra il 1975 e il 1999, e poi altri 12 in Gran Consiglio, fino al 2011. Un totale di trentasei anni consecutivi di lavoro parlamentare. «Sono rimasto troppo a lungo - afferma oggi il socialista -. Ma resto scettico sui limiti ai mandati. È il politico che deve rendersi conto quando è il momento giusto di lasciare».

Signor Carobbio, perché lei è rimasto così a lungo in politica?
«Non è dipeso solo da me. Ai tempi del PSA non c’era nessuno che fosse interessato a prendere il mio posto. Mentre dopo la riunificazione con il PST c’era un problema a livello di risultati elettorali. Mi chiesero di restare per scongiurare il rischio di perdere il seggio».

Non dovette chiedere deroghe?
«No, allora il PS non aveva limiti ai mandati».

Cosa pensa di questi limiti?
«Sono scettico perché in genere provocano scontri. Non per forza tutti i politici si esauriscono dopo dodici anni. L’esperienza è anche un valore. Penso che ognuno debba capire da solo quando è il momento di dare il cambio.».

Dopo la disavventura nei cieli francesi, per Alain Berset è giunto il momento di dare il cambio?
«Sì, forse per lui sarebbe il momento di lasciare. Il problema però è con chi sostituirlo. In Consiglio federale è complicato. Il partito sceglie un sostituto ma poi è l’assemblea che deve confermarlo. I famosi episodi della Uchtenhagen e della Brunner sono lì da vedere».

Mi ricordo che quando nel 1983 il blocco borghese scelse Otto Stich al posto della candidata ufficiale Lilian Uchtenhagen, in molti nel PS volevano uscire dal Consiglio federale

Come reagì lei a quei tempi?
«Mi ricordo che quando nel 1983 il blocco borghese scelse Otto Stich al posto della candidata ufficiale Lilian Uchtenhagen, in molti nel PS volevano uscire dal Consiglio federale. Io dissi che lasciare il governo senza aver preparato un’alternativa politica sarebbe servito a poco. Ci fu un congresso, al quale noi ticinesi partecipammo in massa. Alla fine si decise di restare comunque in Consiglio federale».

Una buona decisione?
«Beh, con Otto Stich i borghesi pensavano di aver eletto qualcuno di manipolabile. Invece si rivelò un vero consigliere federale di sinistra, probabilmente ancora più di sinistra di quanto lo sarebbe stata la Uchtenhagen».

E la mancata elezione di Christiane Brunner?
«Allora i borghesi, che avevano eletto Francis Matthey al posto della Brunner, non volevano fare marcia indietro. Il partito neppure. Io andai con un paio di colleghi a Neuchâtel a convincere Matthey a rinunciare a favore di Ruth Dreifuss. Il nostro tentativo andò a buon fine».

Teme che i borghesi possano ripetersi?
«Oggi le operazioni dei borghesi contro i socialisti si sono fatte più rare. Però se Berset dovesse lasciare, è probabile che cercherebbero di sostituirlo con un verde nel tentativo di placare le mire ecologiste e nel contempo salvaguardare i propri seggi».

I verdi? Abbiamo posizioni comuni su tanti temi, ma non su tutti

Non cambierebbero gli equilibri in Consiglio federale, visto che i verdi sono uguali a voi socialisti.
«Abbiamo posizioni comuni su tanti temi, ma non su tutti. E sul sociale il PS è sicuramente più profilato».

A livello ticinese, lei è favorevole a un’alleanza tra PS e Verdi?
«Sono sicuramente favorevole a una lista comune per il Consiglio di Stato, visto che non si possono più fare le congiunzioni».

Una lista con quanti socialisti e quanti verdi?
«I verdi chiedono due posti in lista, i socialisti mi sembrano abbastanza disposti a concederglieli. Il problema è capire a chi andrà il quinto. E soprattutto chi saranno i candidati».

Se dovesse esserci Greta Gysin?
«In ogni caso sarà importante che i socialisti possano avere una candidatura forte, perché a vincere sarà il candidato che farà più voti».

Non so chi sarà, ma so che sarà importante avere un’alternativa forte alla Gysin

Chi potrebbe essere questa candidatura forte?
«Avrebbe potuto essere Mario Branda, ma lui continua a dire che preferisce concentrarsi su Bellinzona. Non so chi sarà, ma so che sarà importante avere un’alternativa forte alla Gysin».

Se vincesse la Gysin sarebbe una tragedia?
«Se il PS dovesse perdere il seggio a vantaggio dei Verdi, sicuramente si creerebbe nel partito una situazione di grossa tensione».

Cosa consiglia di fare a sua figlia Marina?
«A lei piace stare a Berna. Però il seggio al Consiglio degli Stati è tutt’altro che garantito. L’altra volta è stata eletta con 45 voti di scarto».

Quindi le consiglia di entrare in lista per il Consiglio di Stato.
«È lei che deve decidere».

Bisogna però considerare che se Marina fosse eletta in governo, sorgerebbe il problema di trovare un consigliere agli Stati transitorio

Sarebbe la candidata perfetta, per il PS.
«Bisogna però considerare che se Marina fosse eletta in governo, sorgerebbe il problema di trovare un consigliere agli Stati transitorio, che vada a Berna per pochi mesi senza alcuna certezza di essere rieletto».

Manuele Bertoli?
«Ecco, sì, potrebbe essere».

Gira e rigira, nel PS i nomi sono sempre gli stessi. Dove sono i giovani?
«Ce ne sono parecchi. Per esempio i due co-presidenti. Laura Riget è molto brava però è anche molto giovane. Preferisce aspettare e la capisco. Poi c’è Amalia Mirante, sebbene nel partito non faccia l’unanimità».

Ha ragione il sindaco di Bienne, Erich Fehr, a sostenere che il partito si è spostato a sinistra?
«C’è sempre stata una corrente più liberale nel partito. Ricordo ai miei tempi quando 101 socialisti firmarono una petizione per l’armamento atomico. Sono posizioni divergenti che a volte danno fastidio, ma che vanno gestite».

Lei è fiducioso per il futuro del PS?
«A livello svizzero vedo un futuro un po’ complicato, ci sono variabili da cantone a cantone. Ma per il Ticino sì, mi sento di essere fiducioso».