L'intervista

Giovanna Masoni: «Se si demolisce, poi non è facile ricostruire»

A colloquio con l’ex vice sindaco di Lugano, che non ha la televisione ma è stata eletta presidente della CORSI
Lugano, 3 settembre 2015 - i municipali Lorenzo Quadri e Giovanna Masoni in visita al LAC Lugano Arte e Cultura (FOTO FIORENZO MAFFI)
Andrea Stern
Andrea Stern
03.12.2023 17:30

Non è una leggenda metropolitana. È proprio vero che a casa Masoni non c’è il televisore. Dopo essere cresciuta con la compagnia del tubo catodico, Giovanna Masoni ha deciso di rinunciarvi. «Non possiedo un oggetto chiamato televisione, ma i programmi della RSI ce li ho sempre in tasca con me», spiega l’ex vice sindaco di Lugano, neoeletta presidente della Società cooperativa per la radiotelevisione svizzera di lingua italiana (SSR.CORSI).

Signora Masoni, è curioso che a difendere la tv sia stata chiamata una persona che non ha la tv.

«Mi sembra un presupposto un po’ antiquato. La rivoluzione digitale permette di fruire di tutti i programmi radiotelevisivi anche senza possedere un apparecchio in casa».

Lei come guarda la televisione?

«Io inizio la giornata ascoltando il notiziario della RSI, quindi passo alla SRF e poi alla BBC. Tutto sul cellulare o con l’iPad. Allo stesso modo guardo le trasmissioni televisive attraverso questi dispositivi».

Quali trasmissioni?

«Mi interessano l’informazione, gli approfondimenti, la cultura. Seguo anche le nuove trasmissioni della RSI. Ad esempio mi è piaciuta La storia infinita, è interessante ed è fatta in modo molto accessibile. Mi piace molto anche Falò».

E le televisioni private?

«Guardo TeleTicino, in particolare per quanto riguarda la politica. L’emittente privata stimola la RSI a rinnovarsi e migliorarsi. Non guardo invece le televisioni private italiane».

È abbonata a Netflix o altre piattaforme simili?

«Sono stata abbonata a Netflix. L’avevo fatto per il cinema, ma non mi entusiasmava più la scelta dei film e ho rinunciato. Ma ora che anche grandi registi hanno iniziato a collaborare con Netflix, potrei ripensarci...».

Quindi intanto guarda solo i film della RSI?

«No, nel limite del possibile vado ancora al cinema. E d’estate mi godo il festival del film».

Legge i giornali?

«Anche quelli ce li ho sempre con me. Non leggo più i giornali cartacei però li consulto regolarmente sui dispositivi elettronici».

Perché radio e tv dovrebbero essere «fondamentali per la democrazia» mentre i giornali no?

«Anche i giornali lo sono! Il pluralismo dell’informazione è importantissimo. L’ente radiotelevisivo ha un preciso mandato costituzionale che lo rende ancora più essenziale degli altri, ma tutti i media sono importanti».

Lo Stato dovrebbe sovvenzionare tutti?

«Io ritengo che il mondo dell’informazione, come quello della cultura, abbia una funzione molto importante nello sviluppo della società. Quindi in generale sono favorevole agli aiuti, li considero degli investimenti. Penso però anche che questa contrapposizione tra ente radiotv e media privati sia un po’ artificiale. Perché in realtà una piazza mediatica forte è nell’interesse di tutti, pubblico e privati».

Però il canone va praticamente tutto al pubblico.

«Sì, ma se si elimina un anello importante in un settore, non è che gli altri ne approfittano. Al contrario. Più si rafforzano gli anelli, più il settore in generale si rafforza».

Quindi una SSR forte giova anche ai privati?

«Sì. Come nella cultura luganese il LAC non ha indebolito le altre realtà locali ma le trascina, allo stesso modo nel mondo dell’informazione un media di riferimento come la SSR dà forza a tutto il settore».

Negli ultimi anni il canone radiotv è sceso da 451 a 335 franchi senza che nessuno si sia accorto di un calo della qualità dell’offerta. Perché un calo a 200 (con l’iniziativa) o 300 franchi (controprogetto) sarebbe così drammatico?

«Perché c’è un limite agli sforzi di risparmio, c’è un livello sotto il quale non si può scendere se si vuole continuare ad adempiere il mandato stabilito nella Costituzione federale».

Sta dicendo che la SSR è già spremuta all’osso?

«Dal 2018 la SSR ha già dovuto tagliare 100 milioni di franchi. Con la proposta del Consiglio federale cumulata al non riconoscimento del rincaro e ad altri risparmi che le vengono chiesti, vi sono sul tavolo ulteriori 350/400 milioni, un budget di 1.300 milioni. A questo punto non si tratta più di contenere i costi per migliorare l’efficienza ma di dover rinunciare a programmi e posti di lavoro».

In Francia il canone radiotv è stato abolito, in Italia ridotto da 90 a 70 euro. Perché noi dobbiamo continuare a pagare così tanto?

«La Svizzera è un unicum. Non c’è nessun altro ente radiotv che trasmette programmi equivalenti in tre o quattro lingue diverse, non c’è nessun altro che fa questo sforzo che è peculiare dell’identità svizzera. Perché noi non abbiamo una lingua comune, siamo cittadini di culture diverse che hanno deciso di stare insieme in uno Stato nazionale. Abbiamo un servizio radiotelevisivo ritagliato su questo».

Il solito discorso della coesione?

«Ma è un discorso molto importante! Per la Svizzera potrebbe essere davvero pericoloso privarsi di un ente radiotelevisivo solido che fornisce un servizio equivalente in tutte le regioni linguistiche. Senza la SSR, ogni regione potrebbe subire una spinta centrifuga verso i Paesi vicini, verso Germania, Francia e Italia».

Sarebbe la fine della Svizzera?

«Non sappiamo cosa succederebbe. Però sappiamo che la nostra appartenenza istituzionale alla Confederazione elvetica passa da uno sforzo federalista di far convivere queste diversità e di valorizzarle. La SSR è uno strumento del federalismo, a maggior ragione per la Svizzera italiana, che è economicamente e demograficamente meno forte e che beneficia più di tutti della chiave di ripartizione. Siamo sicuri di voler rinunciare a tutto ciò per risparmiare 10 centesimi al giorno oppure 30 centesimi se passasse l’iniziativa?».

Comunque qualche programma si potrebbe anche tagliare.

«Dobbiamo renderci conto che quando si demolisce qualcosa, poi non è così facile ricostruirla. Pensiamo a come è importante in questo periodo di guerre poter contare su un ente che si sforza di fornire le diverse opinioni, che cerca di permettere al cittadino di crearsi un’opinione libera e critica».

I critici della SSR sostengono che non sia neutrale, bensì schierata a sinistra.

«A destra c’è chi accusa la SSR di essere troppo di sinistra, a sinistra c’è chi sostiene sia troppo filogovernativa. Il concetto che dobbiamo ricordare è che l’ente radiotv ha il compito di favorire la libera formazione delle opinioni. Io credo che tutto sommato lo faccia bene. Può sbagliare, ma solo chi fa sbaglia. Ad ogni modo ci sono degli organismi che hanno la funzione di controllare che il mandato sia rispettato».

Come la SSR.CORSI?

«Sì, la SSR.CORSI ha delle competenze ridotte ma importanti. È chiamata a esaminare i concetti di programma dell’ente radiotv, a vegliare sull’adempimento del mandato di servizio pubblico e a preavvisare le nomine».

Perché nella SSR.CORSI ci sono tanti ex politici di PLR, PS e Centro ma nessun leghista o UDC?

«La Lega era presente nel comitato fino a pochi anni orsono, poi ha abbandonato e non ha voluto rientrare. Noi non escludiamo nessuno, spero che ritorni l’interesse tra le loro fila, come anche nell’UDC, che come partito legato all’identità svizzera dovrebbe avere a cuore le sorti dell’ente radiotelevisivo».

Al di là dell’appartenenza partitica, perché nella SSR.CORSI ci sono quasi solo ex politici?

«I politici non sono la maggioranza del Consiglio regionale. Anzi, abbiamo promosso uno sforzo per coinvolgere ancora di più la società civile. Il bello della SSR.CORSI è che è una cooperativa e ogni cittadino può parteciparvi. Suggerisco a tutti di iscriversi, ci si registra sul sito e si diventa soci a vita. Così si può contribuire a migliorare la qualità del servizio radiotv».

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