Gli oceani sono malati: e dunque, cosa si fa?

La settimana scorsa Nizza è diventata la capitale mondiale del mare per avere ospitato nella cornice del suo porto la terza Conferenza sull’Oceano delle Nazioni Unite, con la partecipazione di 55 capi di Stato e delegazioni da tutto il mondo. Il vertice, aperto dal presidente Emmanuel Macron, dal suo co-host, il presidente del Costa Rica e il segretario generale dell’ONU António Guterres, si è concluso con un Piano d’azione per la conservazione e l’uso sostenibile del mare, una roadmap per raggiungere l’obiettivo del 30% di oceano protetto entro il 2030. Tra le numerose decisioni volontarie degli Stati, l’Unione europea ha stanziato un miliardo per la ricerca scientifica, la conservazione e la pesca sostenibile. La Francia ha dichiarato la protezione integrale del mare di tutto l’arcipelago della Polinesia, suo territorio d’oltremare nel sud del Pacifico. L’Italia finanzierà con 6,5 milioni la sorveglianza della guardia costiera e la creazione di parchi marini.
La compensazione per i pescatori
La Spagna, con la creazione di 5 nuove aree marine, raggiungerà il 25% delle sue acque territoriali protette. Le isole del Portogallo al centro dell’Atlantico, le Azzorre e Madeira, sono vicine ormai al 30% e il Paese ha creato anche una politica di compensazione dei pescatori per creare un parco in Algarve. L’Indonesia ha lanciato i «blue bond» per finanziare la conservazione e la restaurazione della sua estesa e stupenda barriera corallina. Qualcosa si muove, e la conferenza ha dato un impulso dinamico per mettere tutti intorno a un tavolo, perché solo il dialogo e la discussione sono il punto di partenza per trovare soluzioni. I temi multilaterali infatti sono i più controversi. Il più scottante è stato il cosiddetto BBNJ, il trattato sulle acque internazionali, l’alto mare che costituisce una porzione importante di oceano al di fuori della giurisdizione degli Stati nazionali ed è un vero Far West di pirateria e illegalità.
La pesca a strascico sta mettendo a rischio la biodiversità dell’oceano profondo, che ha anche una grande importanza geostrategica e deve essere contrastata con il diritto internazionale, ora inesistente. La ratifica dell’accordo è stata raggiunta da 50 stati più l’Europa e attende di raggiungere il totale di 60 per entrare in vigore in modo vincolante, si spera entro settembre. La moratoria sull’estrazione mineraria in profondità alla ricerca dei noduli ricchi di terre rare è l’altro tema critico. Non si tratta di un divieto, ma di uno stand by che dia precedenza all’esplorazione scientifica per verificarne l’impatto sugli ecosistemi e l’inquinamento delle acque che con le correnti sottomarine circolano in tutto il mondo.
Paletti allo sfruttamento
L’idea-guida è che non si può sfruttare un fondale prima di conoscerlo. «I fondali dell’oceano non sono in vendita», ha affermato il presidente francese Macron. Per dare la parola alla scienza prima che alla politica, anche il Principato di Monaco ha ospitato un evento inedito la settimana prima del vertice. Al Museo Oceanografico si è svolto «One Ocean Science», un simposio di scienziati che ha stilato una lista di temi di discussione e di raccomandazioni da proporre ai politici e diplomatici riuniti a Nizza. Tra loro c’era anche la pioniera dell’esplorazione oceanografica Sylvia Earle, che ha appena festeggiato i 90 anni.
Blue Economy non è un lusso
Ancora a Monaco si è svolto il Forum sulla Blue Economy, un convegno finanziario che ha raccolto 25 miliardi di investimenti, con la promessa di altri 8,7 da erogare nei prossimi 5 anni, per accelerare la transizione ecologica dell’oceano, come l’elettrificazione dei porti e la decarbonizzazione del trasporto marittimo. Il messaggio che è finalmente passato a Nizza è che la Blue Economy non è un lusso, ma una necessità economica, che comporta delle scelte in equilibrio tra ecologia ed economia, perché siano efficacemente sostenibili. Su iniziativa del sindaco Nizza Christian Estrosi si è riunita anche la Coalizione delle città e regioni costiere, da lui presieduta. Questa manterrà un segretariato generale permanente proprio a Nizza, con la missione di attivare misure concrete contro l’erosione delle coste e l’innalzamento del livello del mare, conseguenza del riscaldamento climatico. Ma la star delle novità tecnologiche in mostra alla «Balena», al Palazzo delle Esposizioni, di Nizza, è la dimostrazione strepitosa del Twin Digital Ocean, una replica digitale dell’oceano, realizzata dall’azienda francese Mercator, alla cui governance partecipano 12 Stati europei.
I dati con il satellite
Il progetto, che sarà operativo nel 2027, utilizza modelli matematici per le previsioni sull’ambiente marittimo, integrando le informazioni delle sue boe di superficie e in profondità e delle navi di ricerca oceanografica con i dati raccolti dai satelliti, lavorando in sinergia con il sistema europeo di osservazione marittima Copernicus. È in grado di fare proiezioni sulla fisica e chimica del mare come la salinità, la temperatura, la quantità di CO2 accumulata, così come di incrociare le rotte migratorie delle tartarughe con le rotte della pesca per prevenire il bycatch. Una meraviglia dell’innovazione tecnologica europea .La città di Nizza e la Costa Azzurra hanno vissuto una prima metà di giugno molto intensa di eventi, cocktail, incontri con il pubblico e visite di numerose scolaresche alla «Balena», con installazioni e attività mirate per bambini e studenti. Infatti il senso del vertice consiste nell’ idea che per proteggere il mare bisogna prima conoscerlo.
Sapevate che è l’oceano a rendere il nostro pianeta unico nell’universo che conosciamo finora? E che il 60% del volume della Terra è dato dagli abissi profondi oltre -4000 metri?