Chiesa

I cristiani dell'India nel mirino di Modi

«Usano la religione per privarci dei diritti» spiega don George Kerketta, che vanta alcune esperienze in Vallemaggia e a Muralto
Don Kerketta davanti alla Chiesa parrocchiale di San Maurzio Martire. ©Ti-Press / Francesca Agosta
Andrea Stern
Andrea Stern
23.07.2023 06:00

La giovane suora è stata arrestata in giugno, mentre partecipava a una messa di ringraziamento per la sua prima professione religiosa. La polizia, allertata da alcuni integralisti indù, è intervenuta in forze alla cerimonia, ha interrogato tutti i presenti e prelevato suor Bibha Kerketta, sua madre e altre tre persone, con l’accusa di aver offeso le divinità indù.

In precedenza, sempre nella regione indiana del Jharkhand, un parroco era finito in manette durante la festa per un’ordinazione sacerdotale, con l’accusa di aver messo in tavola carne di mucca, animale sacro nell’induismo.

«Questi sono episodi tipici delle pressioni e delle persecuzioni che subiscono i cristiani nella mia regione di origine», spiega don George Kerketta, che dopo alcune esperienze in Vallemaggia e a Muralto è stato recentemente richiamato dall’India per assumere la guida della parrocchia di Solduno.

Le tribù indigene

Guarda caso, don Kerketta porta lo stesso cognome della suora arrestata. «Ma non siamo parenti - precisa -. Il fatto è che tra le tribù indigene indiane, i cosiddetti adivasi, esistono solamente 9 cognomi. Dunque siamo in decine di migliaia a chiamarci allo stesso modo».

Risolta questa curiosità, don Kerketta si addentra nei motivi per cui proprio ora, dopo un secolo e mezzo di pacifica coesistenza, i cristiani sono finiti nel mirino degli integralisti indù, supportati dal governo.

«Gli adivasi sono i popoli aborigeni dell’India, i primi che l’hanno resa coltivabile e abitabile - spiega -. In quanto tali, sono tutelati dalla Costituzione. In particolare, una clausola prevede che nessuno possa acquistare i loro terreni. È un diritto pensato per proteggere il loro spazio vitale. Ma si sta rivelando un grande ostacolo per i piani di modernizzazione portati avanti dal governo di Narendra Modi, che vorrebbe prendere questi terreni e venderli agli industriali o ai grandi proprietari terrieri».

La scoperta del cristianesimo

Qui entra in gioco il cristianesimo, religione approdata in India nel XIX secolo con i missionari cattolici ed evangelici. «Gli adivasi sono sempre stati gente di comunità, hanno sempre avuto rituali che possono essere considerati molto vicini alla cultura ebraica - dice don Kerketta -. Quando hanno scoperto il cristianesimo si sono subito sentiti a casa. Si sono riconosciuti in una religione che rispecchia perfettamente il loro modo di vivere. La grande maggioranza di loro si è convertita».

Ancora oggi nel Jharkhand, come in altre regioni limitrofe, il cristianesimo è vissuto pienamente. «Tutti partecipano alla messa domenicale - spiega don Kerketta -, ci sono ogni volta centinaia e centinaia di persone, la chiesa è piena persino per la messa delle 6 del mattino». Abbondano inoltre le vocazioni, alcune delle quali conducono all’estero, come nel caso di don Kerketta, degli altri sacerdoti e soprattutto delle numerose suore adivasi che operano in Ticino.

I terreni contesi

Ma questa comunità viva si trova sempre più spesso confrontata con le pressioni e le angherie di un governo che vorrebbe estendere il dominio dell’induismo all’intera nazione e soprattutto vorrebbe appropriarsi delle terre degli aborigeni. «Stanno cercando di trasformare gli adivasi in vanvasi - afferma don Kerketta -. È solo un cambio di denominazione, che però comporta l’estinzione del diritto alle proprie terre».

In particolare, il governo vuole fare in modo che i cristiani non possano più essere considerati adivasi. «Stanno usando la religione - osserva don Kerketta -, per dividere la nostra popolazione e privarla dei suoi diritti. È un attacco indiretto al cristianesimo dettato da fini economici».

Non che i cristiani siano più ricchi degli altri, anzi. «Siamo semplici contadini - spiega don Kerketta -, coltiviamo riso, verdure, lenticchie, quello che serve per la nostra sussistenza. È un’economia semplice, senza grandi strumenti tecnologici. Però se ci dovessero togliere i terreni, saremmo in grandissime difficoltà».

I cristiani del Jharkhand confidano in Dio. Ma sono coscienti di trovarsi in una situazione delicata. «Ai fedeli ticinesi vorrei chiedere una sola cosa - conclude don Kerketta -.Di sostenere questa popolazione con la preghiera».

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