Ticino

I «discendenti» di Hermann Hesse

Alla scoperta della comunità tedesca che ha radici solide nel cantone dopo essere sbarcata in Ticino già agli inizi del Novecento
L’ingresso del Museo Hermann Hesse a Montagnola. (CdT/Archivio)
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
14.04.2024 06:00

Quasi tremila persone. Tanti sono i cittadini tedeschi che abitano in Ticino. Una comunità folta - è il terzo gruppo straniero più numeroso del cantone dopo italiani e portoghesi - che però non salta subito all’occhio. Nonostante non sia affatto di passaggio. Anzi. Ha radici che risalgono all’inizio del Novecento. Come testimonia l’esperienza del Monte Verità di Ascona, dove nel 1902 un manipolo di giovani provenienti da Monaco di Baviera, tra i quali la pianista Ida Hofmann, Henri Oedenkofen e i due fratelli Karl e Arthur Gräser, ha dato vita a un modello alternativo di società. Radici che negli anni hanno dato altri frutti. Se è vero come è vero che più di cento anni dopo la presenza tedesca è ancora viva. Anche se diversa. Come diversa è la società di oggi.

«Quarant’anni fa il mondo era differente da quello che conosciamo oggi, non c’era la televisione, i giornali tedeschi arrivavano in ritardo di uno o due giorni, così tra i miei connazionali è nato il desiderio di incontrarsi», spiega Holger Fox che fino a un mese fa ha presieduto il Deutscher Club Tessin, un’associazione nata nel 1982 proprio per fare rete, creare momenti di aggregazione per i molti tedeschi presenti in Ticino.

Quattro decenni dopo il desiderio è ancora lo stesso. Come dimostrano gli oltre 200 aderenti. Che però sono un po’ in là con gli anni. «L’età media è tra i 70 e gli ‘80», precisa Fox, che ha già soffiato su 85 candeline. «Qualche giovane c’è. Ma non tanti. Ecco perché vorrei approfittarne per dire a tutti quelli che amano la lingua tedesca di farsi avanti». L’associazione è infatti aperta a tutti. «Non è il passaporto a caratterizzarci. Ma la lingua di Goethe», sottolinea l’ex presidente. Che ha gettato la spugna dopo 10 anni. «A 85 anni era giunto il momento di passare la mano».

Un’associazione per stare assieme. Per condividere momenti di riflessione, ma anche di festa. È questa oggi la missione del Deutscher Club Tessin,che organizza aperitivi, cene, visite culturali, passeggiate, viaggi, gruppi di lettura, tornei di scacchi e di golf e anche feste. «Una d’estate e una per Natale», precisa Fox.

E così, mentre la presenza tedesca ha cominciato a mettere radici in Ticino a inizio Novecento e ha continuato a germogliare - nei primi decenni del secolo scorso un altro tedesco, Max Emden, commerciante di Amburgo, arriva nel cantone per acquistare le Isole di Brissago, che rimarranno sue fino al 1941 - e a crescere d’importanza - si pensi allo scrittore Hermann Hesse che si trasferisce a Montagnola per rimanerci fino alla morte avvenuta nel 1962 - con il passare degli anni la presenza tedesca non se n’è più andata. Anzi. Ha cambiato forma, adattandosi ai tempi.

Dal freddo di Monaco al sole di Locarno

Ad approdare in Ticino agli inizi degli anni ‘80 è stato ad esempio anche un calciatore del Monaco 1860. Che non se n’è più andato, Paul Schönwetter. «Il Ticino è la mia seconda patria», ammette l’ex centrocampista, che oggi lavora per il Team Ticino. «Quando sono arrivato in Piazza Grande a Locarno nell’inverno del 1984 e ho visto le persone che andavano in giro in maglione non ci ho pensato un attimo e ho accettato l’offerta delle Bianche Casacche».

A Monaco nevicava e faceva freddo. Ma non solo. «Il club era in crisi e così quando è arrivata l’offerta dal FC Locarno ho accettato, pensando che un’esperienza all’estero potesse farmi bene». Schönwetter ha lasciato il clima rigido del Nord Europa a 26 anni e non è più tornato. «Dal primo giorno mi sono subito dato da fare per imparare la lingua. In inverno, del resto, quando sono arrivato, non c’era nessuno con cui parlare tedesco, neanche un turista». Schönwetter gioca a calcio, impara l’italiano e piano piano mette radici. «Oggi mi sento quasi più ticinese di molti ticinesi», afferma sorridendo.

Anche Gerhard Lob, giornalista nato a Karlsruhe, ha messo radici, dopo essersi sposato con una ticinese e aver iniziato a lavorare per la Tessiner Zeitung a inizio anni ‘90. «Ho passato la prima metà della mia vita nella Germania Ovest - racconta - la seconda metà in Ticino e a volte quando ritorno regolarmente in Germania ho l’impressione di trovarmi in un paese che non riconosco». Anche Lob non ha avuto alcun problema di integrazione. «La mia impressione è che noi tedeschi nei confronti dei ticinesi abbiamo un vantaggio rispetto agli svizzero tedeschi. Parliamo infatti la lingua che insegnano a scuola e questo fa una grande differenza rispetto allo schwyzerdütsch». (11 - continua)

In questo articolo: