«I nostri motoscafi sono le Ferrari del lago»

Da queste parti, in questa sponda del lago di Como, tra pontili e cantieri navali, ogni volta che dall’acqua sentono arrivare un fischio prolungato che poi diventa un rombare rabbioso man mano che aumenta la velocità, scrollano le spalle. Sono abituati. Sanno già che quel suono giunge da un potente motoscafo, sanno già che si sta provando un «bolide» ordinato da qualcuno che ama le sfide e la velocità. Perché qui è nata la motonautica italiana da corsa. Qui ha lavorato prima Guido Abbate, poi suo figlio Tullio Senior e ora suo nipote Tullio Junior. Famiglia di maestri d’ascia diventati produttori di scafi che hanno vinto gare su gare del «Circo blu». Oggi il protagonista di questa storia è un ragazzo pacato che siede dietro una scrivania negli uffici sul lago a Tremezzina, fra coppe, medaglie, tute da gara, e una infinità di fotografie che attraversano non soltanto le principali tappe dell’offshore internazionale, ma anche conquistate tecnologiche e grandi intuizioni.
Richieste da tutto il mondo
«La nostra famiglia costruisce barche dal 1875. Da tre generazioni. Da noi lavorano i nipoti degli operai di mio nonno, da mio padre lavoravano i padri dei nostri attuali dipendenti», racconta Tullio Abbate Junior, 43 anni, che con la moglie Greta ha raccolto il testimone dal padre scomparso nel 2020 a 75 anni. In queste stanze il telefono continua squillare, perché arrivano da tutto il mondo le richieste più incredibili. «Abbiamo un magazzino con 60 anni di storia, possediamo ricambi di ogni genere», spiega Tullio Abbate dopo aver detto a un pilota che telefona dall’altra parte del mondo di pazientare: «Richiamo tra un po’».
Guido Abbate, il capostipite, era un abile maestro d’ascia, non solo sapeva abilmente fabbricare uno scafo ma si accorgeva subito dal rumore se un motore non era perfettamente sistemato, se era pizzato più avanti o più indietro. Da queste parti «il Guido» lo ricordano bene, perché aveva avuto il coraggio di prendere il motore Alfa Romeo di una leggenda dell’automobilismo come Juan Manuel Fangio e metterlo su un motoscafo, il Laura, che poi batterà un record di velocità. «Mio nonno era un uomo senza compromessi e quando mio padre tornò da Parigi dove per la prima volta aveva visto uno scafo in vetroresina dicendogli che voleva farne uno così, lo prese per matto». Eppure, quell’intuizione ha rappresentato un salto di qualità, un guizzo in avanti che ha segnato un nuovo capitolo della storia della famiglia Abbate.
La moderna plastica rinforzata
La svolta l’ha racconta Tullio Senior in un libro che ripercorre la sua storia: «Nel 1963 in tutta segretezza realizzai uno scafo in compensato marino. Questo scafo da corsa, dipinto di rosso e bianco e col numero di corsa «5» scandalizzò i vari costruttori, soprattutto papà. Guido si affrettò a disconoscere la paternità di questa barca che battezzò «cassetta dei garofani, frutto della mente bacata di mio figlio». Mi presentai al via della Centomiglia, iscritto nella categoria Runabout E5 e col mio incredibile scafo superai l’agguerrita schiera di avversari aggiudicandomi la vittoria alla media di 99 km/h. Vinsi davanti a tutti i più grandi campioni del momento, e felicemente mi fu affidato il numero 5, che da quel momento divenne il mio porta fortuna».
E così nel 1975 Tullio rilevò il cantiere navale di suo padre a Tremezzo, introducendo l’uso della moderna plastica rinforzata con fibra di vetro che consentiva di produrre motoscafi più leggeri e dunque più veloci. Con quei bolidi e il numero cinque impresso sullo scafo e sulla tuta, Tullio Abbate ha vinto - la prima volta a sedici anni - tutto quello che si poteva vincere negli anni d’oro della motonautica, da Cannes a Montecarlo, sino ai paesi arabi, registrando il record di oltre 223 km/h. Ma soprattutto ha fatto crescere enormemente il suo marchio. I motoscafi Tullio Abbate (sino a oggi sono state prodotte oltre 9000 barche) sono diventati le Ferrari del mare e del lago, le hanno pilotate personaggi leggendari come Gilles Villeneuve, Ayrton Senna, Michael Schumacher, Niki Lauda, Keke Rosberg e Riccardo Patrese e altri campioni dello sport. Tutti personaggi che hanno contribuito a «migliorare i miei scafi e diventare leader sul mercato mondiale». Leader che ha saputo creare modelli per ospitare motori di ogni tipo: Aifo, Isotta Fraschini, Maserati, Ferrari, Alfa Romeo, Mercury e Lamborghini. Non solo potenza, tenuta, ma anche eleganza e stile. Già perché Abbate con l’Exception 70’, motoryacht di 21 metri per crociere d’altomare, ha iniziato una collaborazione uno dei più grandi maestri del design automobilistico: Giorgetto Giugiaro.
«Non ci interessa produrre in serie»
«Ogni barca ha una sua storia. Noi - racconta Tullio Abbate Junior - non abbiamo mai abbandonato la nostra filosofia di fondo, che è quella di produrre barche sportive, veloci, affidabili e robuste. E per farlo quando progettiamo cerchiamo di capire la reale portata dello scafo, perché le prestazioni nel banco prova o nei simulatori in cantiere non sono mai uguali rispetto a quando si fa la prova in acqua, è il limite fra la teoria e la pratica». I modelli Tullio Abbate negli anni hanno mantenuto una loro coerenza. «Noi facciamo scafi come se fossimo sarti specializzati, con grandi tessuti, tagli eleganti e sapienti, cuciture dove emerge tutta la nostra cultura. Noi siamo artigiani, non ci interessa produrre in serie: le nostre barche sono cucite addosso ai proprietari in un equilibrio fra peso e potenza. Ma questo non vuol dire restare fermi. Oggi sfruttiamo tutte le potenzialità della domotica negli scafi, dell’intelligenza artificiale, con il telefonino il proprietario può controllare la barca da remoto. Il nostro mercato? In tutto il mondo, vendiamo parecchio a Venezia, in Spagna alle Baleari, ma anche in Svizzera, vendiamo bene a Lugano, Lucerna e Ginevra».
Ma la sintesi dell’esperienza, della professionalità e della creatività di Tullio Abbate è probabilmente il Senna Off-Shore 42. Modello nato dall’amicizia tra il costruttore navale e l’indimenticabile campione brasiliano. I due si erano incontrati nel 1993 a Montecarlo, in occasione del Gran Premio. Senna aveva provato più volte gli scafi di Abbate, e voleva una barca «degna di entrare in quella élite di prodotti che Senna aveva cominciato a firmare per uno scopo umanitario: aiutare i bambini poveri del suo paese, il Brasile, e di tutto il mondo». Abbate s’era preso a cuore il progetto e aveva curato personalmente ogni fase in accordo con l’Ayrton Senna Licensing, che fa capo alla famiglia di Ayrton, e con l’Ayrton Senna Foundation, di cui è presidente la sorella Viviane Senna Lalli. E il modello era uscito anche dopo la scomparsa di Senna.Ma non è stata tutta sorrisi la storia degli Abbate. Ci sono stati anche momenti di profonda crisi. Come la tragica morte, del 1990, di Stefano Casiraghi. «Spense in me tutto l’entusiasmo che avevo per le gare», ha ricordato nelle sue memorie Tullio Abbate Senior: «Avevo il progetto di un trimarano completamente rivoluzionario costruito con compositi di ultima generazione con l’aiuto del pluri iridato Guido Cappellini, che per questo non vide mai l’acqua». Poi il «circo blu», quello che viaggia sull’acqua, tra laghi e mare aperto, dagli anni Ottanta in poi ha cominciato a perdere sponsor e attenzione. Ma le Tullio Abbate resistono e disegnano ancora «i ghirigori sopra l’acqua e la mia firma sopra l’onda, con la barca che si impenna, con la barca che dondola», come canta Davide Van De Sfroos nel suo brano «Il costruttore di motoscafi», dedicato a Guido Abbate e che ha suonato il giorno in cui è scomparso Tullio Abbate. «Lui - spiega Tullio Abbate Junior - è nato qui vicino, a pochi metri dal nostro cantiere, immerso in questo lago, respirando quest’aria, sentendo questi odori e il rombo dei nostri motori». Già, forse la sintesi di questa storia l’ha scritta forse proprio Van De Sfroos: «La vita gira finché gira l’elica».