Cibo&Vino

I vini svizzeri e quella carenza di reputazione

A Lugano si potrà degustare un immenso tesoro che raccoglie anche annate introvabili da tempo
Andreas Keller, Susi Scholl, Martin Kilchmann e Stefan Keller, fondatori di Mdvs.
Tarcisio Bullo
Tarcisio Bullo
16.04.2023 09:10

L’idea parte da quattro giornalisti con la passione del vino: Andreas Keller, Stefan Keller, Martin Kilchmann e Susanne Scholl. Come tutti i conoscitori della materia, sanno che l’aristrocrazia dei vini è composta da quei nettari che dimostrano una grande capacità di invecchiamento e si rendono conto che, da questo punto di vista, la produzione svizzera soffre di una carenza di reputazione.

«Dobbiamo tornare indietro fino al 2002 - racconta Andreas Keller - quando in generale si riteneva che i vini prodotti nel nostro Paese fossero da bere giovani, perché poco adatti all’invecchiamento. Evidentemente un pregiudizio, ma occorreva dimostrarlo». Così il quartetto parte lancia in resta e fonda il «Club Mémoire des Vins Suisses» che due anni più tardi si trasformerà in associazione.

«Abbiamo selezionato dei vini di produttori elvetici di punta, gettando le basi per costituire un «tesoro» che potesse fungere da memoria. L’idea era quella di osservarne l’evoluzione nel tempo, con delle degustazioni mirate e coinvolgendo esperti del settore, l’obiettivo finale era invece di dimostrare che anche la Svizzera possiede grandi vini che possono invecchiare, evolversi e assicurare così nel tempo una grande qualità» dice ancora Andreas Keller.

Va anche sottolineato che l’iniziativa è davvero unica: normalmente, il produttore cerca di consegnare al mercato la sua produzione il più presto possibile per evidenti ragioni economiche; i promotori della Mémoire mettono al riparo ogni anno 60 bottiglie di determinati produttori considerati meritevoli per prolungarne l’esistenza e dimostrarne le capacità di invecchiamento. Un lavoro che favorisce la reputazione di tutta la produzione svizzera nel concerto internazionale e ha saputo catturare l’interesse dei produttori e di tutta la filiera della viticoltura, consapevole del fatto che la reputazione di un vino nasce per l’appunto dalle sue capacità di invecchiamento.

Oggi la Mémoire custodisce un tesoro composto da quasi 30.000 bottiglie, alcune delle quali vecchie di vent’anni e ormai introvabili, firmate da una sessantina di produttori elvetici scelti sulla base della loro importanza sul territorio, della qualità dei loro vini e del loro impegno nella promozione della produzione svizzera. Le bottiglie sono conservate a Herzogenbuchsee in un deposito che garantisce delle condizioni di conservazione ottimali, ma - stando al nostro interlocutore - non ha nulla di spettacolare per cui non è accessibile al pubblico.

A Lugano una grande degustazione

Una volta all’anno, la Mémoire des Vins Suisses apre le porte della sua collezione straordinaria di vini e organizza delle degustazioni: quest’anno, a dieci anni dalla presentazione avvenuta nella cornice di Castelgrande a Bellinzona nel 2013, si torna in Ticino e precisamente a Lugano nella splendida cornice del LAC, dove venerdì 21 aprile dalle 15 alle 19 ci sarà una degustazione aperta al pubblico (a pagamento). Il Ticino è ben rappresentato nella Mémoire, con otto produttori e altrettanti vini: Gialdi è presente con il suo Sassi Grossi, l’Azienda Mondò con la Bondola del Nonu Mario, Hubervini con Montagna Magica, Zündel Azienda Agricola SA con Orizzonte, Kopp von der Crone Visini con Balin, la Tenuta Castello di Morcote col Castello di Morcote riserva, Agriloro SA con Sottobosco e la Tenuta Vitivinicola Trapletti SA con il suo Nebbiolo.

«Il Ticino è molto presente perché il suo Merlot ha un buon potenziale di invecchiamento, il che non è sorprendente conoscendo le qualità di questo vitigno bordolese e la sua capacità di resistere nel tempo» annota ancora Andreas Keller, il quale ci confessa come sia rimasto sorpreso dal buon invecchiamento dei vini ottenuti col vitigno Chasselas. «Dalla nostra esperienza possiamo affermare che i bianchi si conservano addirittura meglio dei rossi, questo sicuramente grazie alla loro spiccata acidità, che rappresenta la colonna vertebrale del vino. Dello Chasselas si è sempre detto che era un vino da bere nel corso dell’anno successivo alla vendemmia. Sbagliato: abbiamo apprezzato dei vini fatti con questo vitigno che si sono conservati alla grande anche dopo 18-20 anni!».

La Mémoire apre le bottiglie di una determinata annata ogni tre anni, la degustazione avviene coinvolgendo un gruppo di esperti, ogni cambiamento del vino viene registrato e così, nel tempo, ecco che viene a crearsi una documentazione importante, a disposizione dei produttori, di chi opera nel campo della vendita e della ristorazione e, in definitiva, di chi possiede del vino in cantina.

«Il nostro è un lavoro un po’ folle, che a volte non è compreso a fondo nemmeno dai produttori. Ma se riusciamo a documentare che il vino svizzero ha buone potenzialità di invecchiamento, il suo valore di mercato cresce e in definitiva favoriamo le sorti di tutti coloro che operano nel settore» dice Keller, il quale aggiunge: «In Svizzera a livello di qualità non ci manca nulla, manca solo la quantità e per questo i nostri vini non possono fare concorrenza alla grande produzione internazionale, anche se qualche soddisfazione a livello di mercato possiamo prendercela».

Per averne una prova, basta venire a Lugano il 21 aprile.

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