Tecnologia

IA, un impatto dirompente: «Ma l'uomo deve rimanere al centro»

Calcola, scrive, canta, in futuro potrebbe anche governare? - A colloquio con Pietro Veragouth (Sidi)
©Gabriele Putzu
Marco Ortelli
21.09.2025 13:00

Le minacce e le opportunità date dall’intelligenza artificiale IA sono note. Tra le prime si possono annoverare la creazione e diffusione di testi, immagini e video falsi, la perdita di posti di lavoro automatizzabili, bias e discriminazioni - gli algoritmi possono riflettere o amplificare pregiudizi presenti nei dati -, il rischio di impieghi militari incontrollabili, dipendenza e perdita di controllo per via di sistemi troppo complessi da comprendere dall’intelligenza umana e quindi da governare, la raccolta massiva di dati sensibili e possibilità di sorveglianza invasiva. Sul fronte delle luci, le opportunità date dall’IA già riguardano settori come la sanità, l’ambiente, l’industria, l’educazione, la creatività (canta anche) e la ricerca scientifica.

Invito alla consapevolezza

Per illuminarci su alcuni di questi aspetti teorici e pratici dell’IA - considerata dagli esperti come l’innovazione più potente con cui l’umanità si sia mai confrontata e quindi classificata come una super-disruption, molto più dirompente del nucleare - incontriamo Pietro Veragouth, fondatore e direttore dello Swiss Institute for Disruptive Innovation (Sidi), istituto con sede a Lugano, operativo da oltre dieci anni. «La missione del Sidi - spiega il nostro interlocutore - è quella di analizzare e individuare in anticipo le innovazioni, le tecnologie e gli agenti con il potenziale per sconvolgere, distruggere oppure creare nuovi mercati, e avere un impatto profondo sulla società. L’obiettivo è quello di prevedere gli scenari più probabili nei quali ci troveremo a vivere e lavorare nel futuro». Pietro Veragouth evidenzia quella che considera una responsabilità per tutti coloro che si occupano di IA: far comprendere tanto gli aspetti positivi quanto quelli negativi. «Tutti gli esperti, compresi quelli che l’IA l’hanno creata e la stanno sviluppando, collocano tra il 20 e il 50% la probabilità che l’IA rappresenti una minaccia esistenziale. Un dato che mi pare sufficiente per dare l’idea della gravità della situazione». Da qui lo sconcerto del direttore del Sidi, dato dall’evoluzione dell’IA che sarebbe inversamente proporzionale alla consapevolezza della società di fronte alla sua forza dirompente. «È come se la società, dopo un momento di stupore e preoccupazione avesse scrollato le spalle a quella che potrebbe essere la più grande sfida della nostra epoca. Il passaggio dall’allarmismo all’apatia è forse più pericoloso della tecnologia stessa». Da qui la necessità di lavorare «affinché le persone ne diventino più consapevoli». Anche perché già ci tocca - chi è senza ChatGPT scagli il suo primo obsoleto smartphone - e toccherà tutti.

Scopri la tua «obsolescenza professionale»

Basti pensare a una delle minacce elencate all’inizio, la perdita di posti di lavoro. «A scopo di ricerca, abbiamo sviluppato un’applicazione che in pochi giorni è in grado di apprendere e sostituire completamente una persona che opera al computer, un/a contabile, un/a segretario/a, eccetera pubblicando un articolo scientifico per mettere in guardia sulla facilità con cui l’IA può rimpiazzare operatori con competenze specifiche». Apriamo una parentesi. Volete sapere se la vostra professione - se state lavorando - è a rischio obsolescenza nei prossimi 3, 5 e 10 anni? Il link analisi.relevance.center vi riporta a un’analisi gratuita implementata da un dipartimento del Sidi, il Centro per la Rilevanza (info: www.relevance.center). «Le proiezioni più autorevoli sono abbastanza allarmanti - prosegue Veragouth -, indicano che entro cinque anni l’AI potrebbe sostituire centinaia di milioni di impieghi a livello globale, non tanto come si pensava i lavori di bassa specializzazione, quanto piuttosto quelli dei cosiddetti «colletti bianchi», perché le IA eccellono proprio nelle attività cognitive che richiedono analisi, elaborazione di dati e comunicazione, il cuore del lavoro d’ufficio». Da qui la decisione del Sidi di creare il sopracitato Centro per la Rilevanza che ha quale intento: «Mantenere la centralità del valore umano sviluppando strategie concrete per guidare individui, aziende e istituzioni attraverso questa transizione epocale - aiutandoli sia a identificare nuove direzioni di crescita sia, se necessario, a reinventarsi - e lavorare per anticipare e plasmare il futuro del lavoro stesso».

Ma al centro l’uomo non è detto che continuerà a esserlo, se è vero come è vero che i «cervelloni» che reggono le sorti dello sviluppo dell’IA, dagli Stati Uniti alla Cina, stanno lavorando alla realizzazione di una Super Intelligenza, «nella prima fase l’intelligenza artificiale generale (AGI), in grado di eguagliare le capacità di tutte le persone sulla terra e di autoapprendere, e questo si prevede già entro il 2030», osserva Veragouth.

Lo scenario che si configura è variegato: «addomesticare» l’IA, ma nessuno ha idea di come ciò possa essere fatto concretamente. Metterla a tacere staccando la spina, (ma è una soluzione impraticabile, perché l’AI è una tecnologia distribuita), soccombere all’IA che guiderà se non dominerà le nostre vite oppure, conclude Pietro Veragouth, «sviluppare una simbiosi uomo-macchina che ci permetta di evolvere insieme ad essa. Stiamo esplorando la possibilità di una fusione graduale tra intelligenza umana e artificiale. Fantascienza distopica? No, strategia di sopravvivenza della nostra specie».

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