Società

Il cocktail del futuro

A tu per tu con Matteo Moscatelli, talentuoso bartender pluripremiato al Widder Hotel di Zurigo
© widderhotel.com
Giorgia Cimma Sommaruga
09.07.2023 17:14

Matteo Moscatelli è un talentuoso bartender pluripremiato al Widder Hotel di Zurigo. Messo giù lo shaker dietro il bancone del bar è diventato il mixologist di The Living Circle, ovvero progetta una selezione di cocktail per tutti gli hotel e ristoranti dell’esclusivo gruppo svizzero leader nel campo dell’ospitalità. Grazie alle sue conoscenze apprese alla facoltà di chimica all’università, oggi Matteo stupisce come un vero artista attraverso esperienze di gusto. Perché assaggiare un nuovo cocktail significa anche «prendersi cura di se stessi e vivere una esperienza unica e indimenticabile». 

Cosa significa «mixologist»?

«Un mixologist è un barman che crea il mix in grado di esaltare o moderare i sapori, un equivalente dello chef in cucina, che unisce note amare o dolci, intense o morbide, e crea bevande uniche, dalle più classiche a quelle contemporanee».

E come ci è arrivato?

«Dopo una discreta esperienza come bartender, prima in Italia, poi a Londra, dove ho imparato i trucchi del mestiere, sono approdato a Zurigo al Widder Hotel e lì è nata l’idea».

Quale idea?

«Creare delle esperienze del gusto che accomunassero tutti i bar del gruppo attraverso delle bevande».

Cosa è importante nel suo lavoro?

«Dare al cliente il miglior momento della sua vita assaporando il cocktail. L’obiettivo dovrebbe sempre essere questo. Farlo rilassare dopo una lunga giornata di lavoro. Permettergli di festeggiare al meglio dopo un successo personale». 

Come lavora?

«A livello pratico creo nuovi sciroppi (cordial) e liquori da mandare nei vari bar del gruppo e dialogo con i barman affinché si spingano a provare nuove combinazioni, nuovi abbinamenti e creare quindi bevande unic he. La mia ricerca è continua e mi piace riscoprire anche le ricette del passato». 

Mi lancio in combinazioni che potrebbero sembrare nuove, inventate dal nulla, invece hanno spesso un forte legame culturale con certe zone del pianeta e una storia centenaria

Tipo?

«Mi lancio in combinazioni che potrebbero sembrare nuove, inventate dal nulla, invece hanno spesso un forte legame culturale con certe zone del pianeta e una storia centenaria. Ad esempio una combinazione di mirtilli e funghi: può sembrare strano da noi, ma in Asia è molto comune da secoli».

Anche dagli scarti dei bar è possibile creare qualcosa? 

«Si. Ed è una vera e propria sfida. Mi chiedo : perché buttare via il cibo che avanza? O le bucce della frutta? La sfida è proprio riuscire a creare qualcosa di buono e utile da quello che generalmente scartiamo. Questa sfida è in primis con me stesso, poi sicuramente è anche una scelta molto ecologica. Ma quando un gesto che fa bene anche agli altri, al pianeta, lo fai prima per te, è un gesto vero, che sarà duraturo, non una imposizione che viene dall’alto perché ti hanno detto di fare così». 

Una sorta di egoismo che diventa altruismo. Un  esempio? 

«Con la Tenuta Terreni alla Maggia di Ascona  abbiamo realizzato un Tinto de Varano - una sorta di sangria - con il rosato prodotto da loro, ma infuso con il sambuco. Sono in contatto con il manager che si occupa dell’approvvigionamento, e la frutta invenduta - perché magari è ammaccata - io la recupero tutta: l’importante è il sapore. Con queste piccole accortezze portiamo avanti una sostenibilità che funziona davvero anche a livello di business». 

Quanti esperimenti prima di fare un cocktail come se l’è immaginato?

«Almeno 20 volte, minimo. E poi lo faccio provare ad altre persone. Ad un bartender,  a un sommelier, di solito lo do anche a una persona che non  va continuamente al bar e che non ha studiato come preparare un drink , e poi ad una persona che invece al bar ci va solo ogni tanto. Raccolgo i pareri di più persone sempre tenendo in mente qual era l’obiettivo della mia creazione».

In che senso?

«In ogni menu ci devono essere varie tipologie di cocktail: da quello in cui senti un po’ di più lo spirito - e questo non piacerà al 50% delle persone perché non vogliono sentire il sapore dell’alcol -. Ma ci sarà anche un cocktail dolce perché so che  al 70% delle persone piace molto, poi ci sarà un cocktail come lo Spritz che copre quasi il 100% del gradimento. Insomma è una questione di percentuali. Tolto il menu io dopo lascio libero sfogo all’estro dei bartender che con le loro idee mettono insieme i sapori e creano esperienze uniche».

Suggerisco sempre di lavorare in maniera intelligente quindi avere meno bottiglie possibili da dover usare per creare i cocktail

Un consiglio che da spesso? 

«Suggerisco sempre di lavorare in maniera intelligente quindi avere meno bottiglie possibili da dover usare per creare i cocktail. Tuttavia, allo stesso tempo, è importante tenere certe cose separate».

A cosa si riferisce?

«Un cordial (sciroppo) senza la sua componente alcolica  ad esempio».

Perché?

«Se arriva il cliente a cui piace tantissimo il sapore di un determinato drink, ma non gli piace la componente alcolica con cui è stata pensata quella bevanda. Ad esempio il tequila. Che fai? Se lo sciroppo è separato dalla sua componente alcolica non sarà un problema riuscire a cambiare il tequila con della vodka o del gin. E il cliente è accontentato». 

I clienti vogliono drink classici o si lasciano sorprendere?

«A Zurigo i clienti sono più conservatori come approccio ai cocktail, dunque per noi bartender si aggiunge un’altra grossa sfida, è come una scala da percorrere. Aprire gli orizzonti anche partendo da cose molto semplici ad esempio un Negroni». 

E cosa cambia nel suo Negroni?

«Io aggiungo sempre 3 gocce di soluzione salina e di solito non lo dico neanche, primo perché non è un allergene, e secondo perché nel momento in cui io avviso che sto modificando la ricetta, ho già perso la fiducia. Tuttavia, quando mi viene chiesto spiego che dietro a questa aggiunta c'è lo studio. Tre gocce di soluzione salina cosa sono in grado di fare? Semplicemente rendono meno stucchevole il sapore del Negroni, attenuando quella sensazione di dolce visto che si tratta di un drink  molto zuccherato. Questo fa sì che  il gusto sia  più palatabile».

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