L'analisi

Il massacro di Mosca fa temere per Europei e Olimpiadi

Sono le tensioni, a volte, a fomentare il terrorismo: hanno lo stesso effetto di un vento possente che modula le dune nel deserto, descrizione azzeccata di un funzionario francese nel post 11 settembre
©RUSSIAN INVESTIGATIVE COMMITEE H
Guido Olimpio
24.03.2024 06:00

Sono le tensioni, a volte, a fomentare il terrorismo. Hanno lo stesso effetto di un vento possente che modula le dune nel deserto, descrizione azzeccata di un funzionario francese nel post 11 settembre. Ed oggi in Europa - a Est come a Ovest - siamo esposti a spinte pesanti che determinano un allarme esteso. Il massacro di Mosca - con 143 vittime - è stato preceduto da attacchi mentre altri sono stati sventati. Un attentato a Bruxelles, l’aggressione di Zurigo contro un cittadino di religione ebraica, alcuni eventi minori e arresti in numerosi paesi del continente. Operazioni che delineano sostanzialmente tre fronti di minaccia e tengono sulla corda i responsabili della sicurezza, specie in vista di Olimpiadi e Europei di calcio.

La crisi a Gaza

L’assalto di Hamas a Israele e l’invasione di Gaza hanno riacceso la questione palestinese in ambienti radicali. Sui radar son apparsi segnali evidenti, confermati da interventi delle polizie, di cellule pronte a colpire obiettivi israeliani o ebraici. Probabili i collegamenti tra individui in Danimarca e Germania, così come c’è il sospetto di referenti basati in Libano, personaggi parte di una struttura ben organizzata. Il dato interessante è che gli ispiratori - in remoto - cercano di agganciare complici d’origine mediorientale a tutto campo, conta poco la nazionalità e il luogo di nascita.

Nel caso danese è stata coinvolta una gang locale di trafficanti di droga, pronta a collaborare a qualche progetto eversivo. Sponda da non sottovalutare: sono network abituati a muovere nel mondo dell’illecito, dispongono di armi, non hanno remore nell’uso della violenza. Contro simboli istituzionali, religiosi, forze dell’ordine. Hamas non ha interesse, almeno in questa fase, nello sponsorizzare o approvare colpi all’estero. Sarebbe controproducente. Tuttavia la posizione potrebbe cambiare in futuro e c’è sempre spazio per gesti di lupi solitari.

Lo Stato Islamico

La fazione, ridimensionata, continua ad esercitare «fascino» per molti giovani. Belgi e francesi hanno neutralizzato nuclei di minorenni radicalizzati via web, l’accoltellamento zurighese è stato compiuto da un quindicenne. È un ritorno al passato, quando i cattivi maestri del Califfato hanno arruolato degli adolescenti usando social, collegamenti telefonici. Sistema semplice, efficace, inesauribile.

L’ISIS rilancia i vecchi messaggi della propaganda, offre un sentiero a quanti hanno voglia di agire ma non sono in grado di raggiungere le terre di conflitto, sfrutta gli eventi contingenti. Tra questi le profanazioni del Corano, i contraccolpi della guerra nella striscia, il richiamo costante alla guerra santa. I pretesti sono sempre a portata di mano. Ed un ruolo particolare è svolto dalla «provincia del Khorasan», l’ala che ha i suoi rifugi al confine tra Afghanistan e Pakistan. È una realtà remota, ridotta rispetto al resto, però sta svolgendo una funzione con diramazioni globali: la rivendicazione dell’eccidio in Russia ne è la prova. Una recente indagine tedesca ha individuato due afghani che volevano attuare un’azione vicino al Parlamento svedese: secondo gli inquirenti c’è un link diretto proprio con la leadership del Khorasan.

Gli specialisti, impegnati a censire e studiare lo Stato Islamico, hanno insistito sulla rilevanza di questa «sezione», hanno trovato spunti e riferimenti che fanno temere altre sorprese per il futuro. Previsioni rinforzate dall’incursione nella capitale russa. Gli analisti rammentano anche come la strage di Kherman, in Iran, al mausoleo dedicato al generale Soleimani, sia stata rivendicata da «Khorasan», con il presunto coinvolgimento di uomini-bomba tagiki. Un dettaglio che porta ad una pista ulteriore: sono tanti i militanti in arrivo da ex repubbliche dell’Asia sovietica.

Azioni coperte

Teheran e Gerusalemme si affrontano in una sfida globale, con mosse non sempre rivendicate, tra sabotaggi e omicidi mirati, non di rado «per procura». Il Mossad impiega i nemici interni dei mullah, gli iraniani si servono di milizie sciite e di criminali comuni. Inchieste in Europa e in Sud America (Brasile, Perù) hanno scoperto figure opache che potevano trasformarsi in esecutori di piani anti-israeliani. Un’insidia meno evidente, a volte trascurata dai media ma che affonda in una «tradizione» di terrore dagli effetti devastanti perché portata avanti da «professionisti». Tutte buone ragioni per non sottovalutarla.

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