Il momento dei sabotatori dell'ordine

Il «taglio» di un traliccio dell’alta tensione ha lasciato al buio il Festival di Cannes. Qualche ora dopo altro blackout nella zona dell’aeroporto di Nizza, a provocarlo le fiamme appiccate ad una centralina.
Giorni prima l’arresto di alcune persone, compreso un tredicenne, in Ucraina: li hanno accusati di essere dei sabotatori ingaggiati dai russi. A Londra, invece, fermati degli stranieri - incluso un ucraino - sospettati di aver bruciato la porta di una casa del premier Keir Starmer.
Sono gli ultimi lampi di una serie. Impressionante e diffusa. Atti che ricordano la «stagione iraniana», ossia una sequela di «incidenti» avvenuti nella Repubblica islamica: alcuni eventi legati all’errore, alla cattiva manutenzione ma diversi provocati da qualcuno. Vicende accompagnate da una fitta «nebbia di guerra» creata dalla difficoltà delle inchieste e alimentata, in certi momenti, dalla stessa dinamica dei fatti oppure da chi vuole nascondere la mano.
Con l’invasione dell’Ucraina gli episodi si sono moltiplicati. Ovunque, con livelli di gravità diverse. L’esplosione del Nord Stream 2, seguita dai sospetti sui servizi di Kiev e le versioni che ne hanno addossato la colpa a Mosca. I cavi sottomarini tranciati nel Baltico dopo le strane manovre di navi cinesi e russe. Poi la raffica di incendi dove sono andati in fumo centri commerciali, depositi, fabbriche. Una sequenza sulla quale hanno indagato polacchi, svedesi, baltici e buona parte delle polizie parte dell’UE insieme ai colleghi dei paesi confinanti, Svizzera inclusa. Proprio nella Confederazione gli agenti hanno esaminato il dossier di una persona collegata a complici in Germania. Una cellula ingaggiata per tracciare i rifornimenti bellici per l’Ucraina in transito sul territorio tedesco con l’intenzione di danneggiarli.
Una ripetizione di quanto è stato fatto con i pacchi bomba spediti nell’estate 2024 usando gli aerei della DHL, operazioni che solo per caso non hanno portato a disastri immediati e futuri. Perché, stando a indiscrezioni ricche di dettagli, c’era uno scenario che doveva portare ad azioni ancora più pesanti contro l’aviazione civile, piani «testati» con l’invio di plichi per verificare i controlli della sicurezza.
All’origine dell’offensiva, secondo molte indicazioni, vi sarebbe l’intelligence di Mosca, decisa a colpire chiunque sostenga la resistenza di Kiev. La Russia avrebbe dato carta bianca ai propri servizi - specie quelli militari - autorizzandoli a moltiplicare le incursioni «dietro le linee», in Ucraina come in Occidente. E per raggiungere l’obiettivo hanno reclutato agenti a perdere, uomini e donne sacrificabili, ovvero individui disposti ad agire in cambio di denaro. Non certo dei James Bond ma comunque elementi in grado di creare «instabilità», di inscenare atti dimostrativi, di seguire in qualche caso target, di portare a termine colpi. Ne sono stati arrestati tanti, tra loro ucraini simpatizzanti del Cremlino o semplicemente in cerca di denaro facile. Così come dei bulgari, infiltrati da anni in Gran Bretagna, incaricati di condurre vere missioni di spionaggio. Per contro Kiev ha risposto eliminando suoi nemici all’estero, personaggi che hanno ricoperto funzioni nelle zone occupate ma anche alti ufficiali. L’ultimo attacco mercoledì sera a Stavropol, dove è stato dilaniato da una bomba Zaur Gurtsiev, ex responsabile delle operazioni aeree caduto in una trappola insieme ad un giovane di 29 anni che si sarebbe fatto esplodere. Le autorità, pur guardando in ogni direzione, hanno ipotizzato «un atto di terrorismo».
Meno netta la matrice per quanto avvenuto in Costa Azzurra. La magistratura ha considerato la pista anarchica, in quanto c’è stata una rivendicazione articolata, ma non ha neppure escluso intromissioni straniere. Potrebbe anche esserci una sovrapposizione di spinte. Gli estremisti si associano in modo indiretto alla «guerra ibrida» portando avanti un loro disegno locale oppure qualcuno di loro è ben contento di farsi ispirare dall’estero. In questo contesto ogni grande appuntamento pubblico rischia di diventare la platea ideale per lanciare un segnale, creare caos, diffondere insicurezza. Una manovra resa ancora più destabilizzante se è difficile indicare con precisione i responsabili.