Il Museo in Erba guarda al futuro, e cerca un filantropo

Quando la piccola Anna intinge il suo pennello nel rosso è come se sparisse. Interrompe il chiacchiericcio e punta la sua attenzione su un foglio bianco da vestire con il colore del fuoco. Il suo sguardo è attento e concentrato, così come quello del resto dell’allegra brigata di bambini seduta accanto a lei. Se all’esterno dovesse scoppiare il finimondo, loro non se ne accorgerebbero affatto.
Eppure, sui loro banchi non ci sono i soliti dispositivi elettronici ad inchiodare la loro attenzione, bensì soltanto pennelli e colori.
L’arma della creatività
«Oggi vi faremo conoscere il mondo variopinto di un signore francese di nome Hervé Tullet» spiega Gaia, mentre sintonizza la radio su un pezzo di Jazz, «proprio come il signor Tullet è abituato a fare quando crea». Le note si diffondono nel laboratorio e l’estro artistico di Anna e dei suoi compagni si scatena.
È qui, al primo piano del Central park a Lugano, che batte il cuore del Museo in Erba e Gaia è una delle sue giovani collaboratrici. È incaricata di seguire gli atelier per bambini organizzati ogni giorno durante le vacanze scolastiche autunnali.
Sbaglia però chi pensa che il Museo in Erba sia un luogo come tanti altri dove posteggiare i più piccoli nei ritagli di scuola. Qui la creatività è l’arma di difesa contro tutto ciò che può alienare l’infanzia: a partire dall’utilizzo sfrenato di telefonini ed Ipad.
Un approccio «militante» che trapela fin dalle prima parole che scambiamo con Loredana Bianchi, Céline Cavallo de’ Paoli e Benedetta Soldati: rispettivamente direttrice uscente onoraria, direttrice neoeletta e collaboratrice di Comitato dell’Associazione.
L’arte come stimolo creativo e motorio
«In Ticino le istituzioni fanno molto per lo sport minore, ma poco per la promozione dell’arte tra i più piccoli. Eppure stimola la creatività, il pensiero critico e, non da ultimo, la motricità fine, visto che al giorno d’oggi i piccoli utilizzano le dita soltanto per far scorrere in su e in giù le immagini sul telefonino» spiega con una punta di amarezza Loredana Bianchi. Intanto negli ampi spazi espositivi del museo è un andirivieni di famiglie: dallo scorso 27 settembre è di scena un’esposizione intitolata «Il popolo di domani», ideata dall’artista e stilista di moda Jean-Charles de Castelbajac «e il successo di pubblico è notevole». Una speciale esposizione organizzata per festeggiare i venticinque anni di storia.
25 anni di traguardi
L’idea di realizzare questo particolare museo alle nostre latitudini è venuta proprio a Loredana: «scoprii l’insegnamento dell’arte attraverso il gioco a Parigi e ne rimasi talmente incantata da decidere di importare il modello in Ticino. Dapprima sbarcammo a Bellinzona, poi, anni dopo, traslocammo per motivi di spazio a Lugano. Siamo un museo a tutti gli effetti e, accanto agli atelier come quello che organizziamo ora, proponiamo mostre pensate soltanto per bambini e ideate da prestigiosi musei come il Centre Pompidou di Parigi e l’Espace des inventions di Losanna» .
I riconoscimenti sono tanti, ma tenere la barca finanziariamente a galla non è semplice. «Inoltre vogliamo mantenere prezzi accessibili, perché ciò che offriamo deve essere alla portata di tutti». Dal 2000 ad oggi il volontariato gestisce e dirige il museo. Quest’anno il comitato si è arricchito di nuove giovani forze e da gennaio ci sarà un nuovo presidente.
«Per fortuna ci sono persone che si mettono a disposizione con slancio e passione, altrimenti a quest’ora non ci saremmo più», commentano le tre donne.
Arte vs tecnologia
In venticinque anni di attività, sono passati dal museo più di centottantamila bambini, sono state organizzate quarantanove mostre e realizzati più di tremila atelier educativi e artistici. Purtroppo, malgrado l’importante contributo culturale e didattico, gli aiuti pubblici sonopiuttosto ridotti.
«Lavoro nel campo della finanza, ma sono nata in una famiglia di architetti e so quanto siano fondamentali l’arte e la cultura per tenere a bada le insidie di quest’epoca digitale» aggiunge Céline Cavallo de’ Paoli. La neo direttrice del Museo spera che in futuro anche le Istituzioni possano fare di più per promuovere esperienze come queste, perché «i bambini di oggi saranno ben presto chiamati ad associare l’AI con le loro le emozioni e, se non sapranno più né dove né come trovarle, rischieranno di venir risucchiati dagli algoritmi. Musei come il nostro sono fondamentali, perché la creatività è ciò che ci distingue dalle macchine».
Il legame con il territorio ticinese
Anche Benedetta Soldati lavora nel digitale, nel settore del marketing. Come Céline, crede fermamente nell’importanza del progetto che definisce «unico in Svizzera». Non solo: «in Europa, si contano sulle dita di una mano proposte così originali», aggiunge. Benedetta è venuta a conoscenza del museo grazie a sua figlia, la quale ha seguito diversi laboratori.
«Oltre all’attività qui al Central park, andiamo spesso in trasferta - spiega - perché vogliamo aprirci ad un pubblico più variegato possibile e portare l’arte ovunque, senza scollarci dalla realtà in cui viviamo».
Lo scorso inverno è stata organizzata una mostra legata all’albero e alla sua rappresentazione artistica. «Volevamo anche far capire ai bambini di prendersi cura degli alberi più di quanto non abbiamo fatto noi finora. Ora stiamo lavorando ad un nuovo progetto che potrebbe coinvolgere nonni e nipotini».
I nuovi progetti
C’è un’altra idea che sta bollendo in pentola per invertire la rotta dal profilo finanziario: offrire il team building delle aziende attraverso l’arte. «Quel che è certo è che noi non ci arrenderemo, perché la nostra missione è troppo importante e stiamo già lanciando appelli a benefattori e filantropi».
Salutando il gruppo risoluto di volontarie, incrociamo Anna. Tiene in mano la sua creazione color del fuoco e ha uno sguardo davvero felice. «Guarda papà cosa ho fatto oggi!» dice trionfante al giovane che l’aspetta sulla porta. Di telefonini, neppure l’ombra.
