Storie

Il parrucchiere del «bellessere» che è un po' anche psicologo

Mauro Andrioletti è un'istituzione nel Bellinzonese - Nel suo salone di Giubiasco ha messo le mani sulla testa di VIP e politici - «Prima di tagliare i capelli devo capire l'animo e la persona»
Andrea Stern
Andrea Stern
12.10.2025 10:00

Quando un calvo incontra un parrucchiere non ha molto da chiedergli, se non quali siano i motivi per i quali negli ultimi tempi i capelli sembrano essere diventati un bene sempre più raro. «Quando studiavo tricologia, negli anni ‘70 a Parigi, c’erano già teorie che dicevano che la civiltà del Duemila sarebbe stata sempre più calva - risponde Mauro Andrioletti -. I motivi possono essere tanti, a partire dalla questione evolutiva. Il capello è termoregolatore e ci protegge dai colpi, funzioni che oggi stanno perdendo di importanza, perché abbiamo il cappello, il casco, l’aria condizionata. Ci sono anche sociologi che attribuiscono gli accresciuti problemi capillari nella donna al fatto che assume sempre più ruoli maschili e di conseguenza somatizza certi aspetti maschili».

Molto più che un taglio

Si potrebbe parlare per ore, con Mauro Andrioletti, parrucchiere di Giubiasco alla quarta generazione che riveste il proprio ruolo in maniera ben più ampia del semplice taglio di capelli. «Il mio concetto professionale si racchiude in un’aforisma: la bellezza dell’essere contemporanei a sé stessi - afferma -. Prima di tagliare i capelli a una persona io cerco di capire il suo animo, di interpretare la sua giovialità, di ascoltare la sua gestualità, di immaginare come mettere in scena la sua contemporaneità. Devo capire la persona, prima di impugnare le forbici e iniziare a tagliare»

Le doti di Mauro Andrioletti sono riconosciute. Nel suo salone, che lui preferisce definire con il termine «bottega», arrivano personaggi che qualcuno potrebbe considerare dei VIP ma anche semplici e affezionati clienti da tutto il Bellinzonese, dal resto del Cantone e a volte persino dalla Svizzera interna. «Il mio operato non si basa sul taglio dei capelli ma sulla relazione, che è qualcosa di molto diverso - osserva -. Io faccio chilometri per andare dal mio macellaio di fiducia in Valle di Blenio, perché ho costruito una relazione con lui, so che lì trovo quello che cerco. Ognuno di noi, a dipendenza dei propri interessi, è pronto a fare chilometri per andare dove si trova bene».

Un affare di famiglia

Gli Andrioletti sono un’istituzione a Bellinzona. Il primo salone fu aperto nel 1968 su Viale Stazione dal padre di Mauro Andrioletti, Angelo, arrivato in Ticino una decina d’anni prima in provenienza dalla Bergamasca portandosi dietro l’esperienza trasmessagli dallo zio Rosario, figlio del nonno materno. «La nostra è una professione da artigiano, specialmente per uno come me che ci è nato dentro - spiega -. Avevo cinque anni quando mio padre mi diede le forbici in mano e mi fece incidere i capelli di mia sorella, che aveva un anno. A otto anni iniziai a fare il garzone di bottega, come si chiamava allora.Cinquantacinque anni dopo sono ancora qui e conto di continuare per almeno altri dieci».

Nel frattempo di cose ne sono successe parecchie. Il salone è cresciuto e si è spostato nella sua attuale sede di Giubiasco, ma prima ancora Mauro Andrioletti ha seguito un percorso variegato e originale che ha arricchito il suo bagaglio professionale e relazionale, in particolare attraverso le migliori scuole di Parigi, Barcellona, Londra, Chicago, Milano.

Come nascono le mode

«Nelle grandi città ho fatto anche esperienze che non sono canoniche, ho scoperto nuovi approcci alla persona - spiega -. Ed è nelle grandi città che sono avvenuti i grandi cambiamenti nel nostro settore. Per esempio, a Londra a metà degli anni ‘60 Vidal Sassoon intercettò la necessità della donna di trovare una nuova struttura di taglio e inventò il famoso carré, il caschetto, che permetteva di lavarsi e asciugarsi la testa a casa. Negli anni ‘80 furono i fratelli Llongueras, a Barcellona, a intercettare il bisogno di fare in fretta, con il taglio programmato, una tecnica che dimezza i tempi, ripresa da molti professionisti tra cui mio padre».

Attraverso l’evoluzione del taglio di capelli, sostiene Andrioletti, si potrebbe ripercorrere la storia umana. «Le tecniche di base non cambiano, tuttavia cambia il modo in cui giudichiamo la bellezza e di conseguenza anche l’applicazione delle stesse tecniche di base», afferma.

Il «bellessere»

Resta immutata, invece, l’idea della visita dal coiffeur come di un momento privilegiato. «Magari l’uomo lo vive un po’ meno ma per la donna le due ore dal parrucchiere sono un momento per sé, che magari si concede dopo essere riuscita a piazzare marito e figli. Quelle due ore devono essere un momento di benessere».

O di «bellessere», neologismo coniato da Mauro Andrioletti per rimarcare l’esigenza di coniugare la bellezza esteriore con il benessere interiore. «Alla persona io chiedo sempre come si vede e come si sente - spiega - perché ha poco senso essere bellissimi ma non sentirsi a proprio agio.Il parrucchiere deve curare i due aspetti ed esprimere il meglio di ogni persona».

Compreso chi di capelli non ne ha. «Anche la percezione della calvizie è cambiata - osserva -. Una volta i calvi erano considerati un po’ degli sfortunati. Ma era prima che arrivassero Yul Brynner e il tenente Kojak, i quali hanno traghettato l’immagine dell’uomo calvo e avvenente».

In questo articolo: