Il personaggio

Il «re del pane» di Lugano: «Non è vero che una volta era tutto meglio»

Giancarlo Seitz ha visto la città cambiare dalla sua panetteria di via Peri – E la racconta con amore
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Andrea Stern
Andrea Stern
04.05.2025 14:24

A volte capita che le soddisfazioni professionali arrivino anche parecchi anni dopo il pensionamento. «Sono andato ad assistere a una conferenza al LAC - racconta Giancarlo Seitz, noto come ex gran consigliere ma soprattutto come panettiere -. Tra gli oratori c’era Sergio Ermotti, io ero seduto tutto in fondo. Quando lui ha finito di parlare è sceso dal palco, ha preso due bicchieri di vino bianco ed è venuto verso di me: ‘Giancarlo, ti ricordi quando venivo da te in panetteria a prendere i chifer?’ Per me è stata una grandissima emozione essere salutato dal capo di UBS in modo così caloroso».

Non che fino a quel momento la vita di Giancarlo Seitz sia stata piatta. Al contrario, l’80.enne ha talmente tanto da raccontare che parrebbe aver vissuto già dieci vite, tutte diverse tra loro, ma tutte incentrate attorno alla sua Lugano, la città del suo cuore. «Mi capita spesso di prendere lo scooter e andare sul monte Brè - racconta -. Mi siedo su una panchina, stappo una birra, prendo il cannocchiale e resto lì a contemplare la città. Che spettacolo».

Certo, molto è cambiato in questi ottant’anni. Giancarlo Seitz ha visto tutto, ha registrato tutto nella sua mente, è capace di raccontare tutto nel dettaglio. Dalla Lugano che accoglieva le persone in fuga dalla guerra, al boom economico, al periodo d’oro del mondo bancario, alla successiva caduta, all’attuale periodo in cui, dice, l’università e il LAC stanno dando un nuovo volto, un bel volto, alla sua città.

In principio fu la massoneria

«La mia vita inizia nella loggia massonica di Lugano - racconta -. Mio padre era un massone povero, io sono nato lì. Mia madre mi raccontava che durante la guerra il cancello della massoneria era sempre aperto. Di notte entravano i fuggitivi dall’Italia, si rifugiavano lì, dormivano lì. Di fronte c’erano il carcere e la centrale della polizia, ma mai nessuno si accorse di nulla, o meglio mai nessuno disse nulla».

Il padre di Giancarlo Seitz, figlio di un bavarese che a fine Ottocento si era trasferito a Lugano e aveva sposato una Riva, lavorava come panettiere. Tutte le sere salutava la famiglia e andava a infornare il pane. «Io lo vedevo e mi dicevo che mai e poi mai avrei voluto fare una vita come la sua. Difatti quando si trattò di scegliere una professione andai a fare un apprendistato come montatore di riscaldamenti. Vinsi un premio per il miglior esame del Ticino, fui il primo su novantadue, ricevetti delle offerte per andare a lavorare a Zurigo. Ma restai a Lugano. A 21 anni feci tutti gli impianti di riscaldamento della nuova caserma dei pompieri. E anche di villa Ciani. Il lavoro mi piaceva molto. Ma poi capitò che mio padre si ammalò. Io mi trovai praticamente costretto a riprendere la panetteria. Ma non mi arresi a lavorare di notte. No, sviluppai un nuovo sistema di lavoro che consisteva nell’impastare il pane di giorno e lasciarlo nei frigoriferi».

Un’intuizione che fece anche la fortuna di Giancarlo Seitz. «Con questo ritmo di lavoro più giornaliero era molto più facile trovare personale - ricorda -. Partimmo in due e arrivammo a essere una ventina. Gestivamo quattro punti vendita, oltre a consegnare il pane a domicilio. Per scelta non fornivamo i grossisti. Noi andavamo nei ristoranti e nelle case dei luganesi, ad una ad una. È così che conobbi tante grandi famiglie come i Felder o i Masoni, di cui vidi nascere le figlie Marina e Giovanna».

Il grande amico Giovanni Cansani

Tante conoscenze, tante amicizie, ma se Giancarlo Seitz deve citare una sola persona con cui si è sentito particolarmente legato non ha alcun dubbio: Giovanni Cansani. «È stato il mio migliore amico, il mio migliore insegnante in politica, il mio compagno di tante avventure - racconta -. Con Giovanni siamo cresciuti all’oratorio maschile di Lugano, facevamo tutto insieme, giocavamo a calcio insieme, c’erano anche i fratelli Bignasca, ma soprattutto Giuliano perché Attilio non era così bravo con il pallone. Poi con Giovanni siamo stati fianco a fianco in tante battaglie politiche, a partire da quella per salvare il Canvetto luganese. Avevamo contro tutti i liberali, il che per me non era semplice essendo io stesso di famiglia liberale. Ma alla fine ce l’abbiamo fatta. E oggi, ogni volta che passo dal canvetto, mi sento un po’ orgoglioso per quella battaglia».

Le battaglie di Giancarlo Seitz erano sempre intese a difendere la sua città, la sua gente. È anche in questo senso che è stato l’unico, per lunghi anni fino alla cessione della panetteria, a offrire il caffè a 1 franco, in pieno centro a Lugano, mentre tutti intorno chiedevano 2 franchi o anche più. «Mi ricordo che venne giù anche il Blick per capire come facevo a far pagare la metà degli altri - spiega -. Ma non c’era alcun segreto. Avevo semplicemente trattato con diversi produttori di caffè per ottenere il miglior prezzo possibile. Ero partito da 21 franchi al chilo, alla fine me lo portavano a 8,40 al chilo. A queste condizioni la tazzina di caffè viene a costare 15 centesimi. E quindi mi sembrava giusto chiedere 1 franco, non di più. Era anche un modo per concedere il rito del caffè al bar anche a chi aveva mezzi limitati».

Una Lugano che cambia

Ed è lì, nella sua panetteria in via Peri, che Giancarlo Seitz ha visto la sua Lugano cambiare. «Mi ricordo che un giorno entrò una signora, chiese un caffè e un chifer, poi si mise a piangere - afferma -. Le chiesi cosa non andava, lei mi spiegò che un cliente si era appena portato via tutto il capitale e la aveva lasciato solo 100 franchi per andare a cena. Era l’inizio del crollo della piazza bancaria, è stato un periodo difficile per tanta gente, Lugano si è scoperta fragile».

Per Giancarlo Seitz era anche il periodo del pensionamento, dell’addio a un mondo, quello del pane, che stava anch’esso profondamente cambiando. «Il colpo letale l’hanno dato Aldi e Lidl - sostiene -. Oggi il pane fresco non esiste quasi più. Io stesso, quando vado in città, non so più bene dove trovarne. Si può solo sperare che succeda come negli Stati Uniti, dove dopo tanti anni a mangiare toast ora la gente sembra aver riscoperto il gusto del pane appena sfornato».

Il mondo cambia, Lugano cambia, non per forza in peggio. «Al contrario - sostiene Seitz -. Nel periodo del boom bancario c’erano tanti soldi ma anche tanta ignoranza. Eravamo gente semplice, lavoratori. Poi sono arrivati l’università e il LAC, che stanno trasformando l’immagine della città. Abbiamo un’offerta culturale sempre più ampia, stiamo diventando sempre più attrattivi per chi viene da fuori. Io sono convinto che il futuro di Lugano stia proprio qui, nella cultura».

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