Isole comprese

Il senso di Genova nei suoi carruggi

Difficile resistere al suo mix di odori, sapori, culture e lingue diverse tipico delle città portuali
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Prisca Dindo
24.04.2022 07:00

Non la scorgi subito. La luce nella cattedrale è sempre fioca. Tuttavia, se volgi lo sguardo a destra rispetto all’altare, la noti per via della sua forma. Nera, leggermente affusolata: non ha nulla a che vedere con il resto della chiesa. È una bomba. Un ordigno calibro 381 mm che risale alla Seconda guerra mondiale. Sta lì, appoggiato alla navata della Cattedrale di San Lorenzo a Genova dal 1941, quando piovve dal cielo dopo esser stato lanciato da una nave inglese. Quel giorno squarciò il tetto della cattedrale ma cadde a terra senza deflagrare. L’ordigno aveva fatto cilecca e i genovesi gridarono al miracolo. Il fatto che fosse inesplosa era un «segno» inequivocabile.

Non sembra l’unico miracolo accaduto a Genova durante il secondo conflitto mondiale. Malgrado gli incessanti bombardamenti navali ed aerei, questa meravigliosa città portuale è riuscita a conservare ancora molti dei suoi tesori.

Come i Palazzi dei Rolli che si incontrano passeggiando lungo le eleganti Strade Nuove: edifici lussuosissimi dagli interni affrescati, imponenti scale d’ingresso e giardini da mille e una notte. Furono costruiti tra il Cinquecento e il Seicento, quando Genova era al massimo del suo splendore sotto la guida dell’ammiraglio-principe Andrea Doria.

In quell’epoca la città era tutto un via e vai di potenti e teste coronate in visita di Stato. In assenza di un palazzo reale, l’ammiraglio non poteva certo ospitare gli illustri ospiti in alberghi. Perciò s’inventò una furbata pazzesca: organizzò i soggiorni a scrocco delle grandi famiglie nobili anziché a spese dello Stato. Le obbligò ad aprire i loro meravigliosi palazzi e creò la lista dei Rolli, un elenco di chi doveva ospitare chi, sulla base della bellezza della casa.

Puntando sull’»ego» della nobiltà, onorata di poter figurare sulla prestigiosa lista e di ospitare i vip di allora, Doria aveva colpito nel segno. Le grandi famiglie facevano a gara nel promuovere restauri sfarzosi.

Grazie all’incredibile bellezza degli interventi oggi le Strade Nuove e il sistema dei palazzi dei Rolli sono entrati a far parte del Patrimonio dell'umanità UNESCO.

Ma Genova è anche la rete di caruggi del suo centro storico, un dedalo di vicoli stretti e abbuiati dalle case addossate le une alle altre. Qui il sole filtra solo a partire da mezzogiorno. Difficile resistere al suo mix di odori, sapori, culture e lingue diverse tipico delle città portuali.

Vico del ferro, via degli orefici, piazza di pellicceria, vico indoratori. Ancora oggi i nomi di molti caruggi richiamano un passato legato alle attività artigiane e alle corporazioni.

Se le bussole digitali non vi giocano brutti scherzi, potreste anche incrociare via del Campo, la strada un tempo frequentata da prostitute e travestiti resa famosa dal cantautore genovese Fabrizio De André.

E poi c’è il Porto Antico, che è il simbolo della rinascita turistica di Genova. L'antica zona portuale è stata ripensata da Renzo Piano nel 1992, in occasione delle celebrazioni a cinquecento anni dalla scoperta dell'America. Si trova in fondo ai carruggi, di fronte a Piazza Caricamento e alla splendida facciata affrescata di Palazzo San Giorgio. L’archistar italiano è riuscito a trasformare un luogo decadente e malfamato in un gioiello della modernità e della vivibilità. Oggi l’antico porto è il cuore pulsante della città.