«Il Ticino è poco animato»

A Marcel Barelli piacciono le sfide. O almeno non lo spaventano. Del resto attorno ai vent’anni ha preso tutte le sue cose, le ha infilate in una valigia ed è partito per Ginevra. Da Lodrino. Destinazione Haute Ecole d’Art et de Design. Ha mollato tutto. Lavoro - «ho fatto l’apprendistato in chimica ma non era la mia strada» - e famiglia. Per inseguire il suo sogno. Il cinema e il disegno. Quindici anni dopo, oggi ha 38 anni, ha vinto la sua sfida. Perché ha realizzato diversi cortometraggi, scritto e disegnato libri e soprattutto per i suoi lavori ha ricevuto meriti e riconoscimenti nazionali e internazionali. Ma siccome a Marcel Barelli non spaventano le sfide, ecco che ne ha abbracciata una nuova. Realizzare il primo lungometraggio di animazione della sua vita. Sempre in Svizzera. Dove, dice, «sono tutti registi e autori e i tecnici sono veramente pochi».
Una sfida nella sfida dunque. «Contrariamente alla Francia, in Svizzera - riprende - le formazioni sono più artistiche che tecniche. Ciò comporta che per trovare il personale con le giuste competenze molte volte bisogna rivolgersi all’estero». Anche un film d’animazione, un vero film, ha insomma bisogno di un insieme di professionisti che non si possono improvvisare e che «devono essere in grado di lavorare assieme sotto un’unica regia». Non è insomma una caso che, sempre nel nostro Paese, «il 90% dei film d’animazione siano cortometraggi». La maggior parte, se non tutti i disegnatori lavorano insomma autonomamente. Realizzando comunque ottimi prodotti. Perché sono proprio «i film d’animazione, insieme ai documentari gli atout del cinema svizzero», sottolinea Barelli.
«Chi è valido si faccia avanti»
Per spiccare il salto definitivo quelli che in maniera più semplice e meno tecnica vengono chiamati cartoni animati avrebbero insomma bisogno anche di professionisti capaci e in grado di lavorare in team. «Nei lungometraggi - spiega Barelli - tutti devono adattarsi a un solo modo di raccontare una storia». Un adattamento non così scontato, sembra. «Ma mi farebbe piacere essere smentito e trovare qualcuno di valido e capace che si faccia avanti».
Un’altra difficoltà nella difficoltà è che in Svizzera mancano anche studi di animazione. «Ne esiste solo uno a Ginevra con una trentina di persone che ci lavorano. Altrimenti in Svizzera tedesca e in Ticino non c’è niente». Magari un giorno chissà... magari un giorno le cose cambieranno. Per ora realizzare un cortometraggio animato in Ticino così come inSvizzera tedesca è invece complicato. Per più ragioni. Che comunque non scoraggiano il regista originario di Lodrino. «Se tutto andrà per il verso giusto il mio primo film sarà pronto tra un anno, poi spetterà al distributore decidere quando sarà il momento giusto per proiettarlo al cinema».
Il nuovo lungometraggio
Già, ma di cosa parlerà il primo lungometraggio di Barelli? «Racconta la storia di Mary Anning che a 12 anni ha raccolto il primo fossile della storia, in un momento, siamo all’inizio del 1800, in cui a prevalere era una mentalità fortemente influenzata dalla Bibbia secondo la quale i fossili erano le unghie del diavolo. In più Mary Anning in quanto donna e di umili origini non ha avuto i riconoscimenti che invece le sarebbero spettati, perché ha dato un contributo enorme alla nascente disciplina della paleontologia. La nostra storia si concentra sul suo 12esimo anno di vita, anno nel quale perde il padre, ma troverà il primo fossile della storia che le permetterà di continuare gli studi e di riprendersi la casa dei genitori che nel frattempo a causa della mancanza di fondi aveva perso».
Un personaggio forte
Un personaggio forte e inedito in Svizzera, «in Inghilterra la sua storia è molto conosciuta», ammette Barelli. Ma al tempo stesso un personaggio in anticipo sui tempi. Che ha dovuto lottare fin da bambina su più fronti contro una società maschilista e ancora molto classista. «La mia speranza è che la sua storia possa piacere, che possa catturare un po’ di attenzione. Anche se ovviamente non stiamo parlando di un lungometraggio di animazione che sarà in concorrenza con la Pixar o con la Disney. Tanto più che sarà in 2D, quindi è in controtendenza».
Abbracciare la sfide. Nonostante tutto. Con scelte non scontate. Ma con obiettivi precisi. Sembra insomma questa la strada scelta dal disegnatore e regista di cartoni animati di Lodrino. Che fino a oggi non ha solo centrato più volte il bersaglio. Ma ha anche fatto della sua passione un lavoro apprezzato e riconosciuto. Se è vero come è vero che tutti i suoi cortometraggi sono stasti coprodotti dalla Radiotelevisione della Svizzera italiana (RSI) , finanziati anche dal Cantone Ticino e da numerosi altri enti pubblici e privati. Perché i film d’animanazione non sono solo una forma di linguaggio, espressione, comunicazione e persino arte esclusivamente per bambini. Al contrario. «Se i film piacciono solo ai bambini ma i genitori si annoiano non portano i figli al cinema», sottolinea tra il serio e il faceto Barelli.
Meglio il cinema rispetto a Netflix
Cinema. Una parola non scelta a caso dal regista che non ha Netflix e che i film d’animazione preferisce guardarli al cinema, appunto «e al massimo in televisione». Il motivo? La differente modalità di consumo. Che sulle piattaforme permette di scorrere, fermare, tornare indietro e andare avanti a piacimento. Contro cioè i tempi e i modi di narrazione scelti non a caso dal realizzatore del filmato. In più, «i prodotti su Netflix a mio giustizio sono un po’ tanto standardizzati». Si assomigliano, detto altrimenti, troppo tra di loro. Anche se... anche se «è vero che molti progetti non sarebbero potuti nascere se Netflix non li avesse finanziati. Se un mio film dovesse finire su Netflix non lo considererei comunque un successo».