Cibo&Vino

«Il Vermouth è ancora una certezza»

Emanuele Russo porta a Lugano i segreti del vino aromatizzato nato duecento anni fa nella "sua" Torino
Emanuele Russo.
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
14.04.2024 15:00

Oltre al Negroni e all’Americano c’è molto di più. C’è un mondo, quello del Vermouth - che dei due cocktail appena citati è uno degli ingredienti base - che merita di essere conosciuto e apprezzato. A esserne convinto è Emanuele Russo, 30.enne nato e cresciuto a Torino, che il prossimo 23 aprile sarà a Lugano su invito della Camera del Commercio della Svizzera italiana per approfondire proprio lui, il Vermouth. Che, per chi non lo sapesse, è un vino aromatizzato e fortificato inventato nell’Ottocento a Torino.

Duecento anni dopo il Vermouth è ancora qui. «È ancora una certezza che non è mai passata di moda», sottolinea Russo. Che oltre ad aver vinto il titolo di miglior bartender under 25 d’Italia, oggi è Spirits educational specialist per la Compagnia dei Caraibi, azienda italiana attiva nell’importazione e distribuzione di distillati, vini, soft drink, craft beer italiane, rum, gin, vodka, whisky, tequila, sodati... con oltre 800 referenze importate in esclusiva in Italia.

La ricetta

«Sono sempre stato affezionato al Vermouth e non solo perché sono di Torino - spiega - ma perché grazie alle sue caratteristiche permette di preparare un numero altissimo di drink». Non solo Americano e Negroni, quindi. Ma anche Manhattan, Rob Roy, Martini e molti altri. Senza trascurare che può anche essere bevuto liscio, con soda e anche con il caffè. A tutto questo si aggiunge il fatto che «ogni Vermouth è diverso dall’altro», perché diverse possono essere le botaniche con cui è preparato. Già, ma come si arriva al Vermouth? «Al 75% è composto da vino - spiega l’esperto - il restante 25% è costituito da alcol in cui sono stati messi in infusione estratti di erbe aromatiche e di spezie, fiori, semi, frutti, radici e cortecce».

La ricetta è insomma la stessa. Ma l’uso di un ingrediente piuttosto che di un altro conferisce alla bevanda un sapore e un gusto completamente diversi. «Ecco allora che un Vermouth può avere una carica più balsamica o più amaricante oppure ancora possedere una carica di erbe aromatiche del tutto unica». Insomma, «ogni Vermouth racconta un’idea di gusto. È un capolavoro unico».

Una caratteristica rara, quella di essere differente ma sempre uguale a sé stesso. Non accade così ad esempio con altri alcolici. «Se inserito in una miscelazione, il whisky non ha così tante variazioni», sottolinea Russo. Che prima di diventare un esperto di miscelazione e di drink ha iniziato nella gastronomia. «Nasco tra i fornelli di mia nonna e mia mamma - confida - e dopo varie esperienze nel mondo della ristorazione ho tramandato questa idea di cucina anche nella miscelazione. I miei drink seguono infatti lo schema della creazione di un piatto: sapori, aromi, acidità, dolcezza. Tutto deve combinarsi. Un cocktail non può essere fine a sé stesso».

La domanda giusta

Russo parla e spiega senza quasi mai fermarsi. È un fiume in piena. «La miscelazione è la mia vita», ammette candidamente. «Non potrei vivere senza». Ecco perché oltre a essere un esperto di superalcolici, cocktail e drink, Russo insegna, fa consulenze, si occupa di formazione e ha anche un bar a Torino. «Bisogna sapere uscire dagli schemi. Quando si beve qualcosa non bisogna chiedersi cos’è, ma di cosa sa. Quando si risponde a questa domanda automaticamente scatta il possibile utilizzo». Russo fa un esempio concreto. «Quando bevo un Vermouth Riserva Carlo Alberto Rosso e sento le sue speciali note di spezie calde, vaniglia e frutta matura mi vengono in mente i cocktail caraibici e automaticamente penso a un cocktail tiki che è una follia, perché appunto di solito è a base di rum. Ma è questo che mi richiama il Vermouth Riserva Carlo Alberto Rosso. Sento i Caraibi. Da qui la possibilità di creare un’infinità di nuove ricette».

Di sicuro, una ricetta c’è già. Ed è appunto quella del liquore numero uno di Torino. Un liquore che ha un legame indissolubile con la città della Mole. E una denominazione specifica. Che lo contraddistingue e lo differenzia, ad esempio, con il Vermouth spagnolo con cui non ha proprio niente a che fare. «Il Vermouth spagnolo ha un concetto molto lontano dal nostro. Viene servito freddo e alla spina come la birra. Inoltre è molto diluito. Ma anche le sue caratteristiche divergono, in quanto in Spagna usano un vino completamente diverso dal nostro, fatto da uve più aromatiche che spesso crescono con un clima molto più caldo e quindi maturano un grado zuccherino più alto».

L’alternativa allo Spritz

Un’altra precisazione che Russo si sente di fare riguarda proprio la nascita del primo drink a base di Vermouth. «Non è nato col Negroni o con l’Americano - precisa -. Il primissimo cocktail a base Vermouth nasce per accompagnare i primissimi aperitivi nei salotti torinesi, sotto i bellissimi porticati nelle vie centrali. Siamo a fine ‘800 ed i portici di Torino ospitavano i primi veri e propri bar, che poi non erano nient’altro che la trasformazione degli opifici che hanno reso Torino grande nella produzione dei liquori». Ebbene, il cocktail protagonista «dell’ora del Vermouth, momento sociale importantissimo per i torinesi, era il Vermuttino, ricetta composta da soli due ingredienti: Vermouth & Soda. La soda oltre che diluire il cocktail, serviva, grazie all’anidride carbonica contenuta nella soda, per esaltare la parte aromatica del Vermouth. Questo abbinamento era servito in ghiaccio, diventando un cocktail perfetto per il fine giornata dei torinesi, da accompagnare a paste dolci e a piatti salati».

Con il caffè

Vermouth e bollicine, quindi. Anche se analcoliche. «Logicamente parlando, non siamo troppo distanti dal concetto della costruzione di uno Spritz», rileva Russo. Che accarezza l’idea di miscelare di nuovo Vermouth e Soda così da rispondere alla moderna richiesta di mercato. Che ha appunto eletto lo Spritz re dell’aperitivo.

Ma l’esperto si spinge ancora più in là con i riferimenti storici che possono tornare d’attualità. «Sempre a Torino e sempre nell’Ottocento c’era l’usanza di pulire il fondo della tazza di caffè con un po’ di Vermouth Rosso. Il motivo per il quale questo abbinamento funziona è da cercare all’interno della parte erbacea presente nei Vermouth che sposa perfettamente la parte erbacea presente all’interno del caffè. Inoltre, la tostatura del caffè abbinata alle note più dolci del Vermouth è sicuramente qualcosa di unico».

In questo articolo: