«Io al posto di Cassis? Spesso non lo invidio»

Lo conosciamo soprattutto per essere stato colui che ha osato sfidare Ignazio Cassis alle ultime elezioni del Consiglio federale, dovendosi accontentare di 59 voti rispetto ai 167 del ticinese. Tuttavia, Gerhard Andrey è molto più che «lo sfidante di Cassis». Di formazione falegname, il friborghese si è lasciato prendere dal pallino dell’informatica e nei primi anni 2000 ha fondato un’azienda che oggi conta oltre 200 impiegati. Consigliere nazionale per i Verdi, è considerato il «padre» dell’e-ID, l’identità elettronica, sulla quale voteremo il prossimo 28 settembre.
Signor Andrey, quattro anni fa lei era contrario all’e-ID, oggi è in prima fila nel difenderla. Cosa è cambiato?
«Io sono sempre stato convinto della necessità di avere una carta d’identità elettronica. Ma la proposta su cui abbiamo votato nel 2021 era problematica a livello di affidabilità e fiducia. I documenti d’identità devono sottostare a un controllo democratico, dello Stato, non di aziende private che possono approfittarne per tracciarci e raccogliere dati su di noi».
La novità di questa e-ID è solo la gestione da parte della Confederazione?
«No, oggi votiamo su una tecnologia all’avanguardia, se paragonata nel confronto internazionale, che garantisce una sicurezza elevata e che risponde perfettamente alle richieste del parlamento. Questa e-ID è il frutto di un processo molto svizzero, molto democratico».
Ma è davvero così indispensabile avere una carta d’identità elettronica?
«Le sarà già capitato di scannerizzare la sua carta d’identità per affittare un appartamento o anche solo di inserirne i dati per dimostrare la maggiore età nell’acquisto di vino su internet. I documenti d’identità fisici sono fatti per il mondo fisico, non per il digitale. Con l’e-ID diamo più potere ai cittadini e ne riduciamo la divulgazione di dati».
L’e-ID divulga meno dati della carta d’identità?
«Con l’e-ID si può scegliere quali dati divulgare. Non c’è nemmeno bisogno di fornire la propria data di nascita al commerciante online per dimostrare la maggiore età. Oltretutto con questo sistema sarà possibile sanzionare le piattaforme che chiedono troppi dati».
Quali piattaforme chiedono troppi dati?
«Per esempio, le piattaforme che vendono tabacco, perché devono garantire di avere clienti minorenni. Dal 1. gennaio 2025 le piattaforme di streaming e gaming hanno due anni per trovare una soluzione per instaurare delle barriere d’età, per proteggere i minori da queste offerte. L’e-ID lo renderà possibile in maniera anonima, evitando di dover scannerizzare i propri documenti, che è la peggiore opzione che potremmo offrire alla popolazione».
Sarà possibile usare l’e-ID per vietare l’accesso ai siti pornografici ai minorenni?
«È importante dire che l’accesso a questi siti non è regolato dalla legge e-ID ma dalla legge per la protezione dei minori, che è già in vigore e che prevede che le piattaforme abbiano delle barriere d’età. Ma come? In Inghilterra ora chiedono una foto della carta d’identità per accedere ai siti pornografici. L’e-ID sarebbe una soluzione molto più semplice, anonima e sicura rispetto alle carte d’identità, che del resto vengono spesso hackerate».


Di cosa sta parlando?
«Ancora questa estate c’è stato un caso grave, in Italia, di 70.000 documenti d’identità hackerati. Erano stati scannerizzati negli alberghi. Poi questi dati sensibili finiscono sul darknet e possono essere usati in modo illegali. Con l’e-ID il problema non sussiste».
L’e-ID è al 100% a prova di hacker?
«È importante sapere che quando utilizzo l’e-ID non lascio tracce che possano permettere alle autorità o a terzi di capire perché l’ho utilizzata. Non c’è una raccolta dati. E la migliore protezione dei dati è quella di non crearne».
Una curiosità, se posso chiederle. Lei cosa pensa dell’intelligenza artificiale?
«Come informatico sono affascinato da ciò che è stato sviluppato negli ultimi quindici anni. È qualcosa di cui dobbiamo approfittare come società. Tuttavia, le grandi opportunità sono sempre accompagnate da grandi rischi. Oggi assistiamo a una corsa tra Paesi e aziende per imporsi nell’IA, ciò che è molto problematico perché questi strumenti devono servire all’essere umano, non a un portafogli».
Non crede che l’essere umano ne stia approfittando?
«La mia impressione è che siamo ostaggi del capitale. Ci manca un dibattito di società. Se lasciamo andare avanti le cose così, il risultato sarà che una manciata di imprese potrà definire cos’è l’IA. La politica deve prendere in mano questo dossier e trovare una soluzione che difenda gli interessi della popolazione svizzera e non solo di alcuni portafogli».
La politica è in grado di prendere in mano l’IA?
«Con il senatore PLR Matthias Michel abbiamo presentato in primavera una mozione che chiede al Consiglio federale di creare un vero ecosistema di dibattito, attraverso tutti i livelli dello Stato, l’economia, la società, al fine di forgiare una vera politica dell’IA».
Cosa intende per vera politica dell’IA?
«Io auspico una comunità che sappia far emergere delle buone pratiche, delle buone soluzioni. Ci vogliono delle regole, altrimenti saremo schiacciati dalle potenze economiche, ciò che non sarà sano per la nostra democrazia e per la nostra posizione nel mondo. Spero si possa trovare una soluzione svizzera».


Cosa intende per soluzione svizzera?
«Intendo una soluzione che metta al centro gli interessi della popolazione svizzera e non di alcune grandi aziende. Un esempio può essere Apertus, il modello sviluppato dai politecnici svizzeri, che è molto bello, affidabile ed è in open source. Questa è la strada da seguire».
E sulle criptovalute che opinione ha?
«Io sono un grande sostenitore della tecnologia blockchain, che è un concetto molto interessante. Tuttavia, in questi anni è stata usata molto per le criptovalute e meno per altre applicazioni che potrebbero essere molto importanti».
Quindi non crede nelle criptovalute?
«Non vedo un reale valore creato dalle criptovalute. A maggior ragione in Svizzera. Perché se abbiamo uno Stato di diritto affidabile, se abbiamo una moneta gestita da una banca centrale rispettabile, l’utilità delle criptovalute è davvero molto limitata».
In altri Paesi invece possono essere utili?
«È diverso dove lo Stato non funziona o dove è molto difficile fare scambi di valore tra le parti. Lì vedo delle possibilità per le criptovalute. Ma oggi come oggi ci sono soprattutto iniziative che non creano valore e non risolvono alcun problema. In particolare mi disturbano i bitcoin, che generano un consumo di energia gigantesco e assolutamente sproporzionato in rapporto al valore creato».
Sarebbe bello se in Consiglio federale sedesse una persona competente come lei.
(ride)
Le capita di pensare cosa farebbe se fosse al posto di Ignazio Cassis?
«Mi capita più spesso di pensare che si trova in una posizione scomoda e che non vorrei essere al suo posto... La mia era una candidatura seria, avevo riflettuto a fondo su cosa avrei fatto se fossi stato eletto. Ma non è andata così e quindi mi sono concentrato su altro. In questo momento sull’e-ID, in futuro vedremo».