Trasporti

La coda dei camion sarà sempre più lunga

In Ticino si prevede un ritorno in massa al trasporto merci su gomma – Complice la riorganizzazione di FFS Cargo – E gli esperti sono preoccupati
©Gabriele Putzu
Andrea Bertagni
Andrea Stern
Andrea BertagnieAndrea Stern
22.06.2025 06:00

Una cerimonia funebre. Per ora simbolica. L’hanno messa in scena lo scorso 12 giugno a Berna i ferrovieri affiliati al Sindacato del personale dei trasporti (SEV) per esprimere tutta la loro preoccupazione per l’ultima riorganizzazione di FFS Cargo, l’azienda delle FFS diretta da Alexander Muhm. «La situazione è realmente grave», sostiene Thomas Giedemann, segretario del SEV a Bellinzona. Grave non solo per la prevista «soppressione di 440 posti di lavoro in Svizzera entro il 2030», di cui una quarantina in Ticino. Ma anche perché, sottolinea dal canto suo la granconsigliera dei Verdi, nonché presidente di Pro Alps, Nara Valsangiacomo, questa ristrutturazione significherà «il ritorno su strada di oltre 100.000 camion all’anno, in gran parte in transito lungo l’asse Nord-Sud», e di conseguenza anche sul Ticino, un territorio «già fortemente sollecitato dal traffico pesante e dal pendolarismo transfrontaliero».

A essere toccati dalle misure decise da FFS Cargo, che entreranno in vigore dall’anno prossimo, saranno in particolare il traffico combinato, che verrà fortemente ridimensionato con la chiusura di 8 terminal sparsi in tutta la Svizzera, tra cui quelli ticinesi di Cadenazzo e Lugano-Vedeggio, e la cosiddetta autostrada viaggiante (RoLa), che sarà completamente chiusa. Un punto interrogativo riguarda anche l’officina di FFS Cargo di Chiasso, che oggi assicura una cinquantina di posti di lavoro, e si occupa della manutenzione di locomotive e carri.

L’incontro con il Consiglio di Stato

Da qui la preoccupazione dei dipendenti, dei sindacati e di una parte della politica parlamentare ticinese. Che mercoledì prossimo si incontreranno alla Casa del popolo a Bellinzona per fare fronte comune e capire quali soluzioni poter mettere sul tavolo. Sempre settimana prossima anche il Consiglio di Stato ticinese avrà un incontro con il SEV per verificare quali possono essere i margini di manovra al di là delle prese di posizione pubbliche e ufficiali all’indirizzo del Dipartimento federale dei trasporti e al suo responsabile, il consigliere federale Albert Rösti, nonché ai vertici di FFS Cargo.

Anche Luca Benato, che è referente per il settore Cargo del sindacato dei macchinisti Verband Schweizer Lokomotivführer und Anwärter (VSLF) è seriamente preoccupato. Perché, dice, «i posti di lavoro persi non torneranno più». Tutto questo nonostante le rassicurazioni di Muhm, per il quale non si dovrà parlare di licenziamenti, se non in via eccezionale, ma di ricollocamenti e trasferimenti interni. Questo perché, Benato è sicuro, «chi non accetterà il trasferimento sarà licenziato». Un’eventualità che, continua il sindacalista, colpirà in particolare i nuovi macchinisti ticinesi, perlopiù giovani, appena assunti e formati.

Sono insomma settimane di forte preoccupazione e amaro in bocca per i ferrovieri ticinesi che lavorano nel settore delle merci. Preoccupazione per i tagli dei posti di lavoro e «lo smantellamento» all’infrastruttura, Giedemann usa proprio questa parola, «smantellamento», dopo anni in cui sono stati confrontati con altre ristrutturazioni. Questo perché, non è affatto un mistero, «è da quando è nata, nel 2000 - aggiunge Giedemann - che FFS Cargo è in sofferenza» ed è quindi sottoposta a cambiamenti e riforme strutturali per far quadrare i conti, che però non migliorano mai e hanno spinto il direttore generale delle FFS, Vincent Ducrot ma anche lo stesso Consiglio federale a chiedere risultati migliori all’azienda. Risultati ma soprattutto «strategie votate alla difensiva, tramite la diminuzione del servizio alla clientela e poco innovative - chiarisce il sindacalista -. La rete del traffico combinato era un servizio innovativo che ora viene praticamente chiuso».

I motivi della crisi e le risposte di una volta

Comprensibile che i conti in rosso suscitino preoccupazione ai vertici delle FFS, ragiona il rappresentante del SEV, «ma Cargo soffre pure per il rallentamento dell’economia, che come ben sappiamo è ciclica. Con queste riorganizzazioni messe in atto con una velocità impressionante, si compromette il futuro di FFS Cargo e si rischia di mandare all’aria il trasferimento delle merci dalla strada alla ferrovia, con buona pace dell’Iniziativa delle Alpi approvata una trentina di anni fa, che ha sancito nella Costituzione la protezione della regione alpina dal traffico stradale di transito». Giedemann però non contesta le difficoltà. «Il trasporto ferroviario sta subendo i contraccolpi delle scelte tedesche. La Germania ha trascurato la propria rete ferroviaria: perturbazioni e cantieri creano gravi ritardi. Un vero disastro. Ma invece di chiudere l’autostrada viaggiante si potevano cercare alternative, come ad esempio quella di riaprire il terminal a Basilea-Kleinhüningen. Quando la galleria autostradale del San Gottardo nel 2001 è stata chiusa a causa dell’incidente che costò la vita a undici persone, in quattro e quattr’otto si è deciso di realizzare un terminal per la RoLa a Brunnen. Basta volerlo, insomma»

Così invece, continua nel suo ragionamento il sindacalista, si decreta solo la morte del traffico merci. «Un direttore (Alexander Muhm) che si comporta in questo modo non ha una visione, gli interessa solo far quadrare i conti per farsi vedere bello. Per questo noi del SEV abbiamo segnalato il pericolo già mesi fa e abbiamo messo in scena un funerale simbolico di FFS Cargo».

Nara Valsangiacomo è invece convinta che un margine di trattiva esista ancora, pur convenendo con Giedemann di stare assistendo a uno smantellamento. «E purtroppo non è finita qui», sottolinea, riferendosi al futuro e a quello che potrebbe ancora capitare. Ecco perché assieme ad alcuni colleghi deputati in Gran Consiglio ha inoltrato un’interrogazione al Governo per chiarire che la chiusura anticipata dell’autostrada viaggiante (RoLa) tra Friburgo in Brisgovia e Novara e la chiusura da parte di FFS Cargo di otto terminali per il traffico combinato, tra cui quelli di Cadenazzo e Lugano Vedeggio, lasciando in Ticino il solo terminale di Stabio, rischia di compromettere seriamente la politica di trasferimento del traffico merci dalla strada alla ferrovia, con ricadute importanti anche per il Canton Ticino. «La strategia di oggi di FFS Cargo è quella di tagliare i rami secchi, ma è una strategia miope perché l’indebolimento del trasporto merci su rotaia - spiega Valsangiacomo - si ripercuoterà in modo importante sulla strada con regioni, come il Mendrisiotto, che si confronterà con una situazione di traffico ancora più critico di quello attuale».

Tra speranze e sano realismo

Da qui la necessità di non restare con le mani in mano e di trovare soluzioni, appunto. Soluzioni che la parlamentare si aspetta di trovare nel corso dei prossimi giorni, magari già mercoledì 25 giugno all’incontro di Bellinzona con le maestranze e i sindacati dei ferrovieri. «Sarebbe importante riuscire a mettere insieme una mobilitazione da parte di tutto il Ticino - prosegue la deputata - e non solo nel Mendrisiotto, dove il tema, come dimostra la lettera che il Municipio di Chiasso ha inviato al direttore del Dipartimento dei trasporti, Albert Rösti, è molto sentito per le inevitabili ricadute che ci saranno sul traffico stradale».

Nessuno, sembra di capire, mette in dubbio il fatto che si dovesse cambiare qualcosa, che si dovesse continuare a riorganizzare il settore Cargo. A contrariare sono le modalità, il «come» si è deciso di adattarsi alle mutate esigenze di mercato. «Il Covid e le varie guerre in corso hanno portato ad un periodo di rallentamento economico - precisa Giedemann – e in queste situazioni il traffico merci su rotaia va più in crisi del traffico stradale, che per sue caratteristiche riesce a essere più flessibile. Tuttavia le previste drastiche riorganizzazioni, che mirano solo a tagliare posti di lavoro e servizio alla clientela, non hanno una vera visione a lungo termine e vanno a minare il futuro dell’azienda stessa».

Le preoccupazioni nel canton Uri

A non capire come si sia giunti a questa decisione è anche Elias Epp, deputato del Centro del Canton Uri. «Nel 2024 l’autostrada viaggiante ha trasportato 72.000 camion tra la Germania e l’Italia attraverso la Svizzera - scrive in un’interrogazione inoltrata al Governo urano - con la sua interruzione ci saranno inevitabilmente ulteriori oneri per la popolazione, l’economia e l’ambiente del Cantone di Uri. Giacché saranno inevitabili ulteriori ore di congestione. Il volume di traffico è già considerevole e un aumento e non dovrebbe in nessun caso essere ulteriormente incrementato da questo tipo di decisione».

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