L'analisi

La flotta «ombra» di Putin il contrabbandiere

Tra Russia e Ucraina è in corso una guerra segreta, che non conosce limiti o confini
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Davide Illarietti
07.12.2025 06:00

Il fronte del mare tra Russia e Ucraina non si è mai placato. Anzi, ha visto estendersi i duelli anche lontano dal focolaio principale. Con mosse a sorpresa parte di una guerra segreta che non conosce limiti o confini.

Negli ultimi giorni una serie incalzante di episodi con obiettivo la flotta fantasma creata dalla Russia per aggirare l’embargo internazionale. Il 28 e il 29 novembre due petroliere, la Kairos e la Virat, sono colpite da droni marittimi in Mar Nero, non lontano dalle coste turche. Operazioni filmate dagli ucraini. Segue un «incidente» sulla Midvolga 2, a bordo non greggio ma olio di girasoli, prodotto comunque importante: Kiev, però, nega un suo coinvolgimento. Mistero, invece, su un quarto caso, avvenuto al largo del Senegal. La petroliera Mersin, con a bordo greggio russo, segnala un’esplosione nella parte poppiera. Imbarca acqua, le conseguenze sono serie. Non è chiaro cosa abbia provocato la deflagrazione, c’è chi ipotizza un sabotaggio dopo uno scalo in Togo. Non un paese a caso: ha di recente firmato un accordo che concede alla Russia l’uso di Lomè come appoggio per unità militari.

La catena di attacchi - veri e presunti - è parte di una strategia sviluppata nel corso di mesi. I servizi segreti ucraini hanno preso di mira quasi una decina di petroliere ovunque ne hanno avuto l’occasione. Ecco lampi nel Mare del Nord, vicino alla Spagna, tra Libia e Malta, in Grecia ma anche a Vado Ligure dove a febbraio un paio di ordigni aprono squarci sul fianco della Seajewel, battente bandiera maltese e sospettata di far parte dei traffici. Gli esperti ipotizzano l’uso di mine magnetiche, ci sono punti di contatti con altri attacchi.

Gli attacchi provocano un’onda lunga. Dopo i colpi sulla Kairos e la Virat il Cremlino ha alzato i toni minacciando ritorsioni pesanti contro il nemico e i suoi alleati. In allarme anche Ankara preoccupata per la sicurezza della navigazione e dei riflessi strategici. Il presidente Erdogan, al solito, ha giocato su mille tavoli offrendosi come mediatore, vendendo droni a Kiev, dialogando con Vladimir Putin. Il solito pendolo di chi cerca di contare in una fase estremamente incerta quanto pericolosa.

L’Ucraina ha lanciato la campagna contro la flotta ombra, composta da centinaia di «vascelli», in parallelo agli strike sui siti petroliferi dell’avversario. Un tentativo di far pagare un prezzo a Mosca e un modo per rispondere al martellamento quotidiano delle sue infrastrutture. Più volte il presidente Zelensky ha sollecitato azioni più decise da parte dell’Occidente nel contrastare il contrabbando di petrolio da parte dei russi. Un network noto, sviluppatosi sotto gli occhi di tutti, spesso portato avanti con trasbordi di oro nero in alto mare. Alcuni punti geografici del Mediterraneo sono diventati il luogo di «scambio»: parliamo di quadranti a sud della Grecia o di Malta oppure nel settore di Cipro come a nord dell’Algeria. Tutto avviene in acque internazionali e, dunque, è impossibile un intervento diretto. A livello diplomatico ci sono stati dei passi nei confronti di alcuni paesi che possono fare di più in termini di controlli. Tuttavia, è ben poco rispetto al volume degli affari. Alla fine è il guadagno a comandare.

In questa storia delle navi c’è poi una seconda dimensione, emersa da indiscrezioni in Gran Bretagna. C’è il fondato sospetto che l’intelligence russa stia usando dei mercantili per infiltrare agenti: sono persone che arrivano in modo legale a bordo di cargo e una volta a terra conducono missioni di ricognizione attorno a basi militari. È una diversificazione rispetto all’impiego di certe «carrette» del mare avvistate nei pressi dei cavi di comunicazione subacquei. Una presenza giudicata ad alto rischio per il timore di sabotaggi o di test per valutare le nostre difese. La morale è semplice: la coperta della sicurezza è sempre più corta.