L'analisi

La grande ascesa del maresciallo Kim

È un momento d'oro per il dittatore nordcoreano, a lungo tempo "paria" della politica internazionale
Guido Olimpio
07.09.2025 06:00

Kim Jong un è raggiante. Così ce lo mostrano le ultime foto, immagini che sintetizzano alla perfezione il momento di grande successo del dittatore nord coreano.

L’agenda del leader si è aperta, pochi giorni, fa con la visita ad una fabbrica di missili balistici dove ha ordinato di aumentare la produzione. Tappa non casuale. Poco prima aveva consegnato nuove case agli operai di un’azienda agricola statale. Indossava un cappello di paglia a larghe tese, simile a quello di suo nonno, Kim Il Sung, figura alla quale si ispira nei modi e nelle scelte.

Poi il Maresciallo è salito sul treno speciale che lo ha portato a Pechino. Una lenta marcia in quanto il convoglio è blindato: ha tutto ciò che serve, dagli arredamenti pregiati a cibi prelibati, tranne la velocità. Il «capo» non si fida troppo degli aerei e se può preferisce questo mezzo, ritenuto più sicuro.

Una volta nella capitale cinese Kim è riapparso con una folta delegazione dove spiccava Ju Ae, la figlia prediletta, ormai presenza fissa in tutte le uscite ufficiali e, secondo molti, destinata un giorno a prendere il suo posto. C’è molto mistero attorno a questa figura paffuta: tredicenne, dicono che abbia uno o due fratelli che nessuno ha mai visto, è sbucata dal «nulla» o quasi nel 2022 in una base missilistica al fianco del padre. Ed è quantomai significativo che Kim l’abbia portata nel viaggio a Pechino, tappa importante per lui in quanto era sulla tribuna al fianco di Xi Jinping e di Vladimir Putin, uniti nell’ammirare un’impressionante parata, zeppa di nuove armi a testimoniare la potenza del Dragone.

Il dittatore ha avuto anche modo di salire sulla preziosa limousine del neo-zar, un giretto riservato anche al premier indiano Modi, esempio plastico della «diplomazia delle auto», dove i presidenti - compreso Donald Trump - fanno sfoggio delle loro vetture. In questo sembrano dei comuni mortali ma che si considerano immortali: ciò è quello che pensano se è vero il dialogo sfuggito davanti ai microfoni e intercettato dai media.

L’insieme di tutto ciò è la consacrazione internazionale di Kim, personaggio per troppo tempo sottovalutato. Quarantuno anni, investito del compito di portare avanti la dinastia, studi in una scuola in Svizzera sotto gli occhi degli zii in veste di tutori, andato al potere nel 2011 alla morte del padre, si è conquistato uno spazio autorevole. Con le epurazioni si è sbarazzato di gerarchi e generali considerati poco fedeli, con fare deciso ha costruito un dispositivo bellico formidabile, dai missili a lungo raggio alle atomiche. Ha perfino accettato di dialogare in modo diretto con Trump, breccia storica usata però per ribadire che il suo arsenale non è oggetto di baratto diplomatico.

La linea di chiusura verso l’Occidente e la stessa Sud Corea - nonostante i ripetuti appelli di Seul - è stata seguita dal supporto pieno nei confronti del Cremlino per la guerra in Ucraina. Pyongyang ha messo a disposizione milioni di proiettili d’artiglieri, centinaia di batterie missilistiche e soprattutto un contingente di unità scelte usate da Mosca nella regione di Kursk. Le ultime stime ipotizzano 6 mila caduti in battaglia, un sacrificio riconosciuto pubblicamente dallo stesso Putin, pronto a ringraziare Kim e ad invitarlo al Cremlino. Altre carezze da parte di Xi e molta attenzione mostrata dai membri di altre delegazioni curiosi di incrociare il cammino di un uomo che esce raramente dai propri confini.

È incredibile ma non troppo. Il Maresciallo, alla testa del Paese più «ermetico» della Terra, si è preso la scena ed ha elevato la monarchia rossa a livello di potenza nucleare. Poco importa se non sappiamo quali siano le condizioni reali dei sudditi, possiamo solo immaginarle. Kim, passo dopo passo, è diventato uno dei protagonisti della sfida globale, ha dimostrato che sono gli «altri» ad avere bisogno del suo appoggio e non viceversa. Un trionfo personale che non lo indurrà certo a moderare la sua strategia. Un esempio, indiretto, per la giovanissima Ju Ae che, fin da adolescente, apprende l’arte del potere in una fase della Storia per nulla semplice.

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