In positivo

La lunga strada di Saroo per tornare a casa

La vicenda di un bambino indiano disperso, che dopo 25 anni è riuscito a ritrovare i genitori, è diventata un libro e un film – Pieno di sofferenza ma anche di coraggio
Il piccolo Saroo e il momento dell'incontro con la madre, dopo tanti anni.
Prisca Dindo
23.11.2025 10:30

La vita per chi nasce nelle periferie dell’India non è facile. Se poi il padre abbandona il tetto coniugale per andare a vivere con un’altra donna, sopravvivere a Ganesh Talai diventa una scommessa.

Saroo vide la luce nel 1981 proprio in quel sobborgo di Khandwa, dove povertà e malnutrizione sono all’ordine del giorno. Quando suo padre lasciò la famiglia, il piccolo Saroo aveva appena cinque anni. Malgrado gli sforzi di mamma Kamla, lui e i suoi fratelli più grandi sprofondarono nella miseria più estrema. Una sera, Guddu, il fratello maggiore, prese il treno per Burhanpur, una città a settanta chilometri a sud, dove forse avrebbe trovato un impiego. Doveva andarci da solo, ma il piccolo Saroo aveva insistito tanto che alla fine accettò di portarlo con sé.  Arrivati a Burhanpur, i due scesero dal treno. Guddu si recò al lavoro, mentre Saroo lo aspettò accomodandosi su una panchina della stazione. Visto che l’attesa si prolungava, si addormentò. Al suo risveglio, Guddu non c’era ancora e lui si preoccupò, perché era passato molto tempo. Cominciò a cercarlo ovunque: anche in quel treno fermo alla stazione, che però si mise in moto non appena lui salì. Il viaggio verso l’ignoto durò a lungo. Non erano previste fermate fino a Howrah, la più grande stazione indiana alle porte di Calcutta e Saroo rimase prigioniero del convoglio.

Riuscì a scendere a quasi duemila chilometri di distanza da casa: era solo e non conosceva una parola della lingua parlata a Calcutta. Malgrado lo smarrimento iniziale, non si perse d’animo, inconsapevole che poche ore prima il destino avverso aveva già preso la vita di suo fratello Guddu, falciato da un treno nei pressi di Burhanpur. Tentò di tornare a casa salendo su treni diversi, ma siccome ogni volta si ritrovava a Howrah e si rassegnò. Visse dapprima nei pressi della stazione, poi come un senzatetto nelle strade di Calcutta.

Alla fine, fu consegnato a una stazione di polizia, che lo mandò in un centro governativo per bambini abbandonati. Dopo qualche settimana, fu trasferito alla Società indiana per l’adozione, che tentò invano di rintracciare la sua famiglia. Un anno dopo Saroo fu adottato da una famiglia australiana. Nel frattempo, mamma Kamla cercò disperatamente i suoi due figli e, dopo alcune settimane dalla loro scomparsa, fu informata dalla polizia del ritrovamento del corpo di Guddu. Poiché quello di Saroo non era stato trovato, Kamla continuò a sperare ma purtroppo le sue ricerche si rivelarono vane. Saroo crebbe a Hobart, imparò l’inglese e dimenticò l’hindi, come scrive Libreriamo.it, il sito italiano che racconta l’incredibile storia del ragazzo indiano. Pur sentendosi un australiano a tutti gli effetti, gli rimase la curiosità tipica di chi viene adottato. Inseguendo il richiamo delle proprie radici, iniziò a condurre ricerche sulla sua città natale. Si affidò ai vaghi ricordi che aveva e a Google Earth per cercare di identificare la stazione corretta.

Nel 2011, infine, riuscì a localizzare la stazione di Burhanpur e a trovare la città di Khandwa, di cui non ricordava il nome, ma che conteneva elementi riconoscibili. Nel 2012 - scrive il sito italiano - Saroo si è quindi recato a Khandwa ed è riuscito infine, il 12 febbraio di quell’anno, dopo oltre 25 anni dalla sua scomparsa, a ritrovare mamma Kamla, la sorella e il fratello superstite. Un miracolo che il giovane indiano volle condividere con tutti, firmando un libro intitolato «La lunga strada per tornare a casa», da cui è stato pure tratto un film.

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