L'intervista

«La mente umana ha una reazione precisa alle guerre: l'ideologia»

La neuroscienziata Leor Zmigrod studia da tempo il modo in cui, nel cervello, si forma il pensiero politico
Mauro Spignesi
05.10.2025 16:46

Il cervello? Un covo di estremismi ideologici. Un saggio della scienziata americana Leor Zmigrod, pioniera nel campo della neuroscienza politica mette a nudo «Il cervello ideologico» (Rizzoli,365 pp. 19,50 €) ed evidenzia come «la scienza dietro gli estremismi», spieghi l’accumulo di scelte e opinioni politiche che fluiscono nel nostro intelletto e spesso deviano nella violenza. Un cambiamento che chiede una sorta di allineamento da parte della mente «occupata» dall’idea che plasma i nostri cervelli. Un processo biologico spesso inarrestabile spiega la scienziata perché «certe ideologie seducono per la loro semplicità che infiamma e dispone a imprese temerarie. Diversi studi hanno confermato che le tendenze cognitive sono legate a doppio filo alle inclinazioni ideologiche.» In sostanza, più inflessibili siamo, più saremo disposti a fare del male a degli sconosciuti in nome d’un gruppo d’appartenenza o di un’idea.

Prof.ssa Zmigrod, nel suo saggio spaziando tra neuroscienze, psicologia, politica e filosofia ci fa capire come l’intelletto cognitivo può essere facilmente conquistato da ideologie che spesso diventano processi mentali di base piuttosto inquietanti: come avviene questa colonizzazione?
«Io parlo spesso di attrazione magnifica che coinvolge anche i cervelli più intelligenti, più performanti fra i nostri simili che subiscono il fascino d’una ideologia che esercita un’attrazione molto forte in virtù della coerenza, della certezza, della chiarezza, della spiegazione del mondo che offre. Perché in fondo l’ideologia ci spiega come funziona il mondo, ci offre un sistema di regole e ci indica come ci dovremmo comportare, quello che dovremmo pensare o non pensare: ci spiega chi siamo. E poiché il cervello è un organo che lavora per cercare di capire e anche di prevedere il funzionamento del mondo, in molti sono tentati da queste ideologie che offrono spiegazioni chiare e certezze».

Quindi, l’ideologia è una cosa positiva?
«Le ideologie sono storie che parlano dell’inevitabile. Leggi storiche, comandamenti, incubi distopici o sogni escatologici. La loro funzione è sempre la stessa: servire una storia strutturata per effetti, ammantata di un’aura di necessità. Ma la seduzione magnetica, che esprime l’ideologia non sempre è una cosa positiva: è carica di rischi e di pericoli e può danneggiare la nostra comprensione del mondo perché offre una spiegazione troppo semplicistica che non tiene conto di tutte le complessità e di tutte le sfumature della realtà che ci circonda. Il cervello è facilmente conquistabile da questo magnetismo, e certi cervelli sono anche più vulnerabili di altri».

Cosa attrae maggiormente, cosa seduce e dispone il cervello a invasioni non sempre affini al nostro stesso intendere?
«Sono due gli elementi attrattivi fondamentali dell’ideologia. Il primo è l’aspetto dottrinale, un sistema di regole molto prescrittivo che offre l’ideologia. E poiché il cervello lavora per cercare di prevedere il mondo e capire la realtà, l’ideologia offre una risposta a questo bisogno. Questo è il primo aspetto. Il secondo è quello relativo all’identità. L’ideologia offre un senso di appartenenza e risponde al bisogno che abbiamo di far parte di un gruppo, di entrare in connessione con altre persone, cose di cui il cervello ha bisogno per essere riconosciuto e capito».

Quanto e come l’ambiente influenza le nostre scelte ideologiche?
«Si studia ancora per capire come viene impattato il cervello dagli istinti e dai meccanismi del pensiero ideologico. Tutti gli elementi che riguardano la nostra educazione, l’ambiente socio-economico e tecnologico contribuiscono a farci capire in quale modo il cervello ci può spostare verso una determinata ideologia. Per questo, conoscere il funzionamento del cervello a livello biologico, è fondamentale. Così come sono fondamentali le guerre, le pandemie e le catastrofi naturali, perché ogni tipologia di stress ha un impatto sul cervello rendendolo più rigido, più intollerante e più ideologico. Ed è questo tipo di ambiente che ci rende più polarizzati».

L’estremismo com’è valutato dalla scienza?

«Studiando ho capito che le persone che sviluppano ideologie estreme non lo fanno semplicemente in base a un’opinione. Ma la struttura e il funzionamento del cervello cambiano di fronte all’adozione di una ideologia estrema. Questo l’ho accertato facendo degli studi sulla validità cognitiva, mettendo a confronto quanto rigido o flessibile può essere il cervello di una persona effettuando dei test neuro-psicologici percepiti come dei giuochi che non hanno niente a che vedere con la politica».

Questo le ha permesso di esaminare delle persone a livello basilare?
«Sì, e grazie a questi esperimenti s’è dimostrato che le persone più rigide, che hanno più difficoltà ad accettare il cambiamento e le situazioni incerte, sono le persone più portate all’estremismo ideologico. E questo a prescindere da destra o sinistra o dall’estremismo che riguarda i temi del nazionalismo o la religione. Qualsiasi estremismo è legato a una rigidità del cervello in ogni ambito, qualsiasi questione o tema della vita riguardi. Il cervello delle persone estremiste funziona in modo diverso non solo a livello politico: è proprio la struttura del cervello che è diverso. E questo per me ha un significato molto importante».

Quale?
«Che il tema dell’estremismo ideologico non è solo un problema a livello politico, quando si parla di elezioni o di un orientamento politico: è un problema a livello individuale, quasi biologico. Sto parlando della consapevolezza che si tratta di estremismi ideologi che ci possono danneggiare».

Dai tanti studi in atto è emerso un marker fisiologico dell’ideologia politica?
«Delle ricerche hanno messo in evidenza alcune caratteristiche dei cervelli più ideologici. Naturalmente ci sono molte differenze fra le persone. Uno è la rigidità cognitiva; un altro elemento tipico è l’impulsività emotiva. Stiamo parlando di persone che sono sempre alla ricerca di nuove emozioni, di sensazioni forti e che più facilmente abbracciano un pensiero ideologico anche se devono ricorrere alla violenza. Quando ci sono persone che hanno entrambe queste caratteristiche, sia la rigidità cognitiva, sia l’impulsività emotiva, ci troviamo di fronte ad un profilo che se incontra una ideologia persuasiva può risultare particolarmente disponibile».

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