Truffe

La mia falsa nipote

Un anziano racconta la disavventura con una coppia di truffatori e un falso ricovero al Civico
© CdT/Gabriele Putzu
Red. La Domenica
02.07.2023 06:00

«Seguitemi un attimo, perché è importante. Innanzitutto vi faccio una premessa. Non sono uno sprovveduto, ho studiato, ho girato il mondo, ho lavorato a lungo all’estero prima di tornare a Lugano in pensione, conosco diverse lingue, per la mia professione prima nel settore diplomatico e poi in quello delle imprese, ho avuto a che fare con persone di ogni tipo, da manager a uomini d’affari, e persino con alcuni detenuti. Insomma, pensavo di averle viste tutte. O quasi. Mi mancava la tentata truffa del falso nipote. Ne sento parlare da anni, ho letto sui giornali di vicende che mi parevano incredibili (spesso mi chiedevo: ma come hanno fatto a cascarci?), di vittime anziane che hanno consegnato parecchi soldi ai truffatori. Ho ascoltato testimonianze alla tv. Ho sentito gli appelli della polizia e di alcuni municipali».

Solo la freddezza ti salva

«Pensavo, sbagliando, d’essere impermeabile a certi fenomeni, d’aver capito esattamente come funzionano certi sottili meccanismi e la psicologia di certi criminali. Invece un pomeriggio della settimana scorsa queste mie convinzioni si sono frantumate per qualche minuto, e confesso d’aver barcollato anche io: solo la freddezza che sono riuscito a mantenere, messa a dura prova da tanti dubbi, ha evitato che anche io finissi nella ragnatela, in quella trappola organizzata e ben collaudata da personaggi evidentemente molto abili».

«Ecco, questa era la premessa. Vi dicevo, seguitemi perché ora vi racconto quanto mi è accaduto. Era pomeriggio e a casa mia squilla il telefono. Rispondo e sento la voce di una giovane donna che singhiozza, le parole si spezzano e avverto anche rumori di sottofondo. Mi spavento e chiedo subito: ma sei Amelia? Amelia è la mia amata nipote, penso che mi abbia chiamato lei. Lei mi risponde: «Sì, sono io nonno». Mi si gela il sangue e cerco di capire cosa stia succedendo. Lei mi racconta che è in ospedale, che l’hanno portata lì perché è stata (e sta ancora) molto male. Dice che i medici le hanno detto che ha preso una brutta forma di Covid, la più aggressiva. Dentro di me mi rimane il dubbio: è davvero mia nipote? Non so. Però in quel preciso momento sono anche combattuto: e se davvero è lei? Questo è evidentemente il primo meccanismo che i truffatori vogliono far scattare nella vittima: il dubbio».

«Mi concentro sulla voce, non mi pare sia la sua, ma singhiozza, non pronuncia bene le parole e anche questo alimenta altri dubbi. La voce, quella voce mi dice che ha bisogno di me, che ha bisogno di una medicina. Chiedo: ma in quale ospedale sei? Mi dice nel «nostro». Io replico: ma al Civico o all’Italiano? Capisco subito di aver fatto un errore, di averle dato involontariamente un vantaggio. Tanto che quella voce mi risponde: «No, al Civico». Avrei potuto giocarmela meglio, tendere una trappola. Vado avanti. Dico: «Ma perché non hai avvertito tuo padre (che, tra parentesi, avevo sentito tre minuti prima di questa chiamata)?». Mi risponde perché non voleva farlo preoccupare. Prima che io riesca a chiedere chiarimenti mi dice che devo parlare con il medico».

Entra in scena il medico

«Nonno, ti passo il medico», mi dice la voce. «Pronto, sono il dottor Barberis. La voce inizialmente è rassicurante. Mi dice che condizioni di mia nipote sono gravi e ha necessità urgente di un farmaco che la cassa malati non paga e che arriva dall’Austria. Costa, mi fa subito notare, 55 mila franchi. Nel frattempo, altro elemento che aggiunge dubbi alla vicenda, mia moglie ascolta la telefonata, capisce, e prova con il suo cellulare a contattare mia nipote, ma non risponde al telefonino. Dico alla persona che si è presentata come medico di darmi gli estremi del conto corrente dove io da casa posso versare i soldi richiesti. Provo così a tendere una trappola per capire bene chi mi trovo davanti. Ma lui dice che non si fa così. Non mi spiega però come vuole i soldi, pur tra mille dubbi e con un fondo di paura (e se davvero mia nipote è in ospedale?), vado allora all’attacco. Ribadisco che io pago ma solo se ho gli estremi di un conto corrente. La trattativa va avanti. Alla fine colui che si spaccia per medico mi dice stizzito che non ho a cuore mia nipote. E mette giù».

«A questo punto chiamo mio figlio e mi rassicura:mia nipote è impegnata in un lavoro con la scuola e non può rispondere al telefono. L’ultimo dubbio cade quando chiamo il Civico. «No, qui non esiste alcun dottor Barberis», mi raccontano. Chiamo la polizia che mi dice che si è trattato di una truffa del falso nipote che loro da tempo stanno tenendo la situazione sotto controllo. Chiedo se devo presentare denuncia, mi dicono di no, non è importante: stanno - mi ripetono - lavorando su questo fronte. Devo dire che questa esperienza mi è servita, perché quando vieni assalito dai dubbi, pensi che magari stai sbagliando, serve un colpo di reni per riportare la situazione sotto controllo. Io ci sono riuscito, ma quante altre persone questi delinquenti riusciranno ancora a truffare?».

«Alla fine mia nipote, avvertita da mio figlio, si è fatta viva. Mi ha mandato un Sms: «Ciao nonno, stai tranquillo io sto bene. Però quei soldi mi avrebbero fatto comodo!». A seguire un emoji con un sorriso».

(Questa testimonianza raccolta da La Domenica - che naturalmente conosce il protagonista - viene raccontata in prima persona proprio per far capire sfumature e meccanismi psicologici di un fenomeno criminale ormai molto diffuso. Che colpisce indifferentemente persone di ogni tipo).