«La mia vita a Lugano e i duelli con Valentino Rossi»

Cinque volte vincitore di titoli iridati nel moto mondiale, protagonista della rinascita del recente MotoGp assieme a Valentino Rossi e Marc Marquez. Jorge Lorenzo Guerrero nasce a Palma di Maiorca nel maggio ’87 sotto il segno del Toro. Una vita all’insegna del sacrifico e del duro allenamento, quella del pilota maiorchino, che dal 2013 vive a Lugano. Alla fine della stagione 2019 - in seguito ad un brutto infortunio che lo tiene lontano da diverse competizioni - annuncia il suo ritiro. «Mi sono reso conto che non era più possibile vincere». Oggi è un’altra persona, dal meno socievole del paddock è diventato un ragazzo spensierato, coltiva le sue passioni, viaggia e studia.
Dopo il suo ritiro è giunto il momento di quello di Rossi. Come vede il moto mondiale senza di lui?
«Valentino ha fatto la storia del MotoGp. Un pilota con molto talento, completo e che ha vinto tantissimo, indubbiamente il più carismatico, poiché ha fatto interessare alle competizioni motociclistiche anche gente a cui non interessava il nostro mondo. Tutti coloro che hanno fatto parte del moto mondiale - compreso il sottoscritto - devono essergli grati, il vuoto che lascia è grande. Ma sono sicuro che ora si dedicherà a nuovi progetti altrettanto soddisfacenti, gli auguro meno rischiosi».
La sua carriera da professionista si è conclusa prima rispetto a quella di Valentino Rossi.
«Bisogna smettere quando si comprende di non poter vincere più, per me è stato così nel 2019. Rossi invece tra le cose straordinarie che ha fatto c’è quella di mantenere ritmi alti così a lungo. Non è normale che un pilota termini a 42 anni la carriera, ma lui l’ha fatto. Poi si è reso conto che l’età ha avuto la meglio e ha detto basta. Io ho tanti buoni ricordi con lui, perché per 2-3 anni siamo stati la squadra più forte del MotoGp».
Il 2021 è il decimo anno senza Marco Simoncelli. Celebre la conferenza stampa in cui si è lamentato del suo stile di guida, e altrettanto celebre è la risposta del romagnolo: «I will arrest».
«Devo essere sincero, con lui ho pochi aneddoti. Abbiamo iniziato a correre negli stessi anni, partecipando più o meno alle stesse gare. Durante la mia carriera da pilota non sono mai stato - per lo meno nel paddock - una persona socievole. Ero molto concentrato sul mio lavoro. Nel 2011 Marco stava iniziando a fare grandi risultati, dal 2010 al 2011 aveva fatto una grande progressione. Ciò che non mi piaceva era la sua aggressività, quando vedeva uno spazio o una opportunità si piazzava, non pensava al lato tragico. Molti piloti - tra cui io- ci lamentavamo della sua prepotenza in pista: io sono sempre stato sincero e pubblicamente ho manifestato il mio disagio. Tutti ricordano quella scena. Ha fatto sorridere anche me, perché Marco Simoncelli era davvero autentico e naturale: aveva tanto carisma. Questo tipo di personaggi mi hanno sempre affascinato e sono da sempre apprezzati tra la gente».
Quest’anno la Ducati è la moto rivoluzionaria, la moto del futuro. A lei i problemi non sono mancati con l’italiana. Qualche rimpianto?
«A me non piace pensare a cosa avrei potuto fare e piangere sul latte versato. Avere una carriera perfetta è impossibile. Sicuramente la Ducati aveva scommesso molto su di me e io non ho vinto subito. Cambiare da una moto all’altra oggi è molto difficile. In quel momento c’era la convinzione che se un pilota vinceva su una Yamaha, vinceva anche su una Honda, una Suzuki o una Ducati. Invece Yamaha e Ducati sono le più opposte della griglia. La prima è molto “smooth”, la seconda è invece ruggente e aggressiva. Inizialmente guidavo la Ducati come guidavo la Yamaha».

E poi, cosa è successo?
«Piano piano ho cambiato il mio stile per adattarmi alla moto. La sfortuna è stata che nonostante il grande lavoro degli ingegneri per aiutarmi, all’inizio del 2018 i risultati erano peggiori che alla fine del 2017. Ducati ha perso la pazienza e ha deciso di puntare su Petrucci. Quando ho cambiato con Honda, e ho iniziato ad avere risultati, la Ducati ha avuto più rimpianti di me. Però penso che guardando sul lungo termine tutti e due, io e Ducati, ci chiediamo che cosa sarebbe potuto succedere con un po’ più di pazienza».
Allora non è stato un divorzio drammatico.
«No, ho tutt’ora molti amici li, soprattutto tra la linea e lo staff. Oggi Ducati ha una grande squadra, non solo i piloti ufficiali, Bagnaia sta guidando divinamente, ma anche i piloti nelle squadre private come Martin, Bastianini e Marini. Hanno tutti grande futuro: spero che prima o poi riescano a vincere il mondiale».
Pochi giorni fa (08.11.2021) era il sesto anniversario della sua quinta vittoria mondiale. Cosa ricorda di quel giorno?
«Sono una persona che ha una memoria selettiva, ricordo per anni, o per periodi, a volte mi capita di non ricordare singoli momenti. Però impossibile dimenticare la giornata più felice della mia vita. La sensazione è quella di raggiungere il massimo che puoi raggiungere nella tu disciplina, tutti i sacrifici, tutte le migliaia di ore che investi, vengono ricompensate con l’essere il migliore del mondo. Mi ricordo che abbiamo festeggiato ed è stata una serata indimenticabile».


Conclusa la carriera come pilota è stato ingaggiato come test driver da Yamaha. E poi?
«Abbiamo iniziato molto bene a Sepang. È stato un test improvviso perché la moto non era pronta, ma io volevo guidare. Così mi hanno dato la moto “vecchia”. I test sono andati bene, ma a causa del Covid tutto si è fermato. Yamaha è stato il marchio che ha fatto meno test in quel periodo, parlando con loro mi avevano detto che all’incirca per un anno non si sarebbero fatti test. Così, purtroppo, io mi sono lasciato andare in quanto a preparazione. Poi un giorno senza preavviso mi hanno chiamato per un test a Portimao, un circuito che mai era stato scelto per quel tipo di test, perché si tratta di una pista con molti sali e scendi. Io tra non essere molto in forma, un circuito nuovo, e una moto vecchia non sono andato veloce come si aspettavano. Yamaha ha deciso di non continuare ad investire su un pilota del mio status e di puntare su Crutchlow».
Dopo una vita da nomade tra i maggiori circuiti del mondo, come si sta a Lugano?
«Sono arrivato nel 2013. Uno dei motivi del mio trasferimento era la vicinanza con Monza, dove mio padre mi accompagnava ogni giorno per gli allenamenti con Yamaha. Dopo ho fatto amicizie qui, e mi è piaciuto sempre più. Penso che Lugano sia un compromesso tra molte cose, tra queste c’è la sicurezza, la tranquillità, la pace e la grande bellezza paesaggistica con il lago e i suoi monti. Poi alla fine se vuoi un po’ di movimento Milano è vicina».
La sua permanenza qui a Lugano si prolungherà?
«Sicuramente. Ho una grande base qui, mi piace molto viaggiare, soprattutto durante l’inverno mi piace andare in posti caldi. Mi offre sicurezza tornare qui dopo un viaggio».

Chi è Jorge Lorenzo oggi?
«Una persona sempre molto curiosa, ambiziosa, e se devo dirle uno dei miei più grandi interessi oggi dico la gestione dell’economia. Sto studiando molto, mi interessa la borsa, le crypto valute, la gestione del rischio: è un mondo molto difficile dove ho tanto da imparare».
Quindi le piace ancora rischiare?
«Sono diventato molto conservatore, mi piace diversificare, alla fine è importante in tutti gli ambiti della vita. Non bisogna mettere tutte le uova nello stesso paniere».
Lo sport è ancora tra i suoi interessi?
«Certamente! Vado ancora in bici, e in questi giorni sto prendendo in considerazione l’opzione di fare qualche gara in macchina. Poi a livello amatoriale gioco a calcetto, mi piace molto giocare a golf e a tennis. Ogni mattina mi alleno in palestra - cadesse il mondo! Data la mia passione per il cibo se non lo facessi sarebbe tremendo per la mia salute».
In questo momento è fidanzato?
«No. Sono single da tre anni e mezzo e sto bene così. Non mi reputo una persona chiusa, e non sono scettico nei confronti delle relazioni sentimentali. Semplicemente sono molto selettivo, e se scelgo di fidanzarmi è per stare bene, anzi, meglio di come sto da solo. Vedo la relazione come un arricchimento. Ciò che è sicuro è che mi piacerebbe in futuro avere una famiglia. Però forse se vado avanti di questo passo divento nonno prima di diventare papà».
Come si vede tra 10 anni?
«Sicuramente più vecchio, con i capelli bianchi - che già iniziano a spuntare - e con più rughe. Scherzo. Auguro a me stesso di acquisire più saggezza con la vecchiaia»