Storie

La rinascita di Tamara e Claudia

Entrambe con una malattia grave agli occhi, sono tornate a vivere e ora aiutano gli altri
Blind person walking and crossing a crosswalk in the city using a white cane.
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
11.05.2025 15:47

Quando si scopre di essere malati ci si sente anche abbandonati, soli. Invece non è così. Perché c’è qualcuno che ci è già passato e ce l’ha fatta. Sapere questo infonde tanto coraggio». Tamara Zoller, 54 anni, è di Lugano e fino al 2014 ha lavorato in banca. Poi, qualcosa ha cominciato ad andare storto. «Ho iniziato a soffrire di emicranie, facevo fatica a leggere e tornavo a casa distrutta, mi sentivo uno straccio». Tamara ancora non ne aveva idea. Ma stava avendo i primi sintomi del morbo di Stargardt, una malattia che in genere è caratterizzata da perdita progressiva della visione centrale associata ad obnubilamento della vista e, occasionalmente, a una progressiva difficoltà di adattamento al buio. Di solito la visione periferica è normale e nella maggior parte dei pazienti la visione dei colori è compromessa.

Oggi Tamara non lavora più in banca. Non può più. Ha trovato un’altra strada. Aiutare gli altri per conto di Retina Suisse, associazione nazionale per le persone affette da retinopatie e altre malattie del fondo dell’occhio. Ogni mese Tamara incontra e si confronta con altre persone che come lei hanno difficoltà visive; dalle degenerazioni maculari legate all’età alle retiniti pigmentose, passando per le degenerazioni retiniche ereditarie. Prima di aiutare gli altri, Tamara è stata aiutata a sua volta. Sempre attraverso il gruppo di auto aiuto che oggi conduce. «Ci troviamo al centro diurno dell’Unitas di Casa Andreina, parliamo di problemi di vista e di tutte le paure a loro connessi, come il timore del bastone bianco, come comportarsi con i mezzi pubblici o anche semplicemente come usare il computer e il telefonino. Siamo un gruppo molto unito. Nessuno esprime giudizi. Si danno consigli in base alla propria esperienza di vita».

Dal lutto a una nuova vita

Problemi con i trasporti pubbici, il bastone bianco, il telefonino. All’apparenza sembrano problemi di poco conto. Ma solo in apparenza. Perché confrontarsi e quindi trovarsi con chi ha gli stessi problemi significa sentirsi meno soli, meno abbandonati. «Vedo grandissimi cambiamenti nelle persone che partecipano al nostro gruppo. Quando arrivano sono nel lutto, poi a poco a poco riescono a ridare un senso alla propria esistenza», sottolinea Tamara, che oltre a spendersi per gli altri oggi vive di piccole cose, come specifica lei stessa. «Faccio yoga, sono nel comitato di Retina Suisse, conduco appunto il gruppo di parola…».

Tra strategie, rabbia e passi psicologici

Anche Claudia Genini, 40 anni, di Novazzano, ha dovuto imparare a convivere con la sua malattia, la retinite pigmentosa che l’accompagna sin dalla nascita. Oggi Claudia, che di professione è avvocato e lavora per la Confederazione da più di dieci anni nell’ambito del diritto fiscale, è quasi completamente cieca. «Penso che mi mancano solo alcuni mesi prima di non vedere più nulla del tutto», precisa. «Accettare la malattia - aggiunge - è un cammino, non si può fare finta di niente, anche se per buona parte della mia vita ho fatto appunto finta di niente». Finché è riuscita a fare quasi tutto, come andare in bicicletta, sciare e anche studiare all’università, Claudia non ci ha mai badato troppo. «Non ho mai pensato di informarmi su cosa volesse dire avere la retinite pigmentosa, non era per rifiuto, forse per una questione di sopravvivenza». Da ragazza ha così adottato tutta una serie di piccole strategie, mentre da adulta ha fatto finta di niente, accumulando però rabbia su rabbia.

Ma fare finta di niente a un certo punto è diventato impossibile. «Un anno e mezzo fa ho preso il bastone bianco. Sapevo che dovevo farlo ed è stato un passo psicologico difficilissimo, ma i miglioramenti seguenti sono stati incredibili. Mi si è aperto un mondo». Risultato: oggi Claudia è riuscita a integrare la malattia nella sua vita. «Essere entrata nel comitato di Retina Suisse è un traguardo e anche una sfida - dice - non vedo l’ora di mettermi a disposizione dell’associazione e condividere la mia esperienza con qualcun altro».

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