La domenica

La scuola militare che alleva campioni

Qual è il rapporto fra lo sport professionistico svizzero e l’esercito? Lo abbiamo chiesto al colonnello di stato maggiore generale Marco Mudry e a tre sportivi d’eccezione
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Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
16.01.2022 07:30

Cosa ci fa il logo Armée Suisse sulla giacca a vento di Corinne Suter, campionessa mondiale di sci mentre viene intervistata in TV? E Nico Hischier, stella hockeistica della NHL, perché appare nel video «La tua strada verso la vetta» diffuso sui canali sociali dal «formidabile esercito svizzero»?

Per rispondere a questi e ad altri quesiti abbiamo incontrato in videochiamata a Macolin il colonnello di stato maggiore generale Marco Mudry, da gennaio 2021 comandante del Centro di competenza sport dell’esercito.

Ci siamo anche intrattenuti con due sportivi di punta di casa nostra che con il Centro di competenza di Macolin hanno a che fare: il cecchino e hockeista Luca Fazzini e l’esperto di gobbe innevate Marco Tadé, entrambi con i Giochi Olimpici di Pechino 2022 nel mirino.

Vi è anche un «fuoripista»: l’ex calciatore di caratura nazionale e internazionale, Angelo Elia, ci dirà del suo servizio militare, vissuto quando il professionismo nello sport non c’era e quindi nemmeno una promozione strutturata dello sport di punta da parte della Confederazione.

Esercito e promozione dello sport
Marco Mudry, 46 anni, di Bellinzona, dove risiede con la famiglia, talento giovanile del mezzofondo del Gruppo Atletico Bellinzona (GAB), 27 anni vissuti come milite nell’ambito della milizia, di cui 21 come ufficiale professionista. Tradotto: da recluta fucilieredi montagna ad Airolo a nel 1994 a colonnello di stato maggiore generale, l’uomo da cui passa tutto quanto riguarda l’attività sportiva dell’esercito e la sua promozione.

Partiamo dal basso, ossia dalla giovane futura recluta che trascorre le giornate davanti a un computer e che magari lo sport lo conosce soltanto dalle riprese degli sportivi in TV. L’incontro ineludibile con l’esercito svizzero diventa l’occasione per togliersi le pantofole...

«Sì - commenta il comandante - come definito dal regolamento 51.041 dell’esercito svizzero, l’efficienza e il benessere fisici sono essenziali per un milite, affinché possa svolgere i compiti da lui richiesti. In tal senso, la loro promozione si fonda su istruzioni sportive, perfezionamenti, competizioni e test che tengono degli insegnamenti tratti dall’ambito della scienza sportiva».

Saliamo di qualche gradino nella piramide e arriviamo sulla «vetta» delle abilità sportive. Ecco comparire allora giovani donne e uomini con prospettive di livello europeo, mondiale, olimpico e paralimpico, come i citati Corinne Suter e Nico Hischier e i para-atleti Elena Kratter e Fabian Recher, i primi nella storia a svolgere la scuola reclute. È qui che entra in gioco il Centro di competenza sport dell’esercito di Macolin, che offre agli sportivi di punta tre percorsi per combinare al meglio il dovere civile con il piacere personale di praticare uno sport di alto livello. «La promozione dello sport di punta a livello federale - osserva Mudry - nasce dall’impulso essenziale dato dal consigliere federale Adolf Ogi nel 1998. Di consigliere in consigliere, ciò ha portato alla prima scuola reclute per atleti d’élite nel 2004 con a seguire i relativi corsi di ripetizione, con la prima donna a indossare una tuta mimetica nel 2006 per impulso di Samuel Schmid. Nel 2010 è stata la volta dell’introduzione dei militari contrattuali, per giungere al 2019-2020, con Viola Ahmerd e il raddoppio del numero di reclute sportive da 70 a 140 e l’introduzione di moduli nella formazione militare».

Essere uno sportivo d’élite non è evidente, contano i risultati, le medaglie, i titoli

Essere uno sportivo di punta
Dal 2004, allora, ai giovani sportivi di punta si presentano le tre opzioni sopra evidenziate. Essere uno sportivo d’élite non è evidente, «contano i risultati, le medaglie, i titoli», chiosa il comandante. Occorre raggiungere i livelli stabiliti da Swiss Olympic e dalle rispettive federazioni sportive delle diverse discipline. Diventare un soldato atleta pure. La selezione passa da un’attenta valutazione condotta dall’Ufficio federale dello sport (UFSPO), dal Comando della scuola reclute per sportivi di punta, da Swiss Olympic e dalle Federazioni. «Superata la selezione, al soldato atleta si presenteranno 18 settimane di scuola reclute, suddivise in 5 settimane in cui si apprendono i fondamentali della vita militare indossando la tuta mimetica (istruzione sanitaria e a muoversi in contesto militare, inno nazionale) e 13 settimane durante le quali il giovane può svolgere l’attività sportiva a tempo pieno, usufruendo di tutte le strutture messe a disposizione dai centri federali di Macolin, Tenero e Andermatt».

Repetita iuvant
Conclusa la scuola reclute, come ogni cittadino svizzero sa, la storia con l’esercito continua con i corsi di ripetizione, 245 giorni complessivi di servizio. «Qui gli sportivi possono effettuare ogni anno al massimo 30 giorni. Parallelamente essi possono però svolgere 100 giorni all’anno di servizio volontario, una possibilità resa possibile dal 2013 su impulso del consigliere federale Ueli Maurer. Per fare un esempio concreto, Corinne Suter, quando lo scorso anno ha vinto la medaglia d’oro nella discesa libera e quella d’argento nel supergigante a Cortina, stava svolgendo il servizio volontario». Un esempio concreto della promozione dello sportiva voluta dalla Confederazione.

18 militari contrattuali
Dal 2010, l’esercito svizzero offre inoltre ai massimi talenti sportivi elvetici la possibilità di firmare un contratto temporaneo. «Si tratta di un contratto di lavoro firmato con l’esercito, per una classe di salario 7 della durata minima di 4 anni. In sintesi, l’esercito fornisce all’atleta tutte le condizioni - sportive, sanitarie, infrastrutturali - per focalizzarsi al massimo sullo sport in vista del suo obiettivo: le massime competizioni, europee e mondiali. Attualmente i militari a contratto temporaneo sono 18 (9 per gli sport invernali e 9 per gli sport estivi)». L’esercito non pretende che tutti vincano una medaglia. «No, certo, esigiamo però che dicano apertamente che il loro datore di lavoro è l’esercito. Che sui lo siti personali lo esplicitino. Che siano disponibili per attività di rappresentanza. Che il logo Armée Suisse sia ben visibile sulle loro divise, come citato all’inizio del testo. In sintesi, che fungano da ambasciatori dell’esercito svizzero e della sua promozione dello sport». Trattandosi di un contratto lavorativo vero e proprio, il processo di selezione è analogo a quello svolto da un’azienda quando voglia assumere un collaboratore. Pubblicazione di un’offerta di lavoro, raccolta e selezione delle candidature, colloqui. Con la decisione finale che spetta al comandante del Centro di competenza sport dell’esercito Marco Mudry.

La formula per sportivi d’élite mi ha permesso sia di apprendere le basi militari, anche sul fronte sanitario, sia di mantenere il mio livello sportivo

Il militare secondo Tadé, Fazzini ed Elia
Incrociamo Marco Tadé, 26 anni, di Tenero, professionista del freestyle, per telefono mentre si trova nell’UTAH, Nordamerica, per gareggiare a Deer Valley. Partecipazione ai Giochi Olimpici di Pechino in tasca, della sua esperienza con la scuola recluta per sportivi di punta non può che sottolineare la grande opportunità di aver potuto combinare dovere civile e sport professionistico. «Allora – ci racconta – la scuola reclute era divisa in due blocchi sull’arco di 2 anni in sedi diverse. Un primo blocco di 5 settimane a Lyss, con una formazione di base militare al 50% il mattino. Nel pomeriggio invece con un furgone potevamo recarci a Macolin per allenarci. Le restanti 13 settimane tutte a Macolin». Corsi di ripetizione? «Non faccio mai un corso di ripetizione vero e proprio» - prosegue Marco -. Per la mia disciplina siamo sempre di base a Tenero e potendo marcare 130 giorni all’anno sotto l’arma, sono nelle condizioni di allenarmi e gareggiare in giro per il mondo. Anche in questo momento sono sotto l’arma». Diventare un milite contrattuale? «Ci ho pensato. Ho effettuato anche il colloquio a Macolin, ma non sono stato scelto».

Luca Fazzini, 26 anni, originario del Mendrisiotto, cecchino dell’Hockey Club Lugano con 476 partite in NLA spalmate su 10 stagioni. Il «Fazz» sottolinea come di anno in anno abbia potuto riscontrare i tangibili miglioramenti a livello di infrastrutture e di organizzazioni messi a disposizione degli “Spitzensportler”. «Come Marco Tadé, anch’io ho svolto la scuola reclute su due anni, con le prime 5 settimane a Wangen e l’anno successivo a Macolin. La formula per sportivi d’élite mi ha permesso sia di apprendere le basi militari, anche sul fronte sanitario, sia di mantenere il mio livello sportivo. Nelle 13 settimane successive ricordo che abbiamo fatto molta teoria militare con l’appello ogni mattina, per il resto potevamo allenarci due volte al giorno». Far parte di questo gruppo di sportivi militari non è per tutti. «Occorre essere nel giro della Nazionale - osserva Luca -. Essere stato scelto è stato perfetto, se penso agli sportivi del passato che vedevano magari bruciarsi una stagione a causa del servizio militare». Come non è il caso del Top Scorer bianconero.

Angelo Elia, 64 anni, già dilettante nel FC Lugano e poi tra i primi professionisti a Ginevra con il Servette, sembra provenire da un altro mondo. «45 anni fa il professionismo nello sport ancora non c’era, eravamo giocatori di calcio normali senza alcuno statuto. Si navigava a vista. Se incontravi il capitano, il tenente o il caporale che era tifoso del Lugano, seguiva il calcio ed era sportivo, le cose funzionavano bene, per cui avevi permessi e agevolazioni. In caso contrario poteva succedere di essere visto come qualcuno che intaccava il loro potere, e allora si rischiava di soffrire». Elia rievoca come il suo capitano l’avesse proprio messa sul piano dell’autorità e del comando. «Ricordo ancora quel sabato sera ad Aarau; la sera prima avevo dovuto effettuare la 50 km a piedi, sacco compreso. Poi avevo segnato 2 reti, ma a metà tempo avevo dovuto chiedere la sostituzione». Scuola reclute a Bellinzona, Angelo Elia aveva comunque avuto la possibilità di recarsi a Lugano per gli allenamenti. Ma che fatica. Altro che agevolazioni, e con il rischio di essere mal visto dagli altri commilitoni.

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