Il reportage

La sicurezza sale in carrozza

Risse, aggressioni, furti: treni e stazioni sempre più al centro di episodi di violenza – Ma in Ticino la situazione è più tranquilla che altrove, come abbiamo potuto appurare seguendo da vicino la Polizia dei trasporti
©Gabriele Putzu
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
25.08.2024 06:00

Venerdì mattina, stazione di Bellinzona. Stefano Tarusello e Ivan Di Clemente camminano in direzione del binario 3, dove è in arrivo il treno per Locarno, che arriva da Nord. «Questo è un convoglio frequentato soprattutto da turisti. Vediamo cosa succede», dicono salendo i gradini. Addosso hanno radio, borsa sanitaria e tutto l’equipaggiamento di polizia. Perché sia Tarusello che Di Clemente sono due agenti a tutti gli effetti. Anche se della Polizia dei trasporti. E quindi rispondono alle Ferrovie federali svizzere (FFS) e alla Confederazione, come i loro colleghi della Polizia federale, delle Guardie di confine e della Polizia militare. Sono due agenti di polizia anche perché hanno fatto la scuola cantonale di polizia a Giubiasco e come i loro colleghi hanno conseguito il diploma federale. A differenza dei loro colleghi, con i quali collaborano grazie a un accordo firmato nel 2013, proteggono però solo le aree delle stazioni, le linee ferroviarie, gli edifici FFS, i centri nevralgici, le dighe (come quella del Ritom), le merci, il personale FFS e ovviamente i treni. Anche se, come detto, collaborano sia con la polizia cantonale, le Guardie di confine e le polizie comunali. Non soltanto per le occasioni che li vedono impegnati sul campo. Come un arresto in stazione. Ma anche per eventi particolari. Come seguire i tifosi che arrivano a Lugano in treno per andare a Cornaredo a vedere l’FC Lugano. Collaborazioni e sinergie esistono anche con le forze dell’ordine italiane e il Centro di cooperazione doganale di Chiasso.

© CdT/Gabriele Putzu
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Il controllo a Riazzino

Una vera e propria unione di forze. Che dà risultati concreti. Come quando all’altezza di Riazzino, Tarusello e Di Clemente si fermano davanti a un uomo vestito di nero con due grandi valigie davanti ai piedi. L’uomo, che ha un cappellino e un cappuccio della felpa ben calcati in testa, non ha tanta voglia di parlare. Nega di avere con se i documenti, anche se poi in un secondo tempo li mostra. Gli agenti gli chiedono di non tenere le mani in tasca e di restare tranquillo. È solo un controllo di routine. Tarusello si mette in contatto con la Centrale unica di allarme (Cecal) di Bellinzona, che controlla le generalità dell’uomo sulle banche dati. Nulla da segnalare anche se è conosciuto dalle forze dell’ordine. «Il bello di questo lavoro è che è molto vario, ogni giorno può accadere qualcosa di diverso», dice Di Clemente. Che ha sempre desiderato fare il poliziotto. «In più - aggiunge - è anche molto autonomo». Bello significa però avere a che fare molto spesso con situazioni negative, come aggressioni, danneggiamenti, risse, furti. «Sì, ma i miei ricordi più positivi sono quelli che hanno contribuito a riportare serenità e tranquillità alle persone», annota il poliziotto.

Il treno arriva alla stazione di Locarno in perfetto orario. I due agenti scendono e si dirigono verso la biglietteria, dopo aver salutato due capi treno. Che ricambiano con sorrisi. «Siamo tutti della stessa famiglia», specificano Tarusello e Di Clemente. Anche perché tra i loro compiti c’è anche quello di proteggere il personale del treno. Non una sciocchezza dato che è già capitato che assistenti e controllori vengano presi di mira da viaggiatori «poco cortesi».

Non tutti i treni sono uguali

Altrettanto poco rare sono le situazioni non troppo tranquille, soprattutto in Svizzera tedesca e francese, dove avvengono periodicamente episodi di violenza. «In Ticino non è così, da noi la situazione è più calma», sottolinea Gianfranco Salvatico, sostituto capo della Regione Sud della Polizia dei trasporti. A dirlo sono i numeri. Non solo dei reati e degli interventi. Ma i numeri stessi dei viaggiatori e dei frequentatori delle stazioni. «A Zurigo, dove arrivano e partono quasi tutti i treni svizzeri, è normale che possano accadere più eventi rilevanti e l’attenzione è quindi più alta».

© CdT/Gabriele Putzu
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Se è scontato dire che non tutte le stazioni sono uguali, non è così banale affermare che la stessa cosa vale per i treni. A Lugano Di Clemente e Tarusello salgono su un treno nazionale partito da Chiasso. «Qui c’è un altro tipo di utenza e noi ci concentriamo ad esempio anche sulle valigie», annotano i due agenti, che hanno appena finito di parlare con il capo treno. Che gli ha subito riferito se ha notato situazioni gravi o sospette. Che meritano di essere approfondite. I due agenti percorrono il convoglio dall’inizio alla fine. Come hanno fatto anche sul treno regionale che da Locarno è arrivato a Lugano. Camminano e guardano tutti i viaggiatori e i loro bagagli. Non notano niente di sospetto. La radio li avverte che a Bellinzona i colleghi hanno invece fermato un taccheggiatore. Ha rubato qualcosa da uno dei negozi della stazione. «Anche il dialogo con i negozianti è molto importante - sottolineano - per quello parliamo anche con loro. A volte ci segnalano qualcosa. Non soltanto i viaggiatori diciamo più agitati. Ma anche situazioni particolari che meritano di essere approfondite». A Locarno è tutto tranquillo. Stessa cosa a Lugano. Anche se il tempo è poco. Perché bisogna salire sul convoglio per Bellinzona. Che parte tra pochi minuti. Tarusello e Di Clemente conoscono quasi tutti gli orari a memoria e sanno cosa aspettarsi su ogni tipo di treno.

Le forze in campo e la bodycam

Tra pochissimi giorni, da settembre, indosseranno anche le bodycam, le telecamere che hanno già testato in passato e che si sono rilevate un ottimo strumento. Oggi sono sistemate in uno degli spazi che la Polizia dei trasporti ha alla stazione di Bellinzona, che è la sede principale della Regione Sud. Un’area che copre la linea ferroviaria che va da Chiasso ad Arth Goldau e attraversa quindi i Cantoni Ticino, Uri e Svitto. Le altre regioni sono la Est, il Centro e l’Ovest. Mentre la centrale nazionale si trova a Olten. Dove si trovano gli operatori che rispondono all’0800 117 117, il numero di emergenza della Polizia dei trasporti. Che viene composto automaticamente ogni volta che qualcuno schiaccia il pulsante verde che c’è in ogni scompartimento dei treni.

© CdT/Gabriele Putzu
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«In Svizzera la Polizia dei trasporti può contare su 273 unità di cui il 14.6 % è composto da personale femminile - specifica Salvatico -. Gli agenti operativi sono circa 180 e si occupano di pattugliare le stazioni e i treni, di prevenzione, di effettuare gli interventi e di mantenere l’ordine pubblico sui trasporti pubblici». Tutti gli altri appartengono allo Stato maggiore, alla Centrale operativa, all’unità cinofila, ad altri settori specialistici e al gruppo video e graffiti, che si occupa di analizzare le riprese video delle stazioni e sui treni. Un’organizzazione di polizia in piena regola. Che non assomiglia più a quella dell’inizio degli anni Duemila, che si chiamava Securitrans.

Anche perché nel frattempo, nel 2010 e nel 2011, sono arrivate la Legge e l’Ordinanza sugli organi di sicurezza delle imprese di trasporto pubblico. Che oltre a disciplinare i compiti e poteri degli organi di sicurezza delle imprese di trasporto pubblico hanno definito le condizioni per l’impiego, la formazione, l’equipaggiamento e l’armamento e la collaborazione con altre autorità di polizia.

La rivoluzione della galleria del Ceneri

Anche un’altra rivoluzione ha in realtà inciso sulla Polizia dei trasporti. Ed è stata l’apertura nel 2020 della galleria di base del Monte Ceneri, dopo quella del San Gottardo. Tanto che Salvatico parla di un «Triangolo Città Ticino». mostrando una cartina in cui sono raffigurate le città di Bellinzona, Locarno e Lugano e i relativi tempi di percorrenza. Che con l’apertura del Ceneri sono stati abbattuti. «In 14 minuti una rissa che si scatena a Lugano può spostarsi a Bellinzona», fa presente il sostituto capo Regione. «E noi dobbiamo farci trovare pronti». Una rivoluzione in piena regola. «Il panorama operativo si è trasformato completamente con il Ceneri», ribadisce il poliziotto. Come a testimoniare una volta di più come i compiti della Polizia dei trasporti in Ticino si siano evoluti in contemporanea con lo sviluppo del cantone. In quattro anni è cambiato molto. E molto probabilmente cambierà ancora in futuro.

Come è del resto capitato alla stessa Polizia dei trasporti. Che oggi è una forza dell’ordine a tutti gli effetti. «In passato forse non eravamo immediatamente riconoscibili agli occhi delle persone e dell’utenza - rileva Di Clemente -. Oggi non è più così. Oggi la nostra divisa è un segno distintivo ben preciso. Che tutti hanno imparato a riconoscere».

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