Tech e rischi

«La tua faccia? Ci appartiene»

Privacy e democrazia sono in pericolo, un’inchiesta racconta come un’applicazione ha «catturato» miliardi di volti
La giornalista del New York Times Kashmir Hill con il suo libro-inchiesta.
Francesco Anfossi
24.03.2024 15:00

Tra non molto (diciamo da qui a qualche mese) uno sconosciuto potrebbe rubarvi uno scatto col telefonino e da lì, in pochi secondi, ricavare nome, indirizzo, accesso ai vostri social newtwork e tanto altro ancora. È come se tutti diventassimo delle «celebrities», facce che chiunque riconosce, come le pop star, tipo Madonna, George Cloney o Brad Pitt (senza peraltro avere i guardiaspalle di Madonna George Cloney e Brad Pitt). Tutto grazie all’applicazione basata sull’Intelligenza artificiale Clearview. A indagare su questo inquietante e distopico sistema che fa venire in mente Minority Report, o Blade Runner o ancora gli ultimi film di James Bond, è stata la giornalista del New York Times Kashmir Hill che incontriamo in un hotel milanese, autrice di una lunga inchiesta raccolta in un brillante volume dal titolo La tua faccia mi appartiene, (Orville Press editore).

I dipartimenti di polizia

Questa storia comincia nel novembre del 2019, con la telefonata di una fonte che svelava l’esistenza dell’applicazione mentre la giornalista si trova in un albergo svizzero, quando era al sesto mese di gravidanza. Una misteriosa compagnia stava vendendo questo superpotere «accurato al 98,6 per cento» ai dipartimenti di polizia di mezzo mondo. Dalla «dritta» parte una caccia ai proprietari della start-up di riconoscimento facciale. Una caccia fatta davanti al computer ma anche consumando le suole delle scarpe. «Dopo varie peripezie», racconta questa reporter minuta e determinata dall’aria vagamente Wasp, «trovai la sede». Dove? A Pechino, Bangkok, Tokyo, Manila? «No, a New York, a due isolati dal mio giornale». E così, in un pomeriggio grigio e freddo, la reporter col pancione si trascinò a piedi alla ricerca del quartier generale dell’app. «In teoria avrei dovuto metterci cinque minuti, ma avendo raggiunto quella fase della gravidanza in cui accelerare il passo significa scatenare le contrazioni, mi ci è voluto più del doppio». Una volta giunta sul posto le sorprese non sono mancate. «Non riuscivo a trovare l’entrata. Ero finita dentro Harry Potter, al binario 9 e ¾. Doveva esserci una porta magica - a trovarla». L’inchiesta è un thriller mozzafiato, ricco di colpi di scena, con personaggi che sembrano usciti da un romanzo di Ellroy, come il detective italo-americano Ferrara. «Avevo 38 anni, mi avevano appena assunto, venivo dal giornalismo online, dopo anni in cui scrivevo su un blog. Mi buttai a capofitto dentro questa faccenda: volevo capire chi c’era dietro», spiega Kashmir. «Ma è stato l’aspetto umano della vicenda che mi ha interessata», continua. «Come è possibile che questi piccoli imprenditori abbiano ingresso alle alte sfere tecnologiche, così potenti, di portata mondiale? Scrissi un articolo per il New York Times ma continuavo a rifletterci sopra. Mi chiedevo come questi ragazzotti avessero avuto accesso a sistemi così complessi e mi interrogavo sull’uso che ne facevano su persone totalmente inconsapevoli. Come aveva fatto questa piccola compagnia ad arrivare così in alto, ad archiviare tutte le nostre facce senza il nostro consenso? Nel loro database hanno miliardi di foto. Mi sono anche chiesta quali sarebbero stati i cambiamenti che tutto questo avrebbe portato nel mondo. La nostra identità, il nostro vissuto, avrebbe potuto essere ricostruito con un clic a partire dalla nostra faccia».

Una fortissima reazione

L’inchiesta ci mette in guardia da questo futuro distopico. Questa tecnologia di riconoscimento facciale infatti potrebbe essere utilizzata da candidati politici per fare delle ricerche sui rivali o sui suoi elettori. «La nostra identità, il nostro vissuto, avrebbe potuto essere ricostruito con un clic a partire dalla nostra faccia». Dopo la pubblicazione dell’articolo ci fu una reazione fortissima a livello mondiale in seguito alla rivelazione dell’esistenza di Clearview AI. Sono anche partite tutta una serie di cause legali negli Stati Uniti, dove l’app è in uso, e anche di ricerca e investigazione sia in Canada che in Australia, nel Regno Unito, in Europa fra cui anche in Italia da parte dei legislatori e regolatori della privacy. L’app è stata usata ad esempio per identificare i manifestanti nell’assalto al Campidoglio, il 6 gennaio 2021. «È un’arma a doppio taglio, non è del tutto negativa, ma bisogna gestirla è governarla. E invece è gestita da privati, che di per sé non devono rispondere a interessi che riguardano la collettività». In Svizzera ci sono state delle ordinanze di ingiunzione nei confronti di questo tipo di intelligenza artificiale di riconoscimento facciale e anche «Mister Dati» si è mosso.

Il peggior scenario possibile

L’idea che possano essere identificate delle persone che vanno a manifestare, conclude la giornalista, «rappresenta per me il peggior scenario possibile. Non vorrei vivere in un mondo in cui tutti possiamo essere tracciati. Del resto negli Stati Uniti la gente sarebbe decisamente più arrabbiata se fosse il governo ad utilizzare direttamente questo tipo di applicazione, lo considererebbe molto più invasivo e distopico. E così si ricorre all’appalto privato, anche se poi di fatto il governo le acquista e le utilizza».

Quando guarda le due figlie di 7 e 4 anni Kashmir riflette su un futuro in cui le sue bambine potrebbero essere identificate e finire chissà dove. Magari in una rete di malintenzionati. «Il primo antidoto è non pubblicare mai foto dei figli sui social. Io lo faccio solo nelle impostazioni private che riguardano solo i miei amici più stretti e la mia famiglia».

Durante la sua inchiesta la reporter Hill scoprirà che il principale detentore dell’app milionaria «gestiva un caffè dell’East Village di Manhattan». La mattina lucidava i bicchieri. La sera chattava con gli apparati polizieschi delle potenze Occidentali e non solo. Il finale, ovviamente, non ve lo riveliamo per non guastarvi la sorpresa.

In questo articolo: