Viticoltura

L'altra faccia del vino

Aumentano i vitigni naturali in Ticino: per i puristi è una scelta di vita
©Chiara Zocchetti
Andrea Bertagni
Andrea Bertagni
10.09.2023 11:47

Non è una moda e neppure un settore di nicchia. Almeno non più. Anche in Ticino, dove, seppur più lentamente rispetto a Italia e Francia, i vini naturali si stanno a poco a poco facendo largo, raccogliendo sempre più attenzioni e interesse. Naturali, ovvero vini che oltre a essere biologici in vigna, in cantina e in bottiglia non vengono «lavorati» ma sono lasciati «maturare» naturalmente, appunto. Ne consegue che al profumo e soprattutto al gusto appaiono molto diversi dai loro «cugini». Forma e sostanza, dunque.

Diversi per scelta. Perché chi abbraccia la produzione e la vendita di vini naturali non sembra farlo a caso. Ma mosso da una passione o in altri casi da una convinzione ben radicate. «I primi anni non sono stati facili - ammette Luisella Degani, che importa e vende vini naturali a Olivone - ci sono state delusioni e incomprensioni e inoltre i miei amici mi dicevano che ero pazza». Degani però, assieme al marito, tiene duro, anche se per aprire il suo negozio ne ha lasciato un altro ben avviato a Locarno. «La mia vita è stata stravolta», precisa. Oggi però l’attività, dopo le iniziali difficoltà, sta invece andando bene. «I clienti arrivano da tutto il Ticino, da Locarno, Chiasso, Lugano», sottolinea Degani con orgoglio. I clienti si fanno dunque i chilometri pur di gustarsi un vino diverso. Sicuramente insolito. Scalano persino la valle di Blenio, un luogo che Degani non ha scelto a caso. «Se punto alla qualità di vita non posso che vivere e lavorare in valle di Blenio». I clienti insomma ci sono e si spostano. Anche perché di enoteche specializzate in Ticino non ne esistono molte. Anzi, si contano sulle dita di una mano.

Dalla passione alla professione

Diversi eppure cercati. Anche se per trovarli bisogna fare chilometri. Chi beve naturale, insomma lo fa con convinzione. «Io preferisco chiamarli vini artigianali». Anche Mario Testa li importa e li vende, ma a Lugano. E anche Testa vede l’interesse crescente. «Certo, non c’è la stessa attenzione che si trova in Italia ed è paradossale, perché la capitale del vino naturale si trova a 70 chilometri dal Ticino, a Milano», chiarisce. Eppure qualcosa si sta muovendo. Anche in Ticino. Non solo cresce il numero di appassionati, ma anche di viticoltori. Che in parte o totalmente hanno abbracciato anche la produzione naturale del vino. Che non è semplice come si potrebbe pensare. Ma necessita di una preparazione forse anche superiore a quella classica, come dice Luciano Cavallini della cantina omonima (vedi articolo a lato).

Di sicuro chi beve alternativo non lo fa a caso. Anche se è per curiosità che il più delle volte ci si approccia al calice naturale. Testa ad esempio si è appassionato dopo un evento a Milano. Era il 2003. E dal 2015 ha deciso di farne una professione. Degani e suo marito invece hanno sempre mangiato biologico e un giorno si sono chiesti se avrebbero potuto anche bere in modo diverso. Il primo bicchiere è stato di scoperta. Il secondo di innamoramento. Prima lento, poi sempre più veloce. Fino a quando i coniugi hanno deciso di fare il passo, che gli ha cambiato la vita.

L’associazione nazionale

Altrettanto certo è che la Svizzera sta a poco a poco recuperando terreno. Se è vero come è vero che due anni fa è stata anche creata un’associazione mantello, l’Association Suisse Vin Nature (ASVN), che ha l’obiettivo di raggruppare produttori e venditori. Di più. «Di diventare una casa e al tempo stesso un luogo dove trovare consigli, aiuti e conoscenze», dice il presidente, Frank Siffert, specificando che a diventare soci possono essere solo i viticoltori biologici (non accade così ad esempio in Francia).

Uno scopo che comunque sembra già essere raggiunto. Visto che i soci aumentano anno dopo anno. Come ha dimostrato del resto anche il Festival svizzero organizzato lo scorso 21 agosto a Losanna dall’associazione - giunto alla terza edizione - e dedicato al vino naturale. A cui hanno partecipato più di 90 etichette. Anche perché il bicchiere naturale sembra incontare al momento più favori a Nord delle Alpi rispetto al Ticino. Al momento. In futuro, chissà. «I nostri numeri se confrontati con quelli della Francia - annota Siffert - possono sembrare piccoli. Ma in proporzione non è affatto così».

Curiosità, passione e convinzione, dunque. Ma anche sapienza. Perché anche in questo relativamente nuovo campo del vino improvvisare non è possibile. Con una precisazione.

Naturale solo se...

I vini naturali non sono quelli biologici, né biodinamici. Anche se spesso finiscono nello stesso calderone. Pur non essendoci regolamenti o direttive unanimi, nonché un’esatta definizione, si può dire che la vinificazione dei vini naturali prevede la fermentazione spontanea del mosto, senza aggiunta di lieviti selezionati e altre sostanze, fatta eventualmente eccezione per piccole quantità di anidride solforosa. Pure proibito è anche il ricorso ad altri procedimenti invasivi. Un’altra caratteristica determinante è in vigna. La vite deve essere coltivata esclusivamente con metodi di agricoltura biologica, o biodinamica o altri metodi naturali che escludono l’impiego della chimica di sintesi.

Una vigna, un vino

Patrick Ballabio della Cantina Riva Morcote ha abbracciato i vini naturali per ottenere vini più autentici, più in sintonia con le uve e le stagioni, «che non sono tutte uguali», chiarisce. «L’annata 2015 è stata ad esempio una delle migliori degli ultimi anni. Non così la 2016, più problematica, ma capace comunque di regalare vini eleganti e precisi». Alla base c’è sempre la volontà di ottenere vini «senza forzare le cose, senza costruirli», capaci insomma di sprigionare tutte le loro caratteristiche senza troppi interventi o affinamenti per omologare prodotti, gusti e sensazioni.

Ecco perché Ballabio nei suoi Merlot del Ticino aggiunge ad esempio «solo una piccolissima quantità minima di solfiti», lasciando da parte tutto il resto, come tannini, acido citrico, gomma arabaca, zuccheri ed enzimi. Il risultato è un Merlot «genuino, sincero», nato da una «fermentazione spontanea» e senza fretta che dona al vino un sapore delicato. Diverso.

La stessa attenzione c’è anche in vigna. Perché Ballabio non assemblea uve con altre. Una parcella, un vino, quindi. Così da ottenere «la massima espressione da quell’uva e dalla sua fermentazione».

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