Salute

«L'autismo si affronta dai primi mesi»

Costanza Colombi, psicologa clinica dello sviluppo, racconta il risultato dei suoi studi e di una terapia innovativa
© CdT/Gabriele Putzu
Prisca Dindo
18.02.2024 14:30

Nell’aula Magna della scuola media di Besso, la professoressa Costanza Colombi mostra due video agli specialisti dei Servizi cantonali dell’educazione precoce speciale in formazione. Il primo ritrae un bebé di un anno focalizzato soltanto sugli oggetti e non attento agli altri, compresi mamma e papà.

Nel secondo, girato alcuni mesi dopo, il medesimo bebé alterna l’attenzione tra i giochi e i genitori, vocalizzando in modo variegato. La gioia dei familiari di fronte al loro «nuovo» figlio è la stessa che si dipinge sul volto della relatrice mentre commenta le immagini.

Quello che Costanza Colombi ha appena mostrato agli specialisti in formazione potrebbe sembrare un miracolo, ma in realtà è il frutto di anni di studi. Costanza Colombi è una celebrità nel campo dell’autismo e il bebé del video è uno dei suoi piccoli pazienti ripreso prima e dopo il suo intervento.

Se una volta i medici non riuscivano a intercettare segni di autismo nei bambini sotto i tre anni, ora i ricercatori come la professoressa Colombi scoprono queste atipie già sotto il primo anno di vita. «Nei primi mesi dello sviluppo del bambino non facciamo diagnosi ma identifichiamo chiare immaturità e/o atipie» puntualizza la professoressa. Per esempio, un bambino di sette mesi che fissa un albero per più di trenta minuti senza riuscire a distogliere l’attenzione può costituire un campanello d’allarme. Ci sono altri segnali ben precisi, che la dottoressa elenca nel video a lato (inquadra QR).

Prevenire giocando

Il trattamento proposto da Costanza Colombi per curare queste atipie non è invasivo e non presenta effetti collaterali. Non procura stress sulla famiglia, né sovverte la quotidianità di mamma e papà. Anzi, per bambino e genitore si tratta di un gioco coniugato con un insieme di strategie da inserire nelle attività di accudimento come l’alimentazione, il bagnetto. «Noi riteniamo che qualche sollecitazione in più possa avere un impatto neurofisiologico - spiega la dottoressa - un po’ come con lo strabismo: per correggerlo copriamo uno dei due occhi. Coprendo un occhio cambia non solo il comportamento della persona strabica, bensì anche il suo cervello, che di fronte alla novità organizza una sorta di ristrutturazione neurofisiologica». Tutto dipende dal momento in cui intercettiamo i segni dell’autismo. Prima capita, meglio è: «Un intervento precoce può avere un importante effetto di prevenzione».

Ascoltare i genitori

È fondamentale che i medici di famiglia e i pediatri diano retta ai genitori quando bussano preoccupati alla loro porta. Se il bebé non sorride, non sostiene il contatto oculare o non si relaziona con mamma e papà, forse c’è qualcosa che non va. Meglio un controllo in più che attendere quando è magari tardi per la prevenzione. Convivere con un piccolo «assente» non è certo facile: sensi di colpa e sentimenti di angoscia e di rabbia attanagliano spesso i genitori.

«Infatti la sensazione più bella per me è vedere non solo un miglioramento nel bebé, ma pure nei genitori, che dopo un trattamento riuscito appaiono più sereni, perché riescono ad interagire meglio con il loro figlio».

Agire non significa snaturare

Un recente studio effettuato in Australia ha mostrato diagnosi di autismo tre volte inferiori sui bambini trattati già a partire dai nove mesi per rapporto a quelli non presi a carico; «siamo all’inizio, ci vuole cautela: forse il sistema non funziona per tutti, tuttavia abbiamo indicatori potenti» commenta Costanza Colombi.

«Naturalmente l’intervento deve avere l’obiettivo di sostenere il «funzionamento» della persona, non di farla rientrare in un modello standard». Il rispetto della neurodiversità di ogni paziente è un elemento fondamentale. «Prendiamo l’esempio di una persona autistica con buone capacità cognitive, ma con difficoltà a guardare gli altri negli occhi: una volta la si correggeva insegnandole ad affrontare lo sguardo altrui; invece io sono convinta che dobbiamo portare la persona autistica a funzionare al meglio rispettando la sua diversità: perciò se è in grado di comunicare in modo efficace senza guardare negli occhi dell’altro, noi dobbiamo rispettare il suo modo di essere, perché questa è la sua particolarità».

Lo spettro dell’autismo è variegato

Ma il mondo di un autistico è davvero così particolare? «Bisognerebbe domandarlo a loro - risponde la professoressa - anche perché lo spettro dell’autismo è molto ampio: ci sono persone con una compromissione cognitiva e linguistica importante e altre con capacità cognitive e linguistiche adeguate e, a volte, persino superiori alla media, persone che ultimamente hanno cominciato a parlare, condividendo il loro vissuto». Un esempio su tutti è Elon Musk: tre anni fa il CEO di Tesla e SpaceX ha fatto coming out annunciando al pianeta di rientrare nello spettro dell’autismo. «Eppure ci sta portando su Marte» conclude ridendo Costanza Colombi.

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