«Le casse pensioni hanno le riserve piene, è ora che ne beneficino anche i pensionati»

Il suo trisnonno Herman Greulich è stato nel 1870 il fondatore del primo partito socialdemocratico in Svizzera e in seguito pioniere dei movimenti operai nonché primo presidente dell’attuale VPOD e per lunghi anni parlamentare PS. Lei, Gabriela Medici, 39 anni, è forse meno conosciuta ma è considerata la «stratega» dell’Unione sindacale svizzera, colei che ha costruito dietro le quinte la vittoria sulla 13. AVS e che oggi, domenica, potrebbe concedere il bis sulla riforma del secondo pilastro.
Signora Medici, se posso iniziare con una domanda personale, come mai lei ha un cognome italiano o forse anche ticinese?
«Perché il mio bisnonno era ticinese. Arrivava da Breganzona e ha sposato la figlia del mio trisnonno Herman Greulich. Ma il mio passato ticinese si esaurisce lì. Nonostante il mio cognome, purtroppo non parlo italiano».
Siete un’intera famiglia di sindacalisti?
«In parte. Ma sull’arco di oltre un secolo, sono in tanti a essersi occupati di altro».
Lei è entrata nel sindacato per proseguire la tradizione familiare?
«No, in primo luogo per convinzione personale. Dopo il mio dottorato ho fatto altro ma nel 2018 si è presentata la possibilità di mettere a frutto le mie competenze giuridiche in qualità di responsabile del settore delle assicurazioni sociali per l’USS e io l’ho colta al volo».
Dicono che la 13. AVS sia la sua prima grande vittoria.
«È una vittoria collettiva. Ma è vero, vi ho partecipato anch’io».
Dicono che lei sia l’eminenza grigia dell’USS, che sia stata la stratega di quella vittoria.
«Io ho fatto più che altro il lavoro tecnico. Ho contribuito a formulare e implementare l’iniziativa. Ma la strategia è stata curata soprattutto da Daniel Lampart e Paul Rechsteiner».
Per il sindacato è stato un grandissimo successo.
«È soprattutto un grande miglioramento per i lavoratori e i pensionati».
Ma se la 13. AVS dovremo finanziarla tutti noi con l’IVA, sarà un po’ meno un miglioramento.
«Noi insisteremo affinché sia finanziata aumentando le detrazioni salariali. Ma anche se dovesse essere finanziata con l’aumento dell’IVA sarebbe comunque un buon affare per le persone con redditi medio-bassi».
È d’accordo con Alex Farinelli quando propone di obbligare gli iniziativisti a indicare fin da subito dove intendono trarre il relativo finanziamento?
«Credo che tecnicamente non sarebbe fattibile. Trovare un metodo di finanziamento è un compito che spetta al Parlamento».
Secondo i sondaggi, lei oggi coglierà un’altra grande vittoria, con la bocciatura della riforma LPP.
«I sondaggi sono solo sondaggi. Quello che conta è il voto dei cittadini. Vedremo».
Dovesse passare il vostro referendum, sarebbe un’altra storica vittoria per i sindacati.
«Sì, ma ancora di più sarebbe una vittoria per la solidità della previdenza professionale».
Non teme che in caso di bocciatura di questa riforma si dovrà trovare un’altra soluzione che potrebbe essere ancora più sfavorevole per i lavoratori?
«Nient’affatto. In caso di bocciatura, ci sarà più margine di manovra per ottenere dei migliori interessi e per garantire l’indicizzazione delle rendite al rincaro».
Crede davvero che sia possibile?
«Sì, oggi quasi la metà delle casse pensioni ha un tasso libero. Questo significa che le loro riserve sono piene. È quindi tempo che comincino a pensare ai pensionati, dando loro delle compensazioni contro l’inflazione».
In caso di sì, non potrebbero farlo?
«In caso di sì, tutte le casse pensioni dovrebbero creare riserve per finanziare le misure per questa generazione transitoria, ciò che è completamente assurdo a livello tecnico e non metterebbe al riparo da un calo delle rendite».
Il Consiglio federale dice che senza un sì il futuro delle rendite non è garantito.
«In questo momento la maggioranza delle casse pensioni sta molto bene. Anche l’autorità di vigilanza dice che non c’è più un problema sistemico nel secondo pilastro. Dunque è grazie a un no, oggi, che si potrebbe aprire la porta a un miglioramento delle rendite».
Sta dicendo che la riforma è inutile?
«Dico che questa è una pessima riforma. Servono riforme che portino soluzioni ai problemi reali. Ma il problema reale che abbiamo oggi non è di certo il tasso di conversione».
Il Consiglio federale dice che la riforma andrebbe a favore delle donne che guadagnano poco.
«È chiaro che bisogna fare qualcosa per chi lavora a tempo parziale o ha un salario basso. Questa riforma aiuterebbe un po’, ma al contempo penalizzerebbe molte altre persone che pure hanno rendite modeste. Il problema delle donne è che ricevono meno dal secondo pilastro perché effettuano più lavoro non remunerato. È partendo da questa constatazione che bisogna trovare una soluzione».
Andrebbe pagato il lavoro non remunerato?
«L’AVS ha un sistema che riconosce questo lavoro. Far crescere un bambino genera fra 300 e 400 franchi al mese di rendita AVS. Tecnicamente, è possibile pensare a un sistema simile anche per il secondo pilastro».
Più in generale, pensa che un giorno andrà alzata l’età del pensionamento?
«Non sta a me deciderlo. Io vedo che ancora pochi mesi fa il popolo ha nettamente bocciato l’aumento a 66 anni dell’età pensionabile. Penso che sia buono ascoltare il popolo».
Ma è finanziariamente possibile?
«Io spesso chiedo ai lavoratori se preferirebbero lavorare due anni in più oppure pagare 25 o 50 franchi al mese in più di contributi AVS. Le risposte sono chiare. E non vedo perché non dovremmo ascoltarle».