Le donne che mettono la maternità nel freezer

C’è chi non vuole giocarsi la propria carriera professionale, chi, dopo anni di studi accademici, desidera ritagliarsi un ruolo nel mondo professionale, chi teme di perdere il lavoro, oppure chi, più semplicemente, non vuole escludere l’ipotesi di diventare un giorno mamma, anche dopo una lunga relazione sentimentale infranta.
In Svizzera, le donne che fermano le lancette del loro orologio biologico affidandosi alla medicina e alle sue tecnologie più avanzate sono in costante aumento. Le statistiche delineano il fenomeno - chiamato «social freezing» (vedi specchietto a lato) - in forte crescita: nel 2023, sono state in duemilacinquecento a posticipare una potenziale gravidanza congelando gli ovociti, tre volte in più rispetto al 2019. Un incremento importante.
Non si tratta di donne che hanno optato per la crioconservazione (o vitrificazione) per motivi medici preventivi, come una chemioterapia imminente, bensì «pazienti che fanno ricorso a questo trattamento per assicurarsi la possibilità di diventare mamme anche quando la loro fertilità andrà scemando» spiega Silvia Colaci, embriologa presso Goiné, il centro medico legato alla clinica Sant’Anna a Lugano.
L’assenza di un partner
Oggi le donne investono nella propria istruzione e intraprendono una carriera professionale. Mettere in pausa la fertilità rappresenta una preziosa alternativa: da una parte mantengono aperti i progetti di vita, dall’altra non rinunciano a una vita familiare dopo gli -anta. «Sbaglia però chi pensa che chi si rivolge a noi lo faccia unicamente per motivi professionali o accademici. La maggioranza dei nostri pazienti si sottopone al social freezing perché é single. Sono donne che temono di non poter diventare un giorno mamme a causa dell’assenza di un partner» spiega Marina Bellavia, ginecologa e direttrice sanitaria della clinica Next Fertility ProCrea a Lugano.
Donne sempre più giovani
Fino a poco tempo fa, l’età media delle pazienti che si rivolgevano alle cliniche specializzate ticinesi era al di sopra dei 35 anni. «Fortunatamente negli ultimi anni, ci sono sempre più ragazze giovani che si rivolgono a noi», aggiunge la direttrice sanitaria di Procrea.
Una tendenza salutata positivamente anche dalla dottoressa Colaci. «Oggi parlare di fecondazione assistita non è più un tabù - aggiunge l’embriologa - Tutti noi abbiamo amiche o sorelle che hanno grandi difficoltà a diventare mamme, le giovani hanno capito che cercare una gravidanza in là negli anni non è una impresa facile, perciò si muovono d’anticipo. Vivono il social freezing come una sorta di paracadute: magari lo utilizzeranno, magari no, ma preferiscono preservare la loro fertilità da giovani piuttosto che sottoporsi ad una possibile procreazione assistita, che è molto più impattante, quando avranno 40 anni».
Dopo i 35 anni la strada è in salita
Le percentuali di riuscita del social freezing sotto i 35 anni sono più che buone: cinque ovociti garantiscono il quindici per cento per cento di possibilità di avere un bambino; otto ovociti, il quaranta per cento, mentre venti ovociti sfiorano l’ottanta per cento di possibilità. Più la paziente è giovane e più le chances di successo aumentano. A volte, gli specialisti consigliano alle pazienti di sottoporsi a due cicli di stimolazione per aumentare le chances di riuscita. Per chi ha superato i 35 anni, invece, la strada è molto più in salita. «A questa età - puntualizza la dottoressa Bellavia - le chances di aver figli si dimezzano in quanto con il passare del tempo gli ovociti non solo diminuiscono, ma peggiorano qualitativamente». Le statistiche mediche parlano chiaro: «dopo i 40 anni - aggiunge la dottoressa Colaci - le probabilità di un’anomalia cromosomica o di una patologia in un ovulo sfiora l’80% di probabilità, mentre a 20 anni si riduce al 5%».
È opportuno notare che in Svizzera, a una donna di 40 anni è consentito utilizzare i propri ovociti precedentemente congelati per la tecnologia riproduttiva solo se la fecondazione naturale non ha avuto successo o se si vuole prevenire la trasmissione di una malattia grave.
Mamme a 33 anni
Oggi la maternità tardiva è diventata una normalità «soprattutto se si considera che in Ticino l’età media delle mamme che mettono al mondo il loro primo bambino è salita a 33 anni, rispetto alla media di 31.3 anni del resto della Svizzera. Una differenza non indifferente», chiarisce Alessandro Santi, primario del centro cantonale di fertilità dell’EOC.
Ci sono però alcuni rischi. «È vero - puntualizza il primario - nelle madri meno giovani si registrano più complicazioni, come ad esempio quelle legate alla preclamsia. Ma è soprattutto dopo i 43/45 anni che la gravidanza potrebbe diventare più pericolosa».
Più in generale, anche il centro cantonale di fertilità dell’EOC è sempre più confrontato con pazienti giovani. «Noi suggeriamo la social freezing attorno ai 30 anni, perché la qualità degli ovuli è ancora molto buona, inoltre i costi della terapia non sono indifferenti» puntualizza il primario.
Una procedura costosa
Al di là delle stelle di Hollywood che hanno gatto ricorso a questa tecnica medica, la crioconservazione resta infatti una procedura troppo cara per l’altra metà del cielo d’Occidente. Siccome i costi non rientrano nella Lamal, molte donne, soprattutto se in giovane età, rinunciano al social freezing. Nel nostro Paese c’è chi ha proposto a Berna di porre rimedio alla situazione. Lo scorso maggio la consigliera nazionale socialista Farah Rumy, ha firmato una mozione indirizzata al Consiglio federale chiedendo, tra le varie cose, di far coprire almeno una parte dei costi alle compagnie di assicurazione malattia.
Una ricetta contro la natalità che arranca
Un mese dopo il Consiglio federale le ha risposto picche, ma il dibattito è ormai aperto. «Ciò è importantissimo!» conclude Marina Bellavia. «viviamo in un periodo in cui la natalità è ai minimi storici e il futuro non promette nulla di buono. Di questo passo non saremo in grado di assicurare il ricambio generazionale. Per questo motivo tutte le donne che oggi sono predisposte alla volontà di avere in futuro un figlio vanno aiutate. Ad esempio noi abbiamo deciso di introdurre per le nostre pazienti costi più bassi della media nazionale».