L'intervista

Le grandi sfide di chef Massimo Bottura

«La cucina nasce dalle idee e dal coraggio di infrangere vecchie tradizioni senza tradirle» dice il grande chef dell'Osteria Francescana, premiato per due volte come migliore al mondo
Mattia Sacchi
10.09.2023 16:45

«Chi sa solo di cucina non sa niente di cucina». Questa parafrasi di una celebre massima dell’allenatore di calcio José Mourinho sarebbe apprezzata da Massimo Bottura. Perché parlare con il grande chef dell’Osteria Francescana, premiato per due volte come migliore al mondo, vuol dire confrontarsi su idee, sfide globali e arte. Lo abbiamo incontrato nella sua acetaia di Casa Maria Luigia, alle porte di Modena.

Negli ultimi 4 mesi ha vinto nell’ordine: il premio Confartigianato Cultura, la Medaglia McKim per la diffusione della cultura e il Farnèse d’Or pour la Culture. Ormai definire Bottura chef è quasi riduttivo. «La realtà - dice - è che sono anni che sostengo che l’ingrediente più importante del cuoco del futuro è la cultura. È solo così che apri scenari, sviluppando la conoscenza, la coscienza per arrivare al senso di responsabilità».

Come si divulgano questi concetti in un mondo gastronomico come quello italiano, aggrappato a una profonda tradizione che certe volte sembra nessuno voglia mettere in discussione?
«Gli italiani nascono e crescono in mezzo a una cultura gastronomica che è una miscela di altre decine di culture che si sono avvicendate nei secoli, distillando i sapori e dando vita a una biodiversità culturale unica. Ma non possiamo fermarci a questo ed è nostro dovere andare oltre. Come sosteneva Picasso, copiare è un esercizio sterile, mentre «rubare» è fondamentale per evolvere. E quindi ho rubato le idee, in qualsiasi forma esse arrivassero, per trasformale in bocconi masticabili. Perché per rinnovare la nostra storia non basta essere diligenti, acquistando i prodotti giusti e seguendo copioni: bisogna avere il coraggio di rompere le tradizioni per ricostruirle, lasciandosi ispirare dalle idee contemporanee».

Coraggio: bisogna averne per toccare i capisaldi della cucina italiana, dalla carbonara al pesto. Si rischia quasi reato di lesa maestà. Non pensa?
«Nell’immaginario collettivo sono visto come un irriverente, ma in realtà nel profondo del cuore sono il più tradizionalista dei tradizionalisti. Solo che ascolto e ho fiducia nel mio palato, che mi porta a sperimentare nuove strade. Ad esempio nella mia acetaia produco aceto balsamico, così classico da aver vinto due medaglie d’oro. Ma nel frattempo, grazie alla mia esperienza e agli assaggi che ho fatto, dopo averlo fatto invecchiare in botti di legno di diverse qualità provo a svilupparlo. E creo dei veri e propri cru per arrivare a dei sapori inediti. Guardo il passato in chiave critica e mai nostalgica cercando di prendere il meglio e proiettandolo nel futuro».

A proposito di futuro, la grande sfida è quella della sostenibilità. Da anni lei denuncia l’enorme spreco alimentare di questa società.
«Molto semplicemente il modo di cucinare che utilizzavamo 20 anni fa non è più sostenibile. Ogni giorno produciamo cibo per 12 miliardi di persone, quando al mondo siamo 7 miliardi dei quali 800 milioni non hanno niente. È assurdo e rende noi stessi la prima causa dei cambiamenti climatici. Negli anni mi sono reso conto di come un cuoco possa uscire dalla cucina per alzare la voce ed esprimere le proprie riflessioni. Con l’Expo di Milano del 2015, grazie anche a persone illuminate come l’arcivescovo Angelo Scola e il regista Davide Rampello, abbiamo sublimato queste idee creando un refettorio. Uno spazio dove tutti potevano condividere un tavolo e mangiare piatti meravigliosi cucinati sfruttando lo spreco alimentare che arrivava in quelle settimane dall’evento milanese. Il successo è stato tale che siamo riusciti a coinvolgere artisti, designer, architetti e 65 tra i più importanti chef. Abbiamo replicato questo progetto in altre 14 città al mondo con il supporto di 105 mila volontari. Trasformando 950 tonnellate di cibo che sarebbe stato buttato in oltre 2 milioni e mezzo di pasti buonissimi per persone in difficoltà».

Una sardina può valere più di un astice d’allevamento, così come una crosta di Parmigiano è meglio di un caviale mediocre, basta saperli reinterpretare toccando le corde giuste

Basta poco per fare grandi piatti?
«Le chiamo le Working Class Hero, citando John Lennon: materie considerate povere che possono essere protagoniste di straordinarie ricette. Una sardina può valere più di un astice d’allevamento, così come una crosta di Parmigiano è meglio di un caviale mediocre, basta saperli reinterpretare toccando le corde giuste. La cucina contemporanea non è qualità delle materie prime ma qualità delle idee, investendo sulle emozioni, sulla bellezza e anche sul personale».

Questo non è sempre scontato. Anzi, si apre un altro capitolo, quello della sostenibilità finanziaria dei ristoranti stellati. Come stanno in piedi?
«La sostenibilità parte da come pianifichi il futuro. Noi prima della pandemia a Modena eravamo in 105: in piena crisi del settore abbiamo aumentato il personale a quasi 200 persone. Perché i giovani hanno sensibilità, idee e, se dai loro fiducia e un ambiente stimolante per crescere, sarai certamente ripagato. Ma mi rendo conto di dover essere il primo a dare un esempio etico, dal modo in cui li tratto a quello che faccio di concreto quando parlo di attenzione all’ambiente e allo spreco. Ed è proprio per questo che il prossimo ristorante che aprirò (nel 2024, ndr) sarà incredibilmente innovativo: dai materiali che Mapei ha studiato per pulire le acque piovane e usarle per l’irrigazione dei campi, ai pannelli solari da 89 Kw. Se dimostri di essere il primo a credere in certi principi sicuramente sarai di stimolo ai ragazzi che si troveranno confrontati con tutta questa bellezza».

Chi è Massimo Bottura

Massimo Bottura è considerato uno dei maggiori cuochi sulla scena della ristorazione mondiale. Bottura nel 1995 ha fondato e animato l’Osteria Francescana, ristorante nel centro storico di Modena, che nel tempo ha ottenuto e mantenuto tre stelle Michelin. L’Osteria Francescana, inoltre, per due volte (nel 2016 e nel 2018) è stato premiato come miglior ristorante al mondo al termine del sondaggio annuale realizzato da The World’s 50 Best Restaurant. Bottura è impegnato anche contro lo spreco alimentare e in occasione di Expo 2015 ha fondato l’associazione Food for Soul, per dare da mangiare ai più bisognosi con «mense sociali» a Milano, Bologna e Rio. Bottura gestisce e firma i menù affidati a chef suoi allievi anche a Firenze, in Asia e negli Stati Uniti.
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