Elezioni federali

Le spine nel fianco

A tu per tu con Amalia Mirante e Jacques Ducry, due personalità forti che spaventano i partiti
Le elezioni federali del parlamento in Svizzera si terranno il 22 ottobre 2023.
Andrea Stern
Andrea Stern
24.09.2023 12:30

Il primo ha rappresentato a lungo l’anima radicale del PLR, fino ad andarsene poiché sentitosi sempre più un pesce fuor d’acqua. La seconda è invece stata capofila dell’anima socialdemocratica del PS, fino al momento in cui ha capito di non essere più benvenuta in casa propria. Jacques Ducry e Amalia Mirante sono due personalità forti del centro-sinistra ticinese, forse troppo forti per i loro partiti di origine. Lui più concentrato sul tema dei diritti, lei sul mercato del lavoro, ora Ducry e Mirante si ritrovano entrambi candidati al Consiglio degli Stati (Mirante anche al Consiglio nazionale) su due liste di recente costituzione. Sulla carta nessuno dei due vanta grandi probabilità di elezione, ma entrambi potrebbero creare scompiglio. Soprattutto in un panorama politico in cui c’è sete di personalità forti.

Signora Mirante, sbaglio o è la prima volta che si candida per Berna?
«Sbaglia. Sono stata candidata al Nazionale per il PSnel 2007. Questa è la prima volta che mi candido anche per gli Stati».

Lo fa solo per marcare presenza?
«No, allora lo feci per riempire una lista, ora perché abbiamo creato un nuovo movimento che propone qualcosa di diverso. L’ambizione per gli Stati è arrivare al secondo turno, poi si vedrà».

Immagino che a sinistra non siano felici della sua candidatura.
«Non so, deve chiedere a loro».

Non vi sentite mai?
«No, può capitare di incontrarci a qualche dibattito, altrimenti non abbiamo contatti particolari».

Ma siete in buoni rapporti?
«Con i compagni e gli elettori sì, con la direzione non abbiamo rapporti».

A chi darà il suo secondo voto per gli Stati?
«Potrei esprimere anche un solo voto... Vedremo se ci sarà qualche candidata o candidato che si dimostrerà convincente».

Da quando è in Gran Consiglio non ha prodotto ancora alcun atto parlamentare. Siete anche voi uno di quei partiti che si agitano tanto prima delle elezioni ma poi si adagiano?
«Secondo me non è il numero di atti parlamentari che conta, bensì la loro consistenza e sostanza. Noi stiamo lavorando per proporre delle soluzioni innovative per il mercato del lavoro, che riescano a mettere insieme il mondo economico e lo Stato».

Per esempio?
«Stiamo preparando proposte sugli uffici regionali di collocamento, sull’apprendistato, sulla formazione di personale qualificato, sul sostegno alle piccole e medie aziende... Vogliamo presentare degli atti che possano essere condivisi dagli altri e concretizzarsi, non abbiamo interesse a produrre atti fini a se stessi, che servono solo a raccogliere click sui siti».

Lei crede davvero che il mercato del lavoro ticinese sia ancora salvabile?
«Dobbiamo salvarlo. Dobbiamo essere coscienti che il lavoro è il primo tema di cui dovrebbe occuparsi la politica. Perché tutto parte dal reddito, che è la prima forma di libertà e di autonomia di un individuo e di una famiglia. Non solo in età lavorativa ma anche dopo. La povertà nell’anzianità nasce a monte dall’impossibilità di essere assicurati in maniera degna. Nella nostra società tutto ruota attorno al reddito».

Se lei fosse eletta a Berna, cosa farebbe di diverso rispetto agli attuali parlamentari ticinesi?
«È chiaro che essere rappresentanti di un cantone e nel contempo fare parte di un partito nazionale i cui interessi non sono prioritariamente quelli del Ticino limita il margine di manovra. Noi di Avanti conTicino&Lavoro, non avendo una struttura nazionale, saremmo più liberi».

Come la Lega?
«Non so, non seguo le attività della Lega, ma mi sembra pur sempre che a Berna faccia parte del gruppo UDC, quindi...».

Infine, cosa pensa di Jacques Ducry?
«Non lo conosco molto bene, ma credo che gli vada sicuramente riconosciuto il merito di aver sempre dato un grande contributo al dibattito politico».

Signor Ducry, si è già pentito di essersi candidato agli Stati?
«Pentito? E perché mai?»

Dicono che la sua candidatura sia stata improvvisata durante una cena estiva con Guido Tognola.
«È vero che ci siamo lanciati solo alla vigilia del termine per la consegna delle candidature. Abbiamo raccolto le firme dei proponenti in poche ore. Ma quella cena, cui abbiamo partecipato in diversi, era solo l’ultimo di una lunga serie di incontri. Ci eravamo già trovati parecchie volte, avevamo dibattuto in modo acceso, avevamo stilato dei documenti di approfondimento».

Con quale obiettivo?
«Ridare una casa a chi si identifica nel radicalismo, non inteso come estremismo, bensì come difesa dei valori di giustizia, libertà, uguaglianza, laicità, umanesimo, trasparenza».

Perché lei si è candidato e gli altri no?
«Hanno pensato di mettere in campo quello sciagurato di Ducry, che stava proprio tornando dalla Toscana e che forse è più noto di altri... Poi a me è sempre piaciuto fare da ponte verso i giovani, cercare di valorizzarli. In questo caso la mia candidatura è complementare a quella del giovane Simone Conti. Abbiamo un approccio diverso, lui più razionale, io più passionale, ma ci completiamo molto bene».

Quindi sta facendo da chioccia.
«No, io sono piuttosto un galletto spelacchiato, che è passato alcune volte sulla griglia, ha perso un po’ di piume ma a volte è ancora capace di qualche sussulto... Mi metto a disposizione umilmente, consapevole dei miei limiti».

Non ambisce all’elezione?
«Se arrivassi alla soglia di sbarramento del 5% sarebbe davvero stupefacente. Non mi candido per ambizione bensì per dare un minimo di spazio ai valori che mi sono cari».

Quanto spende per la sua campagna?
«In due abbiamo speso 626 franchi per i santini. E basta. 313 franchi a testa, come la targa di Paperino, un personaggio che mi piace molto perché insegna che nella vita non bisogna prendersi troppo sul serio».

Cosa pensa di Amalia Mirante?
«È una donna affascinante, competente, abile, un po’ gattopardesca, sicuramente coraggiosa nel proporsi con il suo gruppetto. Credo che il PS abbia fatto un grosso errore a lasciarla andare, ma immagino che alle ultime elezioni qualcuno avesse paura di lei».

Siete due spine nel fianco della sinistra.
«Lei sicuramente sì, io non credo proprio. Non vado contro nessuno, non ho avversari, non ne ho mai avuti, il mio scopo in politica è sempre stato quello di federare.Solo in magistratura ho avuto degli avversari: i criminali».

Nessuno di voi due contribuisce a quell’unità di sinistra che lei ha per lungo tempo propugnato.
«Io ci ho provato in tanti modi ma mi sono convinto che con il sistema proporzionale è praticamente impossibile. Bisognerebbe passare al maggioritario, come in Francia. Dove, lo scriva pure, nel 2027 diventerà presidente Marine Le Pen perché un altro Macron non riusciranno a inventarlo».

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