Salute

L’informazione contro le neoplasie: molti uomini non sanno neanche cosa sia la prostata

Le statistiche non lasciano scampo: le donne dal ginecologo, ma i ragazzi non vanno mai a farsi visitare dall’urologo
Secondo un recento studio non solo quasi la metà degli over cinquantenni non aveva mai visto un urologo in vita sua, ma il 54 per cento degli intervistati nemmeno sapeva di avercela, la prostata.
Prisca Dindo
19.11.2023 15:17

Le statistiche non lasciano scampo: nel campo della salute, l’uomo fa prevenzione cinque volte in meno rispetto alla donna. L’altra metà del cielo si sottopone a tutta una serie di controlli che l’uomo evita scientemente, forse per paura di scoprirsi vulnerabile. Un timore tutto maschile che rischia di mettere a repentaglio la vita di molti. Non è un caso se gli uomini muoiono in media quattro-cinque anni prima delle donne e per cause in gran parte evitabili.

Il secondo cancro più diffuso nella popolazione maschile è quello alla prostata - la ghiandola che fa parte dell’apparato genitale maschile - eppure gli uomini non sembrano preoccuparsi di questa neoplasia che li colpisce più di ogni altra.

Se un uomo su due non sa cosa sia la prostata

Secondo uno studio promosso nel 2018 in diversi paesi europei da Doxapharma, azienda leader nell’ambito delle ricerche di mercato per il settore farmaceutico e della salute, non solo quasi la metà degli over cinquantenni non aveva mai visto un urologo in vita sua, ma il 54 per cento degli intervistati nemmeno sapeva di avercela, la prostata.

Inoltre il 43% del campione non si rivolgeva ad un medico se trovava tracce di sangue nelle urine, il 23% aspettava più di un mese prima di farlo in caso di frequente stimolo a urinare, mentre il 28% bussava alla porta del medico solo dopo più di una settimana dalla comparsa di bruciore o dolore. Ciliegina sulla torta: il 40% del campione intervistato non era stato in grado di dire cosa facesse un urologo e quando andrebbe consultato.

I controlli sono tabù per gli uomini

L’urologo è «l’alter ego» del ginecologo. È lo specialista che si occupa di valutare lo stato di salute dell’apparato riproduttivo maschile. Controlla il pene, lo scroto, i testicoli e la prostata. Esattamente come il ginecologo controlla vagina, utero, pube nelle donne.

«Oggi qualsiasi ragazza va dal ginecologo, magari accompagnata dalla madre la prima volta, ma difficilmente vediamo padri varcare la soglia dei nostri studi medici insieme ai loro figli maschi», annota Paolo Broggini. Viviamo nel terzo millennio tuttavia certi controlli sono ancora tabù. Da uno studio realizzato dal ricercatore italiano Nando Pagnoncelli, emerge che il 37% degli interpellati è convinto che ad allontanare i maschi dalle visite di controllo sia il fatto che «quando si sta bene non si ha voglia di pensare alle cose brutte che potrebbero capitare». Una visione tanto scaramantica quanto dissennata, perché condanna anche i giovani.

«Pensiamo ad esempio ai tumori ai testicoli nei ragazzi: una malattia che può portare a situazioni oncologiche anche serie ma che se individuata per tempo è curabile nell’80/90 per cento dei casi», spiega Broggini sottolineando l’importanza della prevenzione.

Quando l’omertà è una condanna

Ci sono poi i problemi legati alla sfera sessuale, che gli uomini tendono a mascherare. «La verità è che in questo campo assumono un atteggiamento generalmente omertoso, dove nessuno parla e ciò va a comportare nella crescita individuale di qualsiasi giovane una serie di problematiche psicologiche che hanno dei contraccolpi notevoli», osserva Broggini, il quale è pure specializzato in Andrologia. Calo dell’autostima, disfunzione erettile di cui gli uomini possono essere interessati anche in giovane età sono soltanto alcuni esempi.

Solo un uomo su tre parla di queste problematiche «e quando ne parla lo fa troppo tardi, magari dopo due anni dall’insorgenza del disturbo».

Anche nel campo delle malattie sessualmente trasmissibili regna una reticenza che sconfina nell’ignoranza. Al di là dei rapporti stabili di coppia c’è una grossa fetta di soggetti (si parla del 30%) che fruiscono di una sessualità occasionale «e la sessualità promiscua amplifica la possibilità di incorrere in malattie sessualmente trasmissibili, perché sappiamo che purtroppo solo un terzo dei giovani utilizza i profilattici in caso di rapporti occasionali». Ci sono infezioni che potrebbero addirittura pregiudicare la fertilità maschile ma che vengono prese sottogamba. Da qui la necessità di una vera e propria rivoluzione culturale in grado di scardinare questi atteggiamenti potenzialmente nefasti.

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